Lo confermano le più recenti ricerche: la nostra tiroide, per funzionare al meglio, ha bisogno di un intestino sano ed efficiente. Gli ultimi studi medici si sono infatti concentrati sul legame che unisce questi due organi, considerando la nostra ghiandola a farfalla, determinante per