Il 10 ottobre torna il World Mental Health Day, la Giornata mondiale della salute mentale, che ogni anno punta a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del benessere psicologico e sulla lotta allo stigma e al pregiudizio. Per l’occasione, il 7, 8 e 9 ottobre sbarca nei cinema italiani il film evento Io sono un po’ matto… e tu?, distribuito da Notorious Pictures e diretto da Dario D’Ambrosi, fondatore del Teatro Patologico.
La pellicola vede la partecipazione di un cast d’eccezione: Claudio Santamaria, Raul Bova, Stefano Fresi, Claudia Gerini, Edoardo Leo, Vinicio Marchioni, Marco Bocci, Stefania Rocca, Riccardo Ballerini, Domenico Iannacone e lo stesso Dario D’Ambrosi lavorano insieme ai ragazzi della Compagnia Stabile del Teatro Patologico per creare un’opera unica nel cinema italiano. Parte dell’incasso andrà in beneficenza a Teatro Patologico Onlus per supportare la ricerca scientifica e dare speranza a molti ragazzi disabili psichici e fisici attraverso la teatro-terapia, dimostrandone i benefici non solo a livello emotivo ma anche cerebrale.
Cosa racconta il film
Io sono un po’ matto… e tu? compie un ribaltamento radicale: i ragazzi disabili del Teatro Patologico, nel ruolo di “tutor psichiatrici”, recitano la parte di chi cura i tic psichici degli attori professionisti, che interpretano un gruppo di personaggi alle prese con tic e manie.
Può capitare così di vedere Claudio Santamaria in preda all’ossessione oppure Raoul Bova insonne o Claudia Gerini vestire i panni di una ludopatica. E poi ci sono Stefano Fresi (che interpreta un uomo affetto da un disturbo alimentare), Edoardo Leo (claustrofobico), Vinicio Marchioni (balbuziente), Marco Bocci (un affetto da dipendenza sessuale), Riccardo Ballerini (un rupofobico). Questo confronto offre una riflessione profonda sulla natura umana, mostrando come tutti – indipendentemente dalla loro fama o successo – affrontino sfide psicologiche e personali.
Un invito all’immedesimazione
Il film Io sono un po’ matto… e tu? è un invito a guardare oltre le apparenze, a riflettere su cosa significhi veramente essere umani e su come tutti possiamo contribuire a creare una società più inclusiva.
«In Italia, 17 milioni di persone convivono con un disturbo psichico: se aggiungiamo i rispettivi famigliari, superiamo i 42 milioni di italiani che sono coinvolti direttamente o indirettamente con la malattia mentale», commenta Dario D’Ambrosi. «Nel film, ho scelto di non raccontare patologie gravi, ma problematiche con cui lo spettatore può facilmente riconoscersi, dall’insonnia alla ludopatia. Il mio è un manifesto rivolto a tutti, affinché ciascuno presti attenzione al benessere mentale proprio e di chi lo circonda».
Cos’è il Teatro Patologico
Il regista e autore Dario D’ambrosi ha fondato nel 1992 il Teatro Patologico per aiutare le persone con disabilità mentale a trovare il modo per comunicare e uscire dall’isolamento proprio attraverso la teatro-terapia.
«Si tratta di un progetto unico nel suo genere, che offre ai ragazzi con disabilità psicofisiche e alle loro famiglie un ambiente in cui esplorare e sviluppare le loro capacità artistiche, trovando un percorso di speranza e benessere», racconta D’Ambrosi. «In questi anni, posso dire di aver “curato” oltre 1700 ragazzi: grazie al teatro li ho presi per mano, ho cercato di restituire loro una vita dignitosa, ho stimolato in loro la positività e l’integrazione sociale».
Il regista lavora al fianco di ragazzi con disturbo pervasivo di tipo autistico grave, con schizofrenia, con disturbo bipolare, con comportamento suicidario.
Allenamento alla consapevolezza
Il Teatro Patologico propone degli esercizi – come quello dello specchio, dello tre sedie o dei quattro angoli – dove l’attore-paziente viene messo di fronte a se stesso e deve descriversi, superando insicurezze e crisi.
«A differenza di psichiatri e genitori, che vorrebbero quei ragazzi sempre sedati e tranquilli, noi permettiamo loro di esprimere la rabbia attraverso la recitazione e di confrontarsi con la propria patologia», evidenzia D’Ambrosi. «Sviluppare la consapevolezza di sé, entrando in contatto intimo con le personali fragilità, con il proprio dolore e con il disagio, è l’unico modo per imparare a gestire quella sofferenza e conviverci».
Come nasce l’idea del Teatro Patologico
Attore, regista e autore di spettacoli che rappresentano pensieri e comportamenti dei soggetti in condizione di svantaggio mentale, Dario D’Ambrosi ha mostrato fin da giovanissimo una grande passione per il teatro unita all’interesse per lo studio delle malattie mentali, tanto da farsi internare per tre mesi all’ospedale psichiatrico “Paolo Pini” di Milano per osservare da vicino il comportamento degli psicopatici. Da queste due passioni è nata la formula del suo teatro, definito “patologico” da uno dei primi critici che aveva assistito ai lavori iniziali di D’Ambrosi.
«Grazie alla collaborazione dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata, ho avviato un progetto scientifico di grande rilevanza per dimostrare l’efficacia della teatro-terapia sui soggetti con disabilità mentali di diverso grado: gli effetti positivi sono tali che i ragazzi arrivano a diminuire e talvolta a sospendere la terapia farmacologica, sempre sotto sorveglianza medica. Ne presenterò il protocollo alla sede delle Nazioni Unite, a New York, il prossimo 3 dicembre, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità».
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