di Gianluca Liva, dell’associazione Factcheckers
Le catene di Sant’Antonio che circolano via messaggio vocale su Whatsapp non sono una novità ma, a intervalli più o meno regolari, tornano a diffondersi e risultano sempre molto difficili da arginare.
L’ultima, in ordine di tempo, si è diffusa durante il mese di giugno. Un messaggio vocale – con voce femminile – è stato ampiamente condiviso sul famoso servizio di messaggistica privata e lancia una pesante accusa nei confronti di un produttore di mozzarelle. Secondo la voce narrante, una bambina pugliese sarebbe stata colpita da Sindrome emolitico-uremica (SEU), dopo avere consumato dei bocconcini di mozzarella.
La colpa sarebbe del produttore caseario, reo di avere utilizzato latte non pastorizzato acquistato all’estero. Il messaggio si conclude con l’appello a non acquistare mai più le mozzarelle prodotte in quello specifico stabilimento.
Non c’è nulla di vero. Bufale di questo tipo sono già comparse in passato e fanno leva sullo sgomento suscitato da altri casi di bambini colpiti da SEU avvenuti in Puglia nel recente passato ma che nulla hanno a vedere con quanto viene raccontato nel messaggio.
Non bisogna mai fidarsi di un anonimo messaggio vocale. Le informazioni autentiche e verificate sui casi di contaminazione degli alimenti si possono reperire esclusivamente rivolgendosi alle autorità locali oppure consultando lo specifico portale del Ministero della Salute. Su quest’ultimo sono riportati tutti gli episodi accertati di contaminazione degli alimenti.
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Articolo pubblicato sul n. 30 di Starbene in edicola dal 10/7/2018