Cosa succede quando l’edificio del tuo liceo affaccia proprio di fronte alla prima sede di Slow Food, l’associazione che ha fatto del piacere del cibo la sua missione? «Ci passavo davanti ogni giorno. A Bra (Torino) ne parlavano tutti con curiosità perché aveva appena aperto. Mi piace pensare che quella vicinanza sia stata come un segno del destino per la ragazzina che ero allora e che aveva tutto fuorché le idee chiare». Inizia così la nostra chiacchierata con Alida Gotta, 29 anni, personaggio televisivo, influencer da 64mila seguaci e un amore matto per la cucina.
Gli appassionati di MasterChef la ricorderanno di certo alla quinta edizione del talent show nel 2015-16, poi nelle puntate speciali di MasterChef All Star dello scorso anno, dove fu protagonista di una micidiale lite con il maestro Iginio Massari. Chi aveva ragione? «Forse ho peccato d’arroganza ma mi sono sentita toccare come persona, non come partecipante a un contest», ammette, ma è anche grazie a quello scatto d’orgoglio che Alida è diventata una delle chef senza portafoglio (cioè senza locale e brigata) più famosa del web. Non è certo una che se la tira Alida, che arriva sul set con la sua famiglia: Maurizio Rosazza Prin (conosciuto proprio a MasterChef All Star) e Victor, il loro stupendo collie. La prima domanda, con due chef che dividono lo stesso tetto, è d’obbligo.
Chi cucina a casa?
«Il più delle volte Maurizio ma soprattutto per una questione di tempi: è veloce e immediato, io sono più meditativa e con tempi lunghi. Con la mia ansia di perfezionismo la cena può slittare a mezzanotte e oltre».
Liti ai fornelli?
«Incendiarie. Siamo entrambi fumantini quando si tratta di cucina. Per fortuna ci vogliamo bene altrimenti finirebbe a padellate in testa».
Quando nasce il tuo amore per il cibo?
«Presto. Mia mamma ha un’idea dell’alimentazione molto prussiana: in casa mia non si è mai mangiato più di 70 grammi di pasta a testa, per intenderci. Aggiungiamo che (perdonami, mamma!) non è mai stata una cuoca particolarmente fantasiosa. Così già dall’infanzia ogni tanto provavo a cucinare qualcosa di mio. Ricordo il mio primo risotto: alla parmigiana e con una nuance rosata. In casa non c’era vino bianco, ma anche con il rosso quella mia prima pietanza è stata un piccolo successo».
Quindi hai capito subito che la cucina sarebbe stata il futuro?
«Macché. Dopo il liceo scientifico volevo fare l’architetto, poi mi sono iscritta a ingegneria e quindi sono passata a giurisprudenza. Ero molto confusa, è stato MasterChef a chiarirmi le idee». Ti sei dichiarata vegetariana, come concili questa scelta con la tua cucina?
«Sono stata veggie per due anni ma oggi, vivendo con un cuoco onnivoro, sono diventata meno intransigente e mangio un po’ di tutto. Rivendico però il diritto di cambiare e di seguire il mood del momento. Oggi sono di nuovo onnivora, domani chissà».
Cosa ami cucinare e cosa detesti mangiare?
«Adoro la cucina libanese, l’hummus e i cibi da condividere. Mi piace preparare le salse e stravedo per le zuppe. Non amo le contaminazioni estreme, tipo carne con pesce, le frattaglie non sono nelle mie corde e mi stanno antipatici i piatti che non mantengono le promesse, quelli bellissimi da guardare ma che non sanno di niente».
Cosa ti senti di essere: food blogger, chef o influencer?
«Chef non lo sono perché non ho una brigata, ma anche la definizione di food blogger mi sta stretta come quella di influencer. Piuttosto mi sento una chef de folie, smiling and très jolie!, una che con il cibo si diverte e sollazza gli altri. Ci tengo però a fare una precisazione riguardo ai social: in tanti sostengono che questi mezzi isolino e separino. Nel mio caso le cose non stanno così e vivo Instagram nella sua dimensione più conviviale. Chiedo spesso pareri e consigli e i miei followers sono spesso fonte d’ispirazione creativa e soluzioni pratiche».
Nelle tue bio online c’è scritto che, oltre a cucinare, ami la musica, l’arte moderna e le pietre preziose: queste passioni contaminano i tuoi piatti?
«Certo, è tutto collegato. Che tipo di musica amo? Tutta, dal blues ai classici anni Ottanta. Vorrei che i miei piatti avessero sapori essenziali e vitali come il giro di note di uno swing. Mi piacerebbe pennellare con le salse con lo stesso vigore di Munch, uno dei miei pittori preferiti e ambirei che i miei piatti avessero la perfezione di certi gioielli di design».
Quali sono le sfide di uno chef 2.0?
«Tantissime. La missione culinaria non punta solo alla bontà dei piatti. Sulla mia pagina Instagram affronto il problema con l’hashtag della rubrica #futuroimpertinente, che dà consigli sul cucinare sostenibile. Come preparare piatti a sprechi zero (questa sì che è una bella sfida) o come eliminare l’olio esausto, che in tanti ancora buttano nel lavandino inquinando le acque. Cucinare bene non è solo un virtuosismo ma anche farsi carico in modo responsabile dei mille problemi ambientali che questo gesto comporta».
Sei in una forma perfetta…Alterni cucina e palestra?
«Faccio sport non in maniera strutturata ma solo per piacere. Adoro camminare, giocare a golf e non dico mai no a Maurizio quando mi sfida a una partita di squash. Faccio anche yoga, Pilates, ma la mia attività aerobica preferita è passeggiare per Milano con Victor al guinzaglio».
Torniamo in cucina: confermi che il mondo della ristorazione è, come si dice, un ambiente maschilista?
«Lo è, perché è un lavoro duro, con orari impossibili. Richiede una disponibilità che spesso le donne, impegnate su molti fronti, non hanno».
Ma per gustare i tuoi piatti, oltre a vederli su Instagram, come si può fare?
«Stay tuned! Con Maurizio abbiamo un progetto che punta proprio verso questa direzione, ma è presto per parlarne, siamo ancora in fase progettuale e creativa».
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Articolo pubblicato sul n. 51 di Starbene in edicola dal 3 dicembre 2019