É una delle patologie più diffuse: nel mondo si calcola che ne soffrano circa 300 milioni di persone. In Italia ci sono quasi tre milioni di pazienti, ma il nostro Paese fa registrare un dato che sorprende gli esperti: la stragrande maggioranza degli asmatici pensa di non essere malata, considera la propria condizione del tutto sotto controllo, quasi non volesse accettare il fatto di avere un problema di salute. E sottovalutando la patologia, finisce per non curarsi come si deve.
Lo ha scoperto un’indagine realizzata da Doxa per conto dell’azienda farmaceutica GlaxoSmithKline (Gsk), che ha preso in esame un campione di malati di asma da almeno 10 anni, uomini e donne residenti in tutta Italia di tutte le età, dagli adolescenti in su.
Per ciascuno di loro è stata misurata la qualità della vita in rapporto alla salute tramite uno strumento che prende in considerazione vari parametri tra cui l’attività fisica, la presenza di dolore, lo stato di salute generale e quella mentale, la vitalità, le attività sociali, lo stato emotivo.
Ne è risultato che il 96% degli asmatici italiani sembra mettere la testa sotto la sabbia pur di non ammettere a se stesso di essere malato. E ciò nonostante tre pazienti su quattro dichiarino di aver avuto crisi acute nel corso della vita e uno su tre racconti di aver dovuto recarsi al pronto soccorso.
Una percezione alerata della realtà
Secondo gli autori della ricerca, si tratta di una “dissonanza cognitiva”, cioè una percezione della propria condizione di malato distorta rispetto alla realtà. La sua causa più probabile sta nel fatto
che i sintomi dell’asma (mancanza d’aria, senso di oppressione sul torace, respiro sibilante, tosse secca e stizzosa) sono spesso saltuari e, una volta passata la fase acuta, il paziente torna alla normalità e quasi dimentica di stare male.
E pensare che nell’indagine sono gli stessi malati a descrivere una situazione di profondo disagio: oltre sette asmatici su dieci faticano a svolgere attività fisiche impegnative, più del 60% arranca quando sale qualche piano di scale, oltre il 50% non riesce a camminare per più di un chilometro.
Tutti problemi che non esisterebbero, se si seguissero le terapie. Non è un caso se ci sono asmatici che praticano sport ad altissimo livello: dalla nuotatrice Federica Pellegrini all’ex calciatore David Beckham.
Questa scarsa consapevolezza della cronicità della propria malattia ha un effetto molto negativo: compromette l’efficacia della terapia. «La ricerca dimostra come il grosso dei pazienti si curi solo saltuariamente.
Del 70% a cui viene prescritta una terapia inalatoria, solo il 16% la segue con regolarità, mentre il 53% lo fa solo al bisogno, cioè durante un crisi o in altre situazioni di emergenza », precisa Andrea Rizzi, direttore medico dell’Area respiratoria di Gsk.
«Come se non bastasse, c’è un altro 31% che dichiara di seguire non meglio precisate altre terapie, metodi o stratagemmi per trattare l’asma. Ma non bisognerebbe dimenticare che nelle sue forme più severe questa patologia può portare addirittura alla morte. Dunque far finta che non esista, dicendo a se stessi e agli altri "ho solo un po’ d’asma”, non aiuta, ma anzi è controproducente e molto rischioso per la salute».
Occorre cambiare prospettiva
«Il pericolo più grave per un asmatico che non si cura assiduamente è che aumentino le riacutizzazioni della malattia, con conseguente necessità di ricovero. Fatto che, tra l’altro, genera anche un sensibile incremento dei costi a carico del istema sanitario nazionale», precisa il professor Francesco Blasi, ordinario di malattie respiratorie all’Università del Studi di Milano.
«Tutti gli studi più recenti confermano che le terapie di oggi, in particolare l’uso dei broncodilatatori insieme con lo steroide inalatorio, riducono in modo significativo i rischi per il paziente», continua l’esperto.
Ma allora cosa spinge un paziente a non seguire la cura? «Sicuramente è un modo per nascondere a se stessi la propria condizione di malato», ribadisce il professor Guido Giarelli, sociologo della salute presso la facoltà di medicina dell’università Magna Grecia di Catanzaro.
«Ancora più determinante, però, è il concetto di salute che si è ormai affermato nella società attuale: l’idea dilagante è che si possa (e si debba) restare eternamente giovani, attivi, in piena forma e senza il minimo disturbo a qualunque età. S
embra quasi che soffrire di una patologia o essere anziani sia un fatto deprecabile. Questo fa sì che sempre più persone siano portate a sentirsi invulnerabili. La realtà è ben diversa: non servono superuomini, basta essere sani quel tanto necessario a fare da soli le attività giuste per ciascuna fase della vita. Accettando serenamente che ci si possa infortunare, ammalare e invecchiare».
Lo scarso rispetto delle terapie riguarda molte malattie croniche
La scarsa aderenza alle terapie (cioè la tendenza a non rispettare la posologia dei farmaci o a interrompere la cura prima del tempo) è un problema che non riguarda solo chi soffre di asma ma anche chi deve curare altre patologie croniche, dall’ipertensione al diabete.
Secondo l’Osservatorio nazionale sull’uso dei medicinali (Osmed), solo il 55,5% di chi soffre di ipertensione arteriosa segue la terapia con continuità. Ancora meno virtuosi i pazienti in trattamento con farmaci antidepressivi: uno su due sospende la cura dopo soli tre mesi, dato che sale al 70% dopo sei mesi. Meno drammatico è il trend che riguarda i diabetici, che rispettano tempi, dosaggio e modalità di assunzione nel 62,2% dei casi.
Il diario dell’efficacia della cura associata
È stato da poco presentato il primo studio condotto sull’efficacia dei farmaci contro l’asma in “real life”. «In pratica, è stata monitorata l’azione svolta dall’associazione di due principi attivi (fluticasone furoato e vilanterolo) su pazienti asmatici che dovevano trascrivere sul diario la “gestione della cura” nella propria vita quotidiana», spiega il professor Alberto Papi, ordinario di malattie dell’apparato respiratorio all’Università di Ferrara.
«Oltre 4000 asmatici inglesi in terapia, presenti nel database dei medici di base della contea di Salford, hanno così descritto situazioni comuni: la necessità di recarsi in farmacia, le difficoltà incontrate a ricordarsi di assumere i farmaci tutti i giorni, la gestione della terapia in concomitanza con quella prescritta per altre patologie, la risposta nidividuale e altro ancora».
Risultato? «I pazienti che erano riusciti a seguire scrupolosamente questa cura combinata, nonostante eventuali contrattempi e difficoltà, hanno mostrato una probabilità doppia di controllare sintomi e crisi asmatiche», conclude Andrea Rizzi, direttore medico dell’Area respiratoria di Gsk.
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Articolo pubblicato sul n. 42 di Starbene in edicola dal 03/10/2017