L’Alzheimer sarebbe trasmissibile. Cosa dice uno studio di Londra

In condizioni specifiche derivanti da alcune procedure cliniche, l’Alzheimer sarebbe trasmissibile. A sostenerlo è una ricerca che ha sollevato un acceso dibattito. Ecco i dettagli



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L’Alzheimer sarebbe trasmissibile. L’Alzheimer sarebbe trasmissibile. Non nel senso del contagio, cioè non è una malattia che passa da uomo a uomo con contatto ravvicinato come accade per i virus (come per il Covid, per esempio o le malattie esantematiche). Ma potrebbe passare a un individuo a un altro quando si realizzano determinate condizioni legate ad alcune procedure cliniche. A questa conclusione, che sarà ora oggetto di ampio dibattito, è arrivato uno studio di un gruppo di ricercatori dell’University College di Londra che afferma di aver documentato i primi 5 casi di trasmissione dell’Alzheimer.

Lo studio sulla trasmissibilità dell'Alzheimer

Il monitoraggio è stato effettuato su una platea di 1.848 bambini nel Regno Unito che tra il 1959 e il 1985 nel Regno Unito che erano stati sottoposti a una terapia a base di un ormone della crescita estratto dall’ipofisi dei cadaveri. Si trattava di una pratica poi abbandonata (ora sostituita dall’ormone della crescita sintetico) poiché i lotti dell’ormone erano risultati contaminati da molecole alterate che hanno sviluppato in alcuni pazienti il morbo di Creutzfeldt-Jakob, una malattia neurodegenerativa rara, causa di perdita delle funzioni cognitive e di un declino rapido dei movimenti.

Nel 2015 gli studiosi dell’Università di Londra avevano rilevato che nei trattamenti era stata trasmessa anche una proteina associata all’insorgenza dell’Alzheimer. Da qui la conclusione che in specifiche circostanze derivanti da una procedura medica, l’Alzheimer può essere trasmesso.
Lo studio precisa che quelli erano gli unici casi registrati di trasmissione della malattia da uomo a uomo.


Il dibattito generato dallo studio

La ricerca ha sviluppato un acceso dibattito. Tara Spires-Jones, presidente della British Society for Neuroscience, ha sottolineato che il campione analizzato nello studio è limitato e che non è possibile avere la certezza che le persone che hanno sviluppato l’Alzheimer a causa del trattamento non avessero già maggiori probabilità di contrarre la malattia a causa di fattori genetici o di altre condizioni.

Bart De Strooper dell’UK Dementia Research Institute che fa parte dell’University College di Londra, ha messo in guardia da atteggiamenti di rifiuto di alcune procedure mediche. «Sulla base delle prove attuali, il rischio di acquisire una forma trasmissibile di amiloide è molto basso. Nessuno dovrebbe avere ripensamenti o rinunciare a procedure mediche, specialmente le trasfusioni del sangue o la neurochirurgia, che ogni anno salvano molte vite in tutto il mondo».


I dati dell'Alzheimer nel mondo

Attualmente si stima che nel mondo oltre 55 milioni di persone convivono con una demenza. I dati del Global Action Plan 2017-2025 dell'OMS indicano che entro il 2030 ci saranno 75 milioni di affetti da demenza, che saliranno a 132 milioni entro il 2050, con circa 10 milioni di nuovi casi all'anno (1 ogni 3 secondi).
La stima dei costi è oltre 1 trilione di dollari all'anno, con un incremento progressivo e una continua sfida per i servizi sanitari.

Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) l’Alzheimer e le altre demenze rappresentano la settima causa di morte nel mondo. Il maggior fattore di rischio associato all'insorgenza delle demenze è l'età e, in una società che invecchia, l'impatto del fenomeno è di dimensioni allarmanti.
Si prevede che queste patologie diventeranno, in tempi brevi, uno dei problemi più rilevanti in termini di sanità pubblica.


I numeri in Italia

Le donne sarebbero più esposte a questa malattia. La prevalenza della demenza nei Paesi industrializzati è circa del 8% negli over 65 e sale ad oltre il 20% dopo gli ottanta anni.
In Italia, secondo le proiezioni demografiche, nel 2051 ci saranno 280 anziani ogni 100 giovani, con aumento di tutte le malattie croniche legate all'età, e tra queste le demenze. Attualmente il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre 1 milione (di cui circa 600.000 con demenza di Alzheimer) e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nella loro assistenza, con conseguenze anche sul piano economico e organizzativo.

Sebbene ad oggi siano in corso numerosi progetti di ricerca per individuare terapie efficaci nella cura della demenza, gli interventi disponibili non sono ancora risolutivi. Le strategie terapeutiche a disposizione per le demenze sono di tipo farmacologico, psicosociale e di gestione integrata per la continuità assistenziale.


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