Il caffè è molto più di una semplice bevanda, perché promuove momenti di socialità, rafforza i legami di amicizia e aiuta a rompere il ghiaccio con gli sconosciuti. A guastare la festa arriva uno studio realizzato di recente dall’AdventHealth Research Institute di Orlando, in Florida, i cui risultati sono stati presentati il 30 luglio scorso alla Conferenza Internazionale dell’Associazione Alzheimer (AAIC) 2024 e che accusa proprio il caffè di accelerare il declino cognitivo. La notizia ha creato non poca confusione, visto che altre ricerche avevano suggerito l’esatto opposto. Ma allora dove sta la verità?
Cosa dice il nuovo studio s caffè e declino cognitivo
«L’autrice dello studio di Orlando, Pauline Anderson, aveva firmato un’altra ricerca tre anni fa, dove spiegava che il consumo di caffè può proteggere dalla malattia di Alzheimer, perché riduce il deposito della proteina beta amiloide nel cervello», spiega il dottor Christian Lunetta, specialista in Neurologia e direttore del Dipartimento di Medicina Riabilitativa NeuroMotoria degli Istituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS di Milano. «La discrepanza può essere certamente dovuta al numero di soggetti coinvolti nei due studi: circa 1.600 nel primo, quasi 9.000 nel secondo. Ma è bene fare chiarezza». Analizzando i dati della UK Biobank, un database biomedico su larga scala contenente informazioni genetiche, di stile di vita e sanitarie anonimizzate di mezzo milione di persone del Regno Unito, i ricercatori di Orlando hanno esaminato l’impatto di diverse quantità di caffè sull’intelligenza fluida, ovvero sulla capacità di pensare logicamente e risolvere problemi in situazioni nuove, indipendentemente dalle conoscenze acquisite.
I dati emersi
Per circa otto anni, sono stati osservati 8.451 adulti cognitivamente sani, per lo più donne (60%) e bianchi (97%) di età superiore ai 60 anni (in media 67,8 anni): stando ai risultati, chi ha consumato più caffè (quattro o più tazze al giorno) ha mostrato un declino più rapido dell’intelligenza fluida rispetto a chi ne ha fatto un consumo più moderato o addirittura nullo. «Vanno considerati alcuni aspetti importanti», tiene a precisare il dottor Lunetta. «Innanzitutto, quello dell’AdventHealth Research Institute è uno studio osservazionale: significa che i ricercatori si sono limitati a raccogliere le informazioni riferite dai soggetti coinvolti, mediante appositi questionari, senza nessuna misurazione oggettiva o altri interventi dall’esterno. Questo rappresenta un limite, ovviamente, perché il numero dei caffè riferiti potrebbe non coincidere con quello realmente assunto quotidianamente. Inoltre, lo studio non ha tenuto conto del fumo, spesso associato al consumo di caffè e che potrebbe avere un impatto sull’attività cognitiva».
Il caffè anglosassone non è il nostro “espresso”
Lo studio poi riguarda soggetti del Regno Unito, dove il caffè viene spesso bevuto come bevanda per idratarsi e non rappresenta la classica pausa italiana: «Nel mondo anglosassone, viene allungato con dell’acqua calda, per cui i quantitativi assunti sono differenti», evidenzia l’esperto. «Non a caso si parla di tazze, non di tazzine, quindi mediamente di 150-200 ml per volta. Superare le 4 tazze di caffè al giorno, dunque, significa berne oltre mezzo litro: anche se diluiti, i quantitativi di caffeina e degli altri composti biologicamente attivi sono di circa il 30% superiori rispetto a quelli assunti con l’espresso della nostra tradizione mediterranea». Oltre a tutto, siccome altri studi hanno dimostrato un effetto protettivo del caffè sul sistema nervoso centrale, bisognerebbe indagare quale componente può giustificare i risultati positivi e quale, al contrario, potrebbe essere nociva.
Servono approfondimenti
«Non possiamo neppure escludere che l’abuso di caffè non causi direttamente il declino cognitivo, ma lo “annunci”, come una sorta di indicatore», commenta il dottor Lunetta. «Mi spiego meglio: le persone predisposte a manifestare un declino cognitivo potrebbero iniziare a manifestare comportamenti atipici anche prima di sviluppare il problema. Per esempio, meno controllo sulle loro pulsioni e quindi essere più inclini a cadere in qualche vizio. Un’altra ipotesi, quindi, potrebbe essere che l’uso eccessivo di caffè, come di altre sostanze, potrebbe rappresentare una iniziale manifestazione e rientrare in questo tratto di personalità, senza essere un diretto responsabile dell’insorgenza del problema». Oppure, ancora, l’abuso di caffè potrebbe comportare una serie di conseguenze (come la privazione di sonno notturno) o magari rappresentare la risposta a uno stress quotidiano eccessivo, per cui la reale causa del declino cognitivo andrebbe ricercata altrove. Tirando le fila, come comportarci? «Come al solito, è la via di mezzo la soluzione migliore», conclude l’esperto. «Una o due tazzine di caffè al giorno non fanno male. Anzi, regalano il giusto sprint per affrontare la giornata».
6 settembre 2024
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