Oggi l’infarto possiamo solo cercare di prevenirlo. Ma in futuro, forse, sarà possibile prevederlo: è questa la scommessa su cui puntano i ricercatori dell’Università di Oxford. Durante l’ultimo congresso della Società europea di cardiologia, gli scienziati britannici hanno presentato una nuova tecnologia basata sull’intelligenza artificiale, capace di riconoscere quali persone rischiano di avere un attacco di cuore fatale almeno 5 anni prima che si verifichi.
L’algoritmo è stato “addestrato” a leggere l’esito dell’angio-TC coronarica, per identificare e interpretare i segni di infiammazione e degenerazione del grasso localizzato intorno alle arterie che portano il sangue al cuore. Testato su 1500 persone, ha dimostrato di poter predire l’infarto con un buon livello di accuratezza, tanto che gli stessi ricercatori ipotizzano di poterlo utilizzare di routine nel sistema sanitario britannico già entro un paio d’anni.
Parola d’ordine: giocare d’anticipo
Questo scenario da fantascienza diventerà realtà? Quante vite potrà salvare l’intelligenza artificiale, considerando che l’infarto, insieme all’ictus, uccide ogni anno più di 15 milioni di persone nel mondo? A quanto pare lo scopriremo presto.
Per mettere in cassaforte il nostro cuore, però, non dobbiamo aspettare che un “super cervellone“ entri in funzione: «Tutti sogniamo la grande tecnologia che ci riveli il futuro ma alla fine dei conti, se manteniamo il peso giusto, evitiamo di fumare, facciamo movimento e teniamo sotto controllo pressione, glicemia e colesterolo, abbiamo ottime probabilità di vivere a lungo: la prevenzione è la prima regola», spiega il dottor Lorenzo Menicanti, direttore Area chirurgica Cuore – Adulto e direttore scientifico dell’Irccs Policlinico San Donato di Milano, nonché responsabile scientifico del progetto Cor per la ricerca sulle malattie cardiovascolari.
E in effetti, che non sia il caso di abbandonarsi al fatalismo, ce lo ricorda anche un altro studio presentato dal dottor Joao Sousa dell’ospedale di Funchal (Portogallo), proprio durante l’ultimo congresso della Società europea di cardiologia. Il suo gruppo di ricerca ha preso in esame mille pazienti con meno di 50 anni, la metà dei quali colpiti da malattia coronarica precoce. Confrontando Dna e stile di vita è emerso che, nonostante questa condizione abbia una forte componente ereditaria, l’effetto dei geni può essere ridotto proprio grazie a uno stile di vita corretto. Mentre i fattori di rischio come fumo e ipertensione fanno aumentare esponenzialmente la probabilità di sviluppare la malattia. «La genetica contribuisce in modo importante alle malattie cardiovascolari che insorgono in giovane età, ma non deve essere usata come una scusa per dire che siano del tutto inevitabili», sottolinea lo scienziato.
Gli esami: quali e quando farli
Si stima che, grazie alla prevenzione, si potrebbe ridurre di un terzo il numero delle vittime di malattie cardiovascolari. Per invertire la rotta è importante sottoporsi a dei controlli periodici, dal medico di famiglia o in farmacia, in modo da capire quando rivolgersi al cardiologo, per fare esami mirati a impostare un programma di prevenzione personalizzato, anche in base all’età.
«Sarebbe opportuno seguire fin da giovani un corretto stile di vita ed effettuare una visita di controllo con elettrocardiogramma, specialmente se si pratica un’attività sportiva. Ma è soprattutto dopo i 40 anni che bisogna alzare il livello di guardia», ricorda la dottoressa Nedy Brambilla, responsabile della Cardiologia clinica e interventistica dell’Irccs Policlinico San Donato di Milano.
Anche se non si hanno sintomi o familiarità per le malattie cardiovascolari, è consigliabile misurare almeno una volta all’anno la pressione arteriosa, così come monitorare glicemia e colesterolo: «Se i valori sono nella norma basta ripetere gli esami del sangue ogni 5 anni», continua l’esperta. «Dopo i 50 entrano in calendario anche l’ecocardiogramma, che mostra se il cuore pompa in modo adeguato, e l’ecocolordoppler delle carotidi del collo, il cui ispessimento dà un’indicazione indiretta della condizione delle coronarie», ricorda Menicanti.
