Dopo un infarto, non abbassare la guardia

A seguito di un infarto, molti pazienti tendono a curarsi poco della propria salute



Gli italiani hanno paura di patire un infarto e per questo tentano di salvaguardare la propria salute. Ma se sopravvivono ad un evento cardiovascolare, piuttosto che continuare a curarsi, tendono a lasciarsi andare, interrompendo molto spesso ogni tipo di cura. Sembra un paradosso perché non curarsi significa esporsi nuovamente al rischio di un evento cardiovascolare.

Chi sopravvive a un infarto spesso  non si rende conto che se non seguirà scrupolosamente la terapia farmacologica e non cambierà il proprio stile di vita, si ritroverà a fare i conti con altri eventi cardiovascolari che potrebbero risultare persino fatali. È altrettanto vero però che spesso, dopo la dimissione ospedaliera, i pazienti si sentono un po’ abbandonati a se stessi e quindi incapaci di intraprendere da soli strategie finalizzate ad un effettivo miglioramento dello stile di vita.

Come spiega la dottoressa Francesca Giacomazzi, Internista Cardiovascolare nonché responsabile dell’Unità Operativa Cardiologia Riabilitativa presso il Policlinico San Donato, «chi ha già avuto un infarto va considerato un paziente ad elevato rischio per altri eventi cardiovascolari, motivo per cui dovrà essere sempre seguito da vicino. Dopo un infarto, i vari fattori di rischio cardiovascolari modificabili (come il diabete mellito, il fumo, la dislipidemia e l’obesità) devono essere monitorati fino ad ottenere dei valori ben più bassi rispetto alla popolazione non malata: in particolare, per quanto riguarda il colesterolo LDL (quello “cattivo”), il target da raggiungere è quello di 70 mg/d».

Inoltre bisogna curarsi di non condurre una vita sedentaria ma piuttosto di svolgere regolarmente un’attività fisica in linea con le proprie possibilità, ed inoltre cercare di vivere un’esistenza tranquilla poiché gli eventi cardiovascolari sono più frequenti in situazioni di forte stress fisico o emotivo.

Dopo un infarto l’attività fisica dovrebbe essere svolta sotto supervisione medica: le attività di potenza (come il sollevamento di pesi) potrebbero affaticare il cuore, motivo per cui risultano consigliabili soprattutto le attività aerobiche; in ogni caso l’attività fisica, se svolta in maniera opportuna, è un’importante arma per prevenire un nuovo attacco cardiaco.

Come conclude la dottoressa Giacomazzi, inoltre, è bene tenere presente che «in Italia, l’importanza della prevenzione secondaria (cioè la prevenzione in chi ha già avuto un evento) è garantita dai centri di Riabilitazione Cardiologica, che si avvalgono di una équipe multidisciplinare di cardiologi, internisti, dietisti, psicologi e fisioterapisti per accompagnare il paziente a quelle modifiche dello stile di vita che sono raccomandate in base alle attuali evidenze scientifiche».

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