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I nuovi test per una dieta “su misura”

Come dicono gli inglesi, “one size doesn’t fit all”: non esiste una soluzione valida per tutti. Lo stesso vale per i piani perdipeso, da personalizzare con gli esami giusti. Questi

Foto: iStock



Dimmi chi sei e ti dirò cosa mangiare. Sono finiti i tempi delle diete universali, quelle valide per tutti. Oggi la nutrizione adotta un approccio di precisione, che tiene conto della variabilità individuale e riconosce a ciascuno una personale unicità, anche a tavola.

Fra i protocolli più recenti c’è Iunic, un progetto di SynLab Italia (synlab.it), il più importante gruppo di diagnostica integrata sul territorio nazionale, che combina esami genetici e analisi biochimiche per mettere in atto strategie nutrizionali su misura.

Piuttosto simili sono i pacchetti offerti da Ngb Genetics (ngbgenetics.com), nato come spin-off accademico dell’Università di Ferrara, e dal laboratorio Genoma (laboratoriogenoma.eu), uno dei centri di analisi genetiche più avanzato in Italia: queste e altre strutture promettono di dirci quali cibi assumere per ottenere i miglioramenti estetici e di salute desiderati, traducendosi anche in un più facile mantenimento dei risultati nel tempo. Ma come è possibile?


L’importanza della genetica

«Non è raro mangiare poco e non riuscire comunque a dimagrire, seguire alla lettera la dieta di un’amica e non raggiungere la stessa forma fisica», commenta il professor Damiano Galimberti, dietologo e nutrizionista, esperto in nutrigenomica e medicina anti-aging a Milano.

«Questo è dovuto al fatto che, eccetto i gemelli omozigoti, non esiste un individuo uguale a un altro: il nostro Dna presenta delle variazioni, chiamate polimorfismi, da cui dipendono alcune caratteristiche fisiche, come altezza o colore degli occhi, ma anche la nostra risposta a determinati stimoli, alimentazione compresa».

Pertanto, se è vero che una generica dieta equilibrata fa bene a tutti, quella tagliata e cucita sul nostro corredo genetico può farci perdere peso in maniera concreta e definitiva, ma anche aiutarci a vivere meglio e più a lungo. I laboratori specializzati offrono un’ampia gamma di test genetici, che vengono condotti su un semplice campione di saliva, prelevato strofinando più volte un tampone all’interno della guancia. A quel punto, vengono esaminati i polimorfismi di interesse per arrivare a tanti consigli pratici: il menu ideale, l’orario migliore in cui consumare i pasti, l’attività più idonea da abbinare alla dieta.

«Per esempio, il gene APOA5 influenza i livelli di trigliceridi nel sangue, il TCF7L2 condiziona la produzione di insulina dopo l’assunzione di cibi dolci, il MC4R regola la sensazione di fame e sazietà, i geni FTO e IRX3 sembrano correlati a un maggiore rischio di obesità, e così via», elenca Galimberti. «Tutti gli alimenti contengono molecole attive, in grado di attivare o disattivare ciascuno di questi geni: ecco perché è importante conoscere i più appropriati. E siccome il Dna rimane invariato per tutta la vita, questi test non vanno ripetuti nel tempo. Basta farli una sola volta».


Lo studio del metabolismo

L’indagine si può ulteriormente approfondire con l’analisi dei processi metabolici, un’informazione fondamentale per comprendere quale meccanismo possa costituire una difficoltà nel calo ponderale.

In questo caso si tratta di comuni esami del sangue che (attraverso il dosaggio di adiponectina, colesterolo, leptina, trigliceridi) vanno a indagare la sensibilità ai grassi, il metabolismo dell’insulina, il profilo lipidico e ulteriori aspetti utili per impostare un piano alimentare personalizzato.

«Può essere prezioso anche un check up anti-aging per verificare se i processi di invecchiamento dell’organismo sono adeguati alla nostra età o se, al contrario, non sia il caso di prendere qualche contromisura», aggiunge Galimberti.

«Valutando i livelli di acido folico, ferritina, omocisteina, selenio, vitamina B12, zinco, rapporto tra Omega 6 e Omega 3, si può scoprire per esempio il proprio livello di ossidazione e infiammazione cronica, quel processo silente e asintomatico che alla lunga può avere importanti ripercussioni sull’intero organismo, al punto da essere associato a molte patologie, fra cui l’obesità».


