Le chiamano black stain. Sono le macchioline scure che guastano il sorriso dei bimbi. Frequenti nei piccoli in età scolare, nel 50% dei casi tendono a ripresentarsi anche quando i denti da latte lasciano il posto ai permanenti. A cosa sono dovute? «All’azione di batteri cromofori, come l’Aggregatibacter e il Tannerella forsythia, che vivono nelle tasche parodontali e gengivali», spiega il dottor Giuseppe Maccheroni, odontoiatra esperto in laserterapia.
«Quando la carica batterica diventa alta, il solfuro di idrogeno prodotto dai germi determina una reazione chimica con gli ioni ferro presenti nel liquido crevicolare del solco gengivale. Da questa reazione si forma un composto ferrico insolubile che macchia i denti in modo irreversibile».
Di colore scuro come il ferro, le black stain si formano sul colletto del dente, come piccole discromie puntiformi o sottili bande scure, parallele alla gengiva, che interessano tutta l’arcate dentale superiore o inferiore. La causa resta sconosciuta: si sa che a una cattiva igiene dentale si somma una predisposizione costituzionale ad avere uno smalto debole.
È importante rimuoverle non solo per una questione estetica, ma anche per la salute del sorriso. «Di per sé i batteri cromofori non provocano carie. Ma si è visto che, intaccando la superficie esterna del dente, lo rendono più vulnerabile all’attacco dei batteri responsabili della carie», risponde il dottor Giuseppe Maccheroni.
In passato si usava un ablatore a ultrasuoni per eliminare le black stain: appoggiato sul dente, rimuoveva la macchia in modo meccanico. Al termine del trattamento, veniva passata una pasta abrasiva lucidante. Uno studio condotto su 1397 bambini dalla Hebrew University-Hadassah School of Dental Medicine di Gerusalemme, dimostra però che il trattamento con gli ultrasuoni espone a un altissimo rischio di recidiva: dopo 40-50 giorni le black stain si ripresentano nell’80% dei casi.
Molto più efficace è il ricorso al laser: «se ne usano due tipi diversi in sequenza», spiega l’esperto. «Quello a diodo agisce selettivamente sul pigmento scuro, disgregandolo per affinità cromotica senza intaccare lo smalto. Il neodymio-yag, invece, completa l’opera con una profonda azione battericida, riducendo la concentrazione dei batteri cromofori.
Il tutto senza dolore e senza fastidiose vibrazioni che possono spaventare il bambino e con un irraggiamento luminoso a distanza di circa un minuto a dente». Questo doppio passaggio di laser restituisce all’istante un sorriso splendente e presenta un rischio di recidive bassissimo, intorno all’1-2%. Il costo è di circa 150 euro a seduta.
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Articolo pubblicato sul n. 15 di Starbene in edicola dal 29/03/2016