Quando sentiamo la parola grasso, l’atteggiamento è sempre di repulsione. Il termine viene associato ai chili di troppo, ai rotoli sul girovita o ai cuscinetto sulle cosce. Ma c’è un tipo di grasso che invece è “buono”. Il grasso bruno, noto anche come Bat (tessuto adiposo bruno), ha il compito di aiutare a bruciare le calorie degli alimenti che consumiamo trasformandole in calore.
Inizia a funzionare ogni volta che l’organismo ha bisogno di calore extra, come quando si trova in situazioni di basse temperature, bruciando elevate quantità di zuccheri (glucosio) e molecole di grasso (lipidi) attraverso meccanismi di attivazione. Non è chiaro, però, il processo che porta al suo spegnimento subito dopo l’attivazione. Questo meccanismo è stato al centro di una ricerca effettuata da un team di studiosi dell’Università della Danimarca Meridionale e dell’Università di Bonn, in Germania, che avrebbero individuato l’interruttore responsabile di questo processo di spegnimento.
La responsabile di questo processo è la proteina AC3-AT. Secondo gli scienziati, basterebbe bloccare la proteina per attivare il grasso bruno e combattere l’obesità. Gli studiosi hanno fatto un esperimento su due gruppi di topi nutriti con una dieta ricca di grassi per 15 settimane, facendoli diventare obesi. Il gruppo a cui è stata rimossa la proteina AC3-AT ha guadagnato meno peso rispetto al gruppo di controllo ed era metabolicamente più sano.
«Questi topi hanno anche aumentato la massa magra rispetto ai topi di controllo», sottolinea la coautrice Ronja Kardinal. «Poiché AC3-AT si trova non solo nei topi, ma anche negli esseri umani e in altre specie, ci sono implicazioni terapeutiche dirette per gli esseri umani».
Anche se la prevalenza del grasso bruno diminuisce con l’invecchiamento, e nonostante gli adulti non ne abbiano tanto quanto i neonati, il grasso bruno può comunque essere attivato, ad esempio con l’esposizione al freddo. A basse temperature aumenta il tasso di metabolismo, il che può aiutare a stabilizzare la perdita di peso in condizioni in cui l’apporto calorico è troppo elevato.
I ricercatori hanno anche identificato altre versioni sconosciute di proteine/geni, che rispondono all’esposizione al freddo, simili ad AC3-AT. Però hanno sottolineato che «sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire l’impatto terapeutico di questi prodotti genetici alternativi e dei loro meccanismi regolatori durante l’attivazione del grasso bruno. La comprensione di questo tipo di meccanismi molecolari può essere determinante per migliorare la nostra comprensione di varie malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti».
15 maggio 2024
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