È uno dei punti fermi da diverso tempo: per rimanere in salute occorrerebbe fare 10.000 passi al giorno. A indicarlo è l’Organizzazione mondiale della Sanità, ma ora arrivano alcuni studi che sottolineano i benefici del movimento anche con una minor quantità, purché sia regolare.
Quanto bisogna camminare al giorno?
Di recente alcuni studi hanno “ridimensionato” l’indicazione dell’Oms: in particolare, ricercatori statunitensi hanno pubblicato uno studio sulla rivista Circulation quasi dimezzando l’obiettivo dei 10mila passi, che ad alcuni sembrava irraggiungibile, per motivi di tempo, lavoro, impegni e talvolta anche semplice mancanza di volontà.
Gli studiosi hanno utilizzato il metodo della meta-analisi, ossia la revisione di 8 studi che avevano preso in considerazione complessivamente oltre 20.000 persone over 60, delle quali circa la metà donne (52%), seguite per 6 anni. In questo arco di tempo, durante il quale si erano registrati 1.523 tra infarti e ictus, si è visto che chi camminava compiendo almeno 5.500 passi al giorno aveva un rischio di malattie cardiovascolari inferiore del 38% rispetto a coloro che ne facevano solo circa 2.000. La ricerca, però, è andata anche oltre: «In coloro che facevano sui 9.000 passi quotidiani il rischio cardiovascolare era minore del 49%. Questo significa che aumentando la quota di passi giornalieri si possono avere maggiori benefici», osserva Roberto Volpe, medico dell’Unità prevenzione e protezione del CNR, il Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Un altro studio, pubblicato su Jama nel 2021 ed effettuato su 2.110 adulti in un arco di circa 11 anni, aveva già mostrato gli effetti positivi dell’attività fisica a “bassa intensità”: «Dall’analisi era emerso che chi camminava di meno aveva sviluppato un rischio di mortalità tra il 50% e il 70% superiore a chi invece compiva almeno 6.000-8.000 passi al giorno» spiega Volpe, che però chiarisce: «Attenzione: rimane valido il concetto che più facciamo attività fisica, più consumiamo calorie e maggiore è il beneficio in linea generale. Poi esistono alcune attività che giovano maggiormente a certe persone o che hanno maggiore effetto protettivo rispetto a specifiche patologie».
La novità: perché si può camminare anche (un po’) meno
«Un’attività fisica regolare e costante - dai 30 ai 60 minuti, anche frazionati nell’arco della giornata per 3-5 volte alla settimana - è utile soprattutto per la prevenzione e la terapia dei principali fattori di rischio cardiovascolare come il diabete, l’iperlipidemia, l’ipertensione arteriosa, l’obesità. Ma ci sono effetti positivi anche nel contrasto all’osteoporosi o a patologie oncologiche come il cancro al colon, pancreas e intestino, perché si sviluppano antiossidanti, o contro il tumore al seno, nonostante possa avere una concausa ormonale – chiarisce Volpe – Per quanto riguarda, invece, i disturbi cardiovascolari, già 20 anni fa gli studi avevano mostrato che 6/7.000 passi al giorno possono dare un beneficio. Questo non smentisce le indicazioni attuali dei 10mila passi, ma casomai è intendersi come un incentivo, specie per coloro ai quali i 10mila passi sembravano o sembrano un traguardo irraggiungibile. L’importante è alzarsi e muoversi!».
A chi e perché fa bene camminare
Come ricorda il medico e ricercatore dell’Unità prevenzione e protezione del CNR, «Il movimento fa bene a tutti, pur con le dovute differenze. È chiaro che maggiore è l’intensità dello sforzo fisico, maggiore è il consumo di calorie: per fare un esempio, se cammino a passo veloce per 30 minuti consumerà circa 130 calorie, ossia l’apporto di 25/30 grammi di pasta. Se si fa bicicletta o cyclette si arriva a 250 calorie, che con il nuoto o la corsa salgono a 500, pari a un etto di pasta.
Ma attenzione: l’attività fisica va anche modulata in basa all’età. Dopo i 60 anni ci si può ‘accontentare’ di fare una camminata a passo sostenuto o una seduta di cyclette invece che una corsa. Prima di approcciarsi a una seduta di allenamento del genere, infatti, sarebbe bene rivolgersi al proprio medico, magari per sottoporsi a un elettrocardiogramma con prova sotto sforzo, per evitare rischi cardiovascolari, specie se si è abituati a una vita più sedentaria» chiarisce Volpe.
Proprio pensando ai meno giovani, inoltre, l’esperto sottolinea un altro vantaggio: «Fare movimento significa far affluire sangue all’ippocampo che è uno dei principali centri della memoria, con un evidente beneficio non solo per i giovani (si pensi alla preparazione scolastica e degli esami: piuttosto che affidarsi a caffè o bibite energetiche sarebbe preferibile farsi almeno una bella camminata ossigenante), ma anche per chi è in terza o quarta età per contrastare il decadimento delle funzioni cognitive e mnemoniche», sottolinea il ricercatore.
Italiani meno sedentari, ma attenzione ai giovani
Lo stile di vita, dunque, conta e non solo in termini di movimento, ma anche di buone o cattive abitudini: «I dati ci indicano che oggi c’è una maggiore consapevolezza dell’importanza dello stile di vita. Per esempio, è diminuita la percentuale dei fumatori e si presta attenzione anche al regime alimentare, anche se c’è un problema che riguarda i giovani – spiega Volpe – Tra gli adulti il 45% è sovrappeso e il 10% è obeso, quindi al di sotto della media europea, ma tra le giovani generazioni la percentuale è molto maggiore e questo è un problema. In compenso i recenti dati Istat riferiti al 2021 mostrano che ben il 66% degli italiani ha praticato un’attività fisico-sportiva nel tempo libero (nel 2000 era il 59%). Certo, c’è ancora un 34% che non pratica alcuna attività» osserva l’esperto.
«È proprio su questa quota che bisogna concentrarsi, esortando a essere più attivi. Ricordiamo che la raccomandazione dei 10mila passi si rifà al primo contapassi della storia, lanciato negli anni ’60 da un’azienda giapponese con il nome di “Manpo-Kei”, ossia “contatore dei 10.000 passi”. Studi successivi hanno dimostrato la validità di questo parametro giornaliero, che però può anche essere frazionato in due o tre sessioni. Ribadisco, però, che il camminare anche solo per 5.500-6.000 passi al giorno può essere utile e rappresenta un buon punto di partenza per incoraggiare a fare movimento regolare a livello quotidiano e settimanale», conclude Volpe.
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