Disturbi del comportamento alimentare: cos’è l’Arfid, l’ipocondria verso il cibo

C’è chi mangia solo cibi di un certo colore, chi rifiuta quelli di una certa consistenza. Sono le persone colpite da Arfid. Un disturbo da non sottovalutare



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C’è un nuovo disturbo del comportamento alimentare, di cui si sente raramente parlare, che colpisce soprattutto il sesso maschile. È l’Arfid (Avoidant restrictive food intake disorder) o disturbo evitante-restrittivo nell’assunzione di alimenti.

«Chi ne soffre esclude dalla dieta determinati cibi o mangia solo quelli di un certo tipo, consistenza o colore», spiega Laura Dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta, responsabile della Rete per i disturbi del comportamento alimentare della Usl 1 dell’Umbria.


Una nuova ipocondria alimentare

A differenza degli altri disturbi del comportamento alimentare, nell’Arfid, dietro al rifiuto del cibo, non ci sono la distorsione della propria immagine corporea e l’ossessione del peso, ma la paura che un determinato cibo possa causare problemi.

«Si tratta di una sorta di ipocondria alimentare. Chi ne è affetto, a differenza dell’anoressico o del bulimico, è soddisfatto del suo corpo e della sua forma fisica, ma è convinto che determinati cibi possano, una volta ingeriti, causargli malesseri anche senza un motivo reale (allergia o intolleranza che sia)», dice la psichiatra Dalla Ragione.

«A favorire la diffusione di questo disturbo è anche l’atteggiamento selettivo che oggi si tende ad avere a tavola. L’enorme quantità di informazioni, spesso non veritiere, che circolano in rete, influenzano le scelte alimentari, creando facilmente fobie e paure irragionevoli intorno al cibo», avverte l’esperta.


Da dove nasce il rifiuto

L’Arfid è un disturbo che può essere scatenato da più fattori. «Le cause possono essere le abitudini alimentari scorrette e le condizioni di forte instabilità affettiva e relazionale che si possono vivere, per esempio, in famiglia», spiega la psichiatra. Ma attenzione: non conta solo l’ambiente sociale e familiare in cui si vive.

«Nella maggior parte dei casi la paura irragionevole del cibo è scatenata da eventi traumatici, come l’aver rischiato di soffocare, da bambini, ingerendo un determinato alimento. Altre volte, se si manifesta durante l’infanzia o l’adolescenza, l’Arfid può essere legato addirittura a disturbi dell’attenzione», aggiunge l’esperta.


I segnali da non sminuire

Rispetto ad anoressia e bulimia è un disturbo molto più subdolo, perché inizialmente, soprattutto se insorge da bambini, non solo può essere scambiato con un semplice capriccio e di conseguenza sottovalutato, ma anche far ritardare e rendere più difficile la diagnosi.

«Le conseguenze che questo disturbo dell’alimentazione ha sulla salute spesso non sono evidenti nell’immediato visto che non necessariamente provoca una perdita di peso importante come nell’anoressia. Per esempio, se si mangiano esclusivamente cibi di colore bianco (quindi pane, pasta, riso) non si avrà al principio un aspetto denutrito», sottolinea l’esperta. Le conseguenze invece nel lungo periodo possono essere anche molto importanti.

«L’Arfid, se non viene curato, può causare carenze alimentari, patologie renali e molti altri disturbi. Inoltre, rischia di limitare i rapporti sociali influenzando in modo negativo le relazioni interpersonali. Il pericolo che si corre è isolarsi. Cose che sono normali, come condividere insieme agli altri i pasti, per chi ne soffre diventano motivo di ansia e disagio. Per esempio, se ci si alimenta solo con cibi liquidi diventa difficile riuscire ad andare a mangiare una pizza oppure al ristorante con gli amici», chiarisce la psichiatra.


L’approccio multidisciplinare

«Al contrario di chi soffre di anoressia o bulimia le persone che hanno questo problema ne sono consapevoli e vorrebbero risolverlo. Ma l’errore che fanno spesso è pensare di poter guarire lasciando semplicemente passare del tempo. Invece l’Arfid è una patologia che se non viene curata tende ad aggravarsi», avverte Laura Dalla Ragione.

Chi ha questo disturbo deve affidarsi a Centri specializzati. In caso di sospetto, sul sito disturbialimentarionline.it del Ministero della salute è possibile trovare l’elenco di tutte le strutture, Regione per Regione.

«Attraverso cure integrate, specialistiche e multidisciplinari sotto la guida di psicologi, nutrizionisti e terapisti è possibile elaborare e curare questo disagio che spesso nasconde una sofferenza profonda: la paura del mondo espressa attraverso il timore e la selezione del cibo», conclude la nostra esperta.


Se a far paura sono le novità

Si chiama neofobia ed è la paura di mangiare alimenti mai assaggiati prima.

Di solito questo disturbo si manifesta nei bambini tra i 2 e i 6 anni, ma in alcuni casi può perdurare anche in età adulta. La terapia è soprattutto nutrizionale: consiste nella rieducazione alimentare, spesso con il coinvolgimento dell’intera famiglia. Le conseguenze della neofobia possono essere gravi, come dimostra uno studio pubblicato di recente sull’American Journal of Clinical Nutrition.

Il rischio di andare incontro a malattie come l’obesità e il diabete di tipo 2 è infatti decisamente più alto perché spesso chi è affetto da questo disturbo esclude dalla dieta cibi sani, come verdure, ortaggi, frutta, pesce, privilegiando quelli ricchi di grassi saturi e sale, dannosi per la linea e per la salute.



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Articolo pubblicato sul n. 40 di Starbene in edicola dal 17 settembre 2019



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