In Italia c’è una squadra speciale, che lotta con una grinta da campioni e vince. È grandissima, infatti è composta da 20.000 giocatori, ma ne servono ancora. Stiamo parlando dei volontari dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Di sicuro li hai già visti all’opera, nelle piazze, pronti a vendere le famose arance della salute o la mitica azalea per la festa della mamma. E se pensi che sia un’attività da addetti a lavori, preparati a cambiare idea. E a farci un pensierino.
Una sfida per il futuro
Dai 18 anni in su, studenti e mamme, impiegati e imprenditrici. I volontari Airc sono un popolo variegato. «Spesso sono spinti da una motivazione speciale: hanno vissuto il tumore in prima persona o tramite i loro cari e allora vogliono dare un senso a questa esperienza», spiega Niccolò Contucci, direttore generale dell’associazione. «A volte, invece, hanno capito che quella contro il cancro è la battaglia del secolo. In particolare, ora vogliamo coinvolgere proprio le persone tra i 25 e i 45 anni perché sanno che questa è la sfida del loro futuro». Una sfida che si può giocare subito.
Come scendere in campo
«Non serve una formazione specifica», precisa Contucci. «Basta telefonare allo 027797777 o cliccare su generazioneairc.it e dare la disponibilità. Poi si viene contattati dal responsabile della propria zona, che spiega organizzazione e regole, ma è tutto molto semplice. In pratica, si scende in campo durante le nostre raccolte fondi, dalle arance di gennaio all’azalea di maggio fino ai cioccolatini in novembre: il responsabile manda il materiale la mattina dell’evento, si allestisce il banchetto e si smonta prima di sera». L’impegno, quindi, si concentra in poche giornate. Anzi, in poche ore. E il risultato è davvero tangibile perché tutto quello che viene raccolto in queste occasioni finisce direttamente nei laboratori dove lavorano i 5000 ricercatori finanziati da Airc.
Fare del bene fa bene
A volte, poi, la quotidianità e l’inventiva regalano una marcia in più. «Alcuni volontari fanno gli insegnanti, allora ci affiancano nei nostri progetti a scuola e portano in aula le campagne su alimentazione e stili di vita», prosegue l’esperto. «Altri sono degli sportivi, quindi lanciano iniziative benefiche nei propri circoli. I più giovani, invece, si trasformano in influencer e postano sui social appuntamenti, notizie e contenuti legati a noi. Ogni idea è ben accetta, anche la più piccola, perché aiuta direttamente la ricerca che sconfiggerà il cancro». Ma al di là di idee e fondi, il volontariato fa bene a chi lo fa, come dimostrano diversi studi: aumenta l’autostima, sconfigge le insicurezza, dà benessere ed equilibrio perché fa capire le priorità. «Io insisto soprattutto sull’autostima», conclude il direttore generale di Airc. «In questo momento storico così difficile e spesso privo di valori, essere orgogliosi di quello che si fa non è una cosa da poco. Tra 20 anni, lo spero, il cancro diventerà una malattia totalmente curabile. E per contribuire a questa vittoria non serve solo essere medici e ricercatori: i volontari sono la benzina che spinge la macchina della scienza».
Articolo pubblicato sul n° 52 di Starbene, in edicola dal 12/12/2017