Alla larga dalle cattive abitudini
Gli esiti degli esami, da soli, non bastano: vanno valutati alla luce delle caratteristiche del paziente per avere una mappa del rischio completa. «Dobbiamo considerare la genetica, dunque la familiarità per le malattie cardiovascolari, e i fattori di rischio come peso, sigarette, stress e sedentarietà, i cui effetti purtroppo non si sommano, ma si moltiplicano», mette in guardia Menicanti.
Per fortuna basta poco per cambiare: uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association ha dimostrato che smettere di fumare riduce il rischio cardiovascolare del 39% in 5 anni. Inoltre, una ricerca riportata su Lancet Diabetes & Endocrinology ha appurato come basti tagliare 300 calorie al giorno per migliorare colesterolo, pressione, glicemia e marcatori dell’infiammazione in un colpo solo, abbassando il rischio di infarto e diabete.
Se poi si infilano le scarpe da ginnastica e si usa un contapassi, il successo è assicurato: alla St. George’s University di Londra hanno dimostrato che monitorare i movimenti porta ad aumentare l’attività fisica, in media, di 30 minuti a settimana, abbattendo il rischio di infarto e ictus del 66%.
Sì alla tecnologia solo se certificata
Il benessere cardiovascolare passa anche dallo smartphone: «Ci sono molte app utili, come quelle che ricordano di prendere le medicine, impostano programmi di attività fisica personalizzati, memorizzano le misurazioni della pressione per poi inviarle al medico», afferma Brambilla.
Sempre più numerose anche le applicazioni che valutano la frequenza cardiaca appoggiando la punta dell’indice sulla fotocamera del cellulare, o registrano un elettrocardiogramma. «Ma queste app per l’autodiagnosi sono ancora agli albori e non sempre brillano per affidabilità», sottolinea l’esperta. «Perciò consiglio di usare solo quelle promosse da società scientifiche riconosciute o certificate da enti come la Food and drug administration».
Intanto molti italiani le scaricano, con la speranza di avere sempre un cardiologo in tasca: «In genere si tratta di persone under 50 che le usano soprattutto quando fanno attività sportiva: nei nostri ambulatori sono sempre più numerosi i pazienti che arrivano con un dubbio o un sospetto dopo aver usato queste app», afferma la cardiologa. «Accade quando notano un’anomalia del ritmo cardiaco durante lo sforzo fisico, magari segnalata dallo smartwatch e accompagnata da qualche strano sintomo». Ma i campanelli d’allarme non appaiono solo sui display: per questo, è importante imparare a riconoscerli. Attenzione quindi se il battito diventa irregolare, compare un dolore al torace, manca improvvisamente il respiro o si avverte una sensazione di svenimento, sia durante lo sforzo sia a riposo: «Sono segnali che devono essere valutati attentamente dal cardiologo», conclude l’esperta.
La farmacia amica del cuore
Sempre più italiani vanno in farmacia per controllare la salute cardiaca: qui, durante i primi 6 mesi del 2019 sono stati eseguiti oltre 62 mila esami fra holter pressori (la misurazione della pressione nelle 24 ore), holter cardiaci (valutazione dell’attività del cuore durante la giornata) ed elettrocardiogrammi, con un’impennata del 44% rispetto all’anno precedente.
Un servizio offerto ormai da 4300 farmacie sulle più di 19 mila presenti in Italia. «In questi presidi c’è uno spazio dove l’esame viene effettuato attraverso dei dispositivi ospedalieri», spiega il dottor Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma. «Le farmacie inviano il tracciato dell’esame a un centro specialistico certificato che, a sua volta, dopo la lettura dei dati, restituisce la il referto per via telematica in tempi brevissimi: se i risultati sono anomali, il paziente viene inviato al medico curante oppure, a seconda della gravità, al pronto soccorso. Questo ha già permesso di salvare molte persone con infarti del miocardio in atto».
Una settimana di iniziative
Dal 23 al 29 setembre torna l'appuntamento con la settimana del Cuore dellla GSD Foundation e la campagna Ama il battito, per la prevensione delle malattie cardiovascolari. «In tutte le strutture ipsedaliere del Gruppo San Donato sarà possibile prenotare screening cardiologici gratuiti e ricevere materiale informativo sulla prevenzione dei problemi cardiovascolari», spiega il cardiochirurgo Lorenzo Menicanti. «Inoltre l'ambulatorio mobile di Gsd Foundation farà tappa a Brescia (venerdì 27 settembre), Monza (sabato 28) e Milano (domenica 29) per offrire screening cardiovascolari gratuiti».
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Articolo pubblicato sul n. 40 di Starbene in edicola dal 17 settembre 2019