di Gianluca Liva, dell’associazione Factcheckers
In queste settimane in cui le temperature scendono viene condiviso sempre più spesso sui social un metodo casalingo per diagnosticare il nostro stato di salute.
Si tratta del metodo “del cucchiaino”. In pratica si deve sfregare la superficie della lingua con un comune cucchiaino. Subito dopo si sigilla il cucchiaino in una busta di plastica da lasciare esposta alla luce per un periodo di tempo variabile (c’è chi sostiene che basti un minuto, altri almeno un’ora). Infine, bisogna estrarre il cucchiaino dalla busta e annusarlo. Se si dovesse percepire un odore “anomalo”, questo sarebbe l’indicatore di una malattia in corso.
Si tratta di un test diagnostico del tutto campato in aria e la cui diffusione può avere avuto origine molti anni fa. Nel 1996, infatti, uno studio suggeriva il metodo del cucchiaino per valutare la qualità dell’alito della persona, difficilmente percepibile dalla persona stessa.
Anche se alcune patologie possono comportare un cattivo alito, il test del cucchiaino non può avere un vero valore diagnostico. Ci sono altri sintomi delle malattie che sono indicatori ben più evidenti del cattivo alito e che allertano la persona che ne soffre ben prima di preoccuparsi dell’odore della propria salivazione.
Ad esempio, ha spiegato Joseph Wolfsdorf, pediatra e direttore del Diabetes Program al Boston Children’s Hospital, un alito dall’odore fruttato è un segno tipico della chetoacidiosi diabetica. Tuttavia si tratterebbe di una manifestazione secondaria e tardiva della patologia. I primi sintomi avrebbero già allertato il paziente, ben prima di eseguire il test del cucchiaino.
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Articolo pubblicato sul n. 2 di Starbene in edicola dal 27 dicembre 2018