Le analisi del microbiota

Ultimamente, si è iniziato a parlare anche del legame fra dieta e microbiota: sembra infatti che la popolazione batterica del nostro intestino possa giocare un ruolo determinante nel successo (o fallimento) di un certo regime alimentare.

«Ancora una volta si tratta di una caratteristica individuale, perché il microbiota differisce da persona a persona in relazione allo stato di salute, all’eventuale utilizzo di farmaci, alla dieta, allo stile di vita», interviene la dottoressa Sara Farnetti, specialista in medicina interna ed esperta in malattie del metabolismo a Roma.

«Per certi aspetti, può essere considerato il nostro secondo codice genetico, una sorta di impronta digitale personale, composta da un nucleo di batteri unico e irripetibile».

Oggi, attraverso un test non invasivo (perché svolto su un campione di feci), è possibile analizzare quelle famiglie batteriche, individuando le specie più numerose e quelle meno rappresentate tra Bacteroides, Firmicutes, Bifidobatteri, Streptococchi, Enterococchi, Lactobacilli. «A quel punto, il dietologo ha la possibilità di esaminare i dati: per esempio, un incremento dei Firmicutes a scapito dei Bacteroidetes indica una maggiore predisposizione a sviluppare sovrappeso e obesità», prosegue l’esperta.

«Ma soprattutto si possono incrociare quei risultati con l’io biologico a cui apparteniamo, ovvero l’insieme delle nostre caratteristiche fisiche, psicologiche e soprattutto ormonali. L’eventuale disbiosi, cioè l’alterazione della flora batterica intestinale a favore dei microrganismi nocivi, può infatti essere dovuta a molteplici cause, sempre da indagare».

Sulla base di tutte queste considerazioni, la dieta viene quindi studiata per privilegiare gli alimenti capaci di selezionare le specie batteriche buone. Un occhio di riguardo viene riservato al fegato, anch’esso coinvolto in questo processo di “selezione”. «È importante valutare la corretta funzionalità epatica», chiarisce la dottoressa Farnetti.

«Se i meccanismi di produzione e il flusso della bile sono alterati, i processi digestivi rallentano, si riduce la capacità di selezione delle specie batteriche intestinali e aumenta il meteorismo, responsabile della pancia gonfia».


La misurazione del grasso corporeo

Si può infine ricorrere alla bioimpedenziometria tricompartimentale, che analizza la composizione corporea, oppure alla plicometria, utile per valutare la distribuzione della massa grassa.

«Entrambe le metodiche non sono invasive: la prima utilizza una corrente elettrica ed elettrodi posti a contatto con la pelle, mentre la seconda consiste nella misurazione delle pliche cutanee in precisi punti del corpo», conclude Sara Farnetti. «Studiare la distribuzione del grasso corporeo è fondamentale perché l’aumento di quello viscerale è indice di uno squilibrio ormonale e, quindi, di sindrome metabolica».



Prebiotici mirati

La personalizzazione della dieta può prevedere l’utilizzo di particolari prebiotici, ovvero componenti non digeribili del cibo che si comportano come fibre e quindi superano indenni i processi digestivi, raggiungono l’intestino e qui vengono “mangiati” da una o più specie batteriche considerate utili, stimolandone la crescita e l’attività.

È il caso dell’inulina, che si ricava principalmente dalla radice della cicoria, ma anche da tarassaco, carciofo, avena, orzo, grano, soia, aglio e cipolla, come dei frutto-oligosaccaridi, presenti in diverse specie di vegetali, come asparagi, porro, legumi, aglio, pomodoro, carciofo e banana: questi e altri prebiotici aumentano il numero di batteri buoni a scapito di quelli cattivi.


Dai dati al menu

Incrociando le informazioni ottenute dai vari test, lo specialista è in grado di elaborare un piano alimentare personalizzato. Alcuni cibi vengono del tutto sconsigliati, altri invece devono subire dei “ritocchi”: per esempio, fra i carboidrati può essere suggerito l’uso di quelli integrali; fra i grassi può essere utile una maggiore quantità di Omega 3 rispetto agli Omega 6 e così via.

Altri alimenti, infine, vengono ridotti in forma momentanea, come nel caso in cui sia necessario abbassare il colesterolo.



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Articolo pubblicato sul n. 34 di Starbene in edicola dal 6 agosto 2019


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