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Come cambia la comunicazione con la mascherina

Con il viso coperto a metà dalla mascherina la comunicazione è più difficile. L’esperto ci aiuta a capire come trasmettere al meglio le proprie emozioni ed entrare ugualmente in sintonia con gli altri

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La mascherina è un indispendabile strumento di prevenzione dal contagio ma rende più difficile riconoscere (e comprendere) chi ci sta di fronte. Senza l’ausilio della mimica facciale, dei movimenti della bocca, delle espressioni del viso è come se il nostro cervello non riuscisse a decodificare le emozioni altrui in modo corretto. Ed è proprio l’impatto delle mascherine sulle relazioni sociali l’oggetto di una nuova ricerca a cura di Marco Viola, ricercatore in scienze cognitive dell’Università di Torino. Gli abbiamo chiesto come cambia la comunicazione con la mascherina. Ecco che cosa ci ha risposto.


Dottor Viola, che cosa cambia quando parliamo col viso coperto a metà?

Diamo sempre per scontato che le parole siano il veicolo principale attraverso cui entriamo in relazione con i nostri simili. Ma questo è solo parzialmente vero: la maggior parte delle informazioni che il nostro cervello decodifica passa invece attraverso il canale visivo. La nostra faccia, in sostanza, è il primo biglietto da visita che porgiamo all'altro, ed è anche il primo fattore identitario.

Riconosciamo il prossimo tipicamente dai tratti fissi del suo viso: le principali caratteristiche morfologiche (occhi, naso, bocca, ovale) di una persona  consentono alla nostra mente di formare la cosiddetta “prima impressione” davanti a uno sconosciuto. Ai tratti somatici si aggiungono le espressioni, che hanno un ruolo fondamentale. Una mascella quadrata e un collo taurino, per esempio, possono infondere una sensazione di affidabilità, se accompagnati da un piglio benevolo. Al contrario, se le stesse caratteristiche sono abbinate a un atteggiamento distante, possono indurre perfino paura. L’obbligo di indossare la mascherina, quindi, è estremamente limitante perché ci priva di quelle prime, essenziali informazioni utili a decifrare il nostro prossimo.


Quindi la mimica facciale è fondamentale per farci capire...

Certo. I movimenti dei nostri muscoli facciali servono a comunicare emozioni in modo molto più chiaro e veloce delle parole. Dobbiamo poi tenere conto dei neuroni specchio: sappiamo che alcuni movimenti del volto possono diventare contagiosi. Una risata, per esempio, può provocare un’epidemia di allegria.


Perciò quali sono le conseguenze di questa vita schermata?

Ci capiamo meno, la comprensione è monca perché le mascherine nascondono le emozioni. Gli effetti di questa “mancata sincronizzazione” con l'altro causano un calo dell’empatia, un collante fondamentale della vita sociale. In particolare, a essere maggiormente compromesse nella decodifica sarebbero la gioia e il disgusto. La paura e il malumore invece rimarrebbero tratti facilmente identificabili. In generale sembra che le emozioni negative riescano a oltrepassare più agevolmente le barriere di protezione.


Come possiamo correre  ai ripari?

Per controbilanciare la potenziale epidemia di cattivo umore generata dai volti coperti, un gruppo di chirurghi plastici ha addirittura proposto l’uso intensivo di botulino sulla fronte per “paralizzare” le emozioni negative. Ci sembrano soluzioni estreme. Si può ridere con gli occhiE poi è importante “decentralizzare” la comunicazione. Esattamente come agli attori nelle scuole di teatro viene fatta indossare una maschera bianca per aumentare l'enfasi sui gesti e sui movimenti, è importante, con il dovuto buon senso, utilizzare tutta la gestualità per comunicare in modo più chiaro, dando più rilievo al linguaggio del corpo, alla postura e alla voce.

maggio 2021

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