C’è un file rouge che lega il mondo intero: è la paura da Coronavirus, al centro di pensieri negativi, di comportamenti talora inspiegabili, di disturbi psicologici esplosivi. Ma questo sentimento è sempre sconvolgente e distruttivo per la mente e il cuore? No, sostiene il neurologo e scrittore Rosario Sorrentino: non a caso, ha intitolato il suo ultimo libro La paura ci può salvare proprio perché sostiene che quella che sembra la nostra grande nemica, la paura, è in realtà una preziosa e utile risorsa, a cui dobbiamo attingere per affrontare il trauma da Covid-19 e uscirne più forti di prima.
Il Covid-19 ha risvegliato il senso di paura nella vita?
Dall’attentato alle Torri Gemelle, nel 2001, dentro di noi è entrato il fattore P, paura globale. Ieri era il terrorismo, oggi il virus, domani ce ne sarà un’altra. Sono circa 20 anni che ci nutriamo della paura, anzi di una sorta di pornografia della paura che, alimentata da un’enorme copertura mediatica, ogni giorno ci viene raccontata in mille modi diversi. In un certo senso ne siamo succubi, almeno nell’accezione negativa di questa emozione che, in realtà, è una straordinaria possibilità. Perché l’intelligenza che noi esseri umani abbiamo ci deve condurre a domarla e a non farla diventare un’ossessione.
La pandemia di che paura si veste?
È nuda e cruda, angosciante e fa sbandare. Quella da contagio è la peggiore delle paure, poiché il virus è un nemico invisibile che non vediamo e non sentiamo, però c’è. Finora, nessun evento straordinario è andato a compromettere così a fondo tutta una serie di gesti, riti, abitudini che ci fanno interagire in modo automatico l’uno con l’altro. Al punto che ciascuno di noi ha sentito una sindrome di astinenza da tutti quei comportamenti che ci conferivano un certo controllo sulla nostra vita.
Rispetto a marzo, oggi cos’è cambiato?
Durante la prima ondata pandemica, abbiamo sperimentato con maggiore motivazione, senso di responsabilità e anche curiosità qualcosa di inedito per noi: non avevamo mai provato una deprivazione della libertà, una minaccia sulla salute così forti, e questo ci ha fatto riflettere su qualcosa che davamo per scontato, ma che scontato non è. È stato un trauma per tutti. In questa seconda fase, invece, le paure emergenti sono la solitudine, il declassamento sociale, la precarietà economica, l’incognita del futuro. Ciò che stiamo percependo ora è un’onda lunga che ci fa capire che la nostra vita è cambiata e cambierà ancora.
È la rivoluzione esistenziale che ci aspetta che temiamo così tanto?
Probabilmente sì, ma credo che niente tornerà come prima. In fondo, il Covid-19 ci ha chiesto di cambiare mentalità e modo d’essere. Soprattutto, ci ha fatto capire che l’individualismo, l’egoismo e il narcisismo non portano da nessuna parte. E che ci potevamo scrollare di dosso una moltitudine di falsi bisogni. Si può vivere con molto meno, e forse meglio.
Come non avere timore di questa prospettiva d’incertezza…
In un momento così drammatico per la moltitudine di notizie che sentiamo e, soprattutto, per il percorso che ci aspetta, bisogna cambiare il paradigma della paura. Introdurre nella società, attraverso un’informazione capillare, il concetto che la paura è una straordinaria risorsa che va capita e canalizzata. È un’energia che ci consente di fronteggiare un pericolo reale, il quale richiede una reazione pronta e adeguata. Insomma, ci può aiutare ad aumentare il nostro livello di coscienza, consapevolezza, responsabilità.
La paura, quindi, ci può portare dei vantaggi?
Sì, la paura ci salva. È assurdo negarla perché provarla è normale, alla luce di quello che ogni giorno sentiamo. Ciò che è importante sapere, invece, è che la paura ha due componenti: quella emotiva, velocissima e spesso istintiva, di reazione immediata a un pericolo, per cercare di metterci in salvo. Tipo fuggire di casa durante una scossa di terremoto. L’altra componente è razionale, più lenta, consapevole ed è legata alla ragione. È sulla paura cosciente che dobbiamo agire: può alimentare bene il cervello, perché conferisce al flusso dei nostri pensieri saggezza e ordine. Quindi, alleniamoci ad accoglierla e alleiamoci con lei.
Che effetti produce sulle nostre scelte?
Se sfruttata bene, la paura razionale attiva quella parte del cervello (la corteccia pre frontale) preposta alla pianificazione delle nostre azioni finalizzate a raggiungere uno scopo. Quindi, spinge a mettere in pratica i comportamenti più giusti e adeguati in questo momento, come l’osservanza di regole e restrizioni
Questo sentimento, in altri termini, ci può rendere più responsabili e ligi al dovere…
Non solo, sarebbe riduttivo. Il suo effetto più produttivo ha una portata di lungo termine: innesca un modo di pensare ”acuto” che spalanca le porte a due facoltà cognitive importanti, la resilienza e la flessibilità mentale, intesa come capacità di adattarsi a nuove condizioni di vita. Ora come ora, è fondamentale essere elastici per affrontare gli inevitabili (e difficili) cambiamenti di modi di pensare e d’agire che il Covid-19 ci sta chiedendo. Ma per poterci riuscire non dobbiamo avere paura della paura, ma avere una mente lucida. Questo è il momento di parlare al cervello e non allo spirito, all’anima.
Come si fa della paura una nostra alleata?
Primo: non sostare davanti alla tivù da mattina a sera, alla ricerca di continui aggiornamenti sulla pandemia. Due: riscoprire il piacere della lettura, della scrittura, del dialogo (anche virtuale) con gli altri. Tre: fare attività fisica, anche in casa. Questi suggerimenti hanno un comune denominatore, molto efficace: staccarci dalla morsa dei pensieri ossessivi sul virus (e i suoi tanti risvolti negativi), che non fanno altro che indebolire le risorse immunitarie e avvelenare la resilienza, e invece permettere al cervello di progettare il nostro piano B. Ossia, di tirare fuori tutta quella serie di risorse neurobiologiche e comportamentali che ci possono aiutare a trasformare uno svantaggio in un vantaggio o a relativizzare gli effetti collaterali di uno svantaggio. In poche parole, a non cadere e a essere pronti ad affrontare il futuro prossimo.
Il trauma collettivo del Covid-19 ci renderà più forti?
Sì, se capiamo una volta per tutte che la paura può essere un utile strumento di progressione personale e collettiva, e non una nemica. Vista e interpretata sotto questo aspetto ci fa vivere meglio, ci rende più lucidi, assennati e corretti e, soprattutto, ridimensiona quella classifica delle paure che, comunque, è in continuo aggiornamento: la paura della morte, della pazzia, della solitudine, dei rovesci socio-economici. Non è detto, infatti, che il lockdown sia l’ultima prova, inaspettata e difficilissima, che ci troviamo a sostenere. La storia, in fondo, insegna a tenersi sempre pronti all’imprevisto.
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Articolo pubblicato sul n. 1 di Starbene in edicola e digitale a dicembre 2020