Afflitti dall’idea di doversi imbacuccare per uscire di casa? Non per tutti il freddo è un fastidio o una minaccia da evitare a ogni costo: c’è chi lo ricerca e lo “frequenta” poiché lo considera un amico e un maestro in grado di attivare risorse mentali e fisiche. A questa schiera di audaci appartiene Andrea Bianchi, ingegnere e comunicatore, fondatore della prima scuola italiana di “barefoot hiking”, cioè di cammino a piedi nudi nella natura.
Lo incontriamo in occasione dell’uscita del suo ultimo libro, dedicato proprio all’argomento e intitolato La via del freddo alla felicità (Vallardi, 14,90 €). «A differenza delle popolazioni nordiche, quando il tempo non è ottimale noi mediterranei tendiamo a stare all’aperto il meno possibile», constata l’autore. «Un errore, primo perché ci siamo evoluti per vivere in qualsiasi condizione climatica e il nostro corpo – stando quasi sempre in ambienti a temperatura controllata – funziona progressivamente meno bene. Secondo, perché le condizioni meteorologiche stanno cambiando e richiedono da parte nostra una crescente capacità di adattamento. Ricordiamo che, a livello individuale e planetario, la salvezza sta nell’equilibrio tra caldo e freddo. Se questo viene a mancare, noi e la Terra rischiamo di morire di troppo caldo».
Una rivelazione provvidenziale
In Bianchi questa capacità di adattamento appare piuttosto sviluppata: è un tardo pomeriggio di gennaio, siamo all’aperto e la temperatura è già sottozero, ma lui indossa solo una camicia e un pile. «Nonostante io sia trentino, fino a vent’anni fa fuggivo il freddo come una condizione nemica del mio benessere», mette in chiaro.
«La svolta è avvenuta grazie a un incidente: qualche giorno dopo aver rischiato di affogare in mare per un colpo di freddo, sognai di trovarmi sott’acqua e di respirare a fondo, come se fossi nel mio ambiente naturale. Una grande sensazione di benessere pervase tutto il mio corpo: segno che qualcosa, dentro di me, si era sciolto, liberando le emozioni e consentendo all’energia di scorrere. Oggi la mia relazione con il freddo è di amicizia e rispetto, in tutto simile a quella che ricerco con gli elementi della natura in generale: ne percepisco i benefici, ma non dimentico che si tratta di forze potenzialmente letali, che non vanno sottovalutate».
Gli effetti pratici dell’allenamento
Effettivamente, negli ultimi anni la scienza ha stabilito che il nostro fisico risente positivamente su più fronti dell’esposizione al freddo (o, meglio, a temperature anche di poco inferiori a quelle che percepiamo come confortevoli): per esempio, la circolazione sanguigna migliora, si bruciano più calorie, il sistema immunitario viene attivato, si liberano endorfine. Insomma, la raccomandazione-tipo delle madri, “Copriti, sennò ti ammali”, potrebbe benissimo diventare “Alleggerisciti e starai meglio”. «L’allenamento a stare al freddo ci può rafforzare anche dal punto di vista psicologico, innanzitutto aiutandoci a sviluppare la fiducia in noi stessi e la resilienza, ovvero la capacità di fare fronte a difficoltà ed eventi traumatici», aggiunge Andrea Bianchi chiamando in causa Annalisa Nicolucci, psicoterapeuta biosistemica e fondatrice della pagina Facebook Walkinglife - Progetti in movimento. «Il meccanismo è questo: appena fuori dalla nostra zona di comfort, cioè al di là di quella dimensione conosciuta e di sicurezza che riusciamo a gestire meglio e a tenere sotto controllo, entriamo nell’area della paura», spiega la dottoressa.
«Così, camminare all’aperto in questa stagione può farci assalire, per esempio, dal timore di essere colpiti da un malanno. È necessario, allora, trovare dentro di noi il coraggio di spingerci oltre ciò che è noto e abituale. Quando riusciamo a farlo, succede una cosa interessante: cresciamo». Ma non è finita. Secondo Annalisa Nicolucci, il freddo acuisce la percezione delle sensazioni del corpo e ci permette di sentire eventuali parti sconosciute o dimenticate. «Grazie a questo “risveglio” abbiamo la possibilità non solo di reintegrarle, ma anche di sentire maggiormente i nostri confini e di conoscerci più a fondo», precisa. «Come scriveva lo psicoterapeuta biosistemico Alexander Lowen, infatti, la perdita di sensibilità di parti del corpo è perdita di parti di sé. E non conosciamo veramente noi stessi se non sentiamo il nostro corpo».
Come diventare amici del freddo
Nel suo libro, Andrea Bianchi propone l’approccio al freddo consapevole che ha chiamato “metodo hot mind”. «È una sorta di bussola personale da portare sempre con sé e da scalare secondo le proprie possibilità, condizioni fisiche e abitudini», illustra. «Il metodo è applicabile da chiunque, in qualsiasi stagione e in ogni contesto, città compresa». Una raccomandazione: non cercare di emulare di punto in bianco le imprese da esperti narrate nel libro, per esempio stare in T-shirt in pieno inverno e passeggiare nella neve con i sandali (a queste, che secondo l’autore non sono precluse a nessuno, si arriva con l’esercizio graduale e giudizioso).
Comincia con piccoli esperimenti: scoprirai che l’ambiente gelido non è poi così ostile e che il nostro organismo è capace di termoregolazione, cioè di attivare il metabolismo per produrre calore. «In pratica, a prescindere dalle condizioni meteo, cerchiamo di trascorrere mezz’ora effettiva al giorno all’aperto, meglio se nella natura e facendo un minimo di attività fisica», dice Bianchi. «Non è così difficile come sembra: basta percorrere a piedi una parte del tragitto per/da il luogo di lavoro, possibilmente passando per un’area verde.
Prova a vestirti un poco più leggero: darai al fisico la chance di lavorare per raggiungere il calore che gli manca e lo spronerai ad accorgersi delle variazioni di temperatura più sottili, abitudine che ha perso da quando la nostra quotidianità è affidata a strumenti di condizionamento climatico.
Quando provi freddo, non cercare né di impedire né di rallentare la dispersione di calore (indossando il berretto di lana o una maglia più pesante), ma concentrati sulla capacità di produrre calore nel corpo. Per potenziare questa capacità, bisogna lavorare con tecniche derivate dallo yoga e dalle antiche tradizioni spirituali, lavorando in quattro direzioni: il respiro, la mente, l’esposizione al freddo e il movimento rigeneratore.
Fai la tua domanda ai nostri esperti
Articolo pubblicato sul n. 7 di Starbene in edicola dal 28 gennaio 2020