Solo poche settimane fa, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha richiamato i consumatori a un ricorso corretto ai dolcificanti, specificando che non servono a far perdere peso. Adesso è arrivata un’indiscrezione dell’agenzia Reuters, secondo cui l’aspartame, uno dei più noti sostituti dello zucchero, potrebbe essere dichiarato per la prima volta come «possibile cancerogeno per l’uomo» da parte dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), ossia l’ente della stessa Oms che si occupa di ricerca sul cancro.
La notizia ha subito provocato la reazione dei colossi dell’industria alimentare, che secondo The Indipendent potrebbero ingaggiare un braccio di ferro legale contro l’agenzia e gli enti regolatori in genere. In attesa di una conferma, che potrebbe portare con sé anche soglie massime di consumo differenti rispetto a quelle che al momento sono consigliate, ci si chiede il motivo di questa valutazione, ma anche quali possano essere le alternative da portare in tavola.
L’aspartame e il nuovo allarme
La notizia della possibile dichiarazione di rischio cancerogeno per l’aspartame non è del tutto inaspettata per chi si occupa di alimentazione. «Gli effetti dannosi del sovradosaggio dell’aspartame e degli edulcoranti in generale era già noto, tanto che i dolcificanti sono esclusi dalle diete per le donne in gravidanza e allattamento, in via precauzionale» chiarisce Monica Germani, dietologa e nutrizionista anche di vip come la cantante Noemi, e partner del centro Salugene dell’Università degli studi di Tor Vergata.
«Ora il problema che è stato sollevato riguarda soprattutto l’uso crescente ed eccessivo dei dolcificanti: molti, infatti, si trovano anche in prodotti non “zero zuccheri” o “light”, quindi non come edulcoranti ipocalorici, ma aggiunti per dare sapidità ai prodotti, che contengono anche glucosio o saccarosio. Si tratta, ad esempio, di molte merendine, biscotti, creme per dolci, gelati, oltre alla vasta gamma di prodotti appunto presentati come a minor contenuto di zuccheri, come yogurt, gomme da masticare, bibite o caramelle», spiega l’esperta.
Pro e contro di aspartame e dolcificanti
Sui vantaggi del ricorso agli edulcoranti non ci sono molti dubbi, dal momento che sono meno calorici del “classico” zucchero. Ma quali possono essere i contro? «Non andrebbe trascurato l’effetto di innalzamento dell’indice glicemico, ma anche eventuali disturbi intestinali. Questo perché ogni dolcificante, che sia estratto da una pianta o ottenuto sinteticamente, a differenza dello zucchero comune non è digeribile dal nostro intestino: non viene assorbito e per questo non dà calorie o molto poche. Questo porta a fermentazione batterica intestinale, con possibili problemi a carico di questo organo», afferma Germani.
Sovradosaggio e rischio cancerogeno
«Il potenziale effetto cancerogeno dell'aspartame, che peraltro era già noto, è legato a questo meccanismo: non tanto per la sostanza in sé, quanto per il sovradosaggio perché un consumo eccessivo di aspartame, unito ad altri edulcoranti, porta a infiammazioni e potenziali malattie a livello intestinale, in particolare del colon», dice Germani.
Per esemplificare, l’esperta ricorda che alla base della cautela c’è lo stesso principio che porta a sconsigliare un consumo eccessivo di fibre o altri alimenti. «Di verdure in genere non se ne consumano oltre i 6/700 grammi al giorno, di carne non se ne consigliano oltre i 130/150 grammi, ma mentre questi cibi li vediamo e li possiamo controllare facilmente, con i dolcificanti questo non è possibile. Anche perché ogni edulcorante ha una dose massima espressa in milligrammi per kg di peso corporeo ideale (se si è sottopeso o sovrappeso va ricalcolato il quantitativo rispetto al peso ideale). È molto difficile, quindi, sapere quanto dolcificante sto assumendo bevendo una bibita o un thè light, caffè zuccherati, mangiando biscotti, budini, yogurt... Il risultato è che sempre più spesso si va in sovradosaggio».
Le soglie di sicurezza
Ma perché ci si è concentrati sull’aspartame e non su altri edulcoranti, sempre di sintesi? «Il motivo è legato alle soglie di sicurezza di questi prodotti, non certo a una questione di moda. L’aspartame, infatti, è maggiormente tollerabile dal nostro organismo. La saccarina, ad esempio, ha una quantità massima raccomandata di 2,5 milligrammi per kg di peso corporeo; l’acesulfame K ne ha 9; con l’aspartame ci vogliono 40 mg prima che diventi davvero tossico. Questo ha spinto l’industria alimentare a privilegiarlo, ma i consumatori sono arrivati ad abusarne, spesso senza rendersene contro», sottolinea l’esperta.
«Il consiglio, quindi, è di controllare cosa si mangia e quanto. Non solo il singolo nutriente o edulcorante, ma l’alimentazione della sua interezza».
Quali alternative “naturali”?
«Intanto chiariamo che la definizione di “naturale” non deve trarre in inganno. La stevia, per esempio, è naturale nel senso che è estratta da una pianta, ma questo non significa che sia inefficace, che non abbia conseguenze. La farmacologia moderna deriva dalla fitoterapia, basti pensare all’acido acetilsalicidico, che prima di essere ottenuto chimicamente era estratto da una pianta officinale. Detto questo, la stevia è una buona alternativa agli edulcoranti chimici, purché non si dimentichi che ha un basso grado di tolleranza: non ne vanno usati più di 4 mg per kg di peso corporeo ideale, che è una quantità minima», puntualizza la nutrizionista.
«Attenzione anche a non mischiare edulcoranti differenti, perché il loro effetto si va a sommare e il mix fa male esattamente come se ci limitassimo a 100 grammi di carne al giorno, aggiungendo però una dose uguale di pesce e di uova».
Come limitare il ricorso agli edulcoranti?
«Il suggerimento è di iniziare a prestare attenzione agli zuccheri assunti e man mano limitarne l’uso. Per esempio, se si riesce a bere il caffè senza ricorso ai dolcificanti, ci si può gratificare con un po’ di pane e marmellata o miele o sciroppo d’agave», consiglia Germania.
«Al posto della gomma da masticare con edulcorante si potrebbe scegliere il bastoncino di liquirizia. Insomma, possiamo assumere lo zucchero (anzi in una certa quantità ci fa bene), ma magari andiamo a tagliarlo altrove: i golosi non devono preoccuparsi eccessivamente!».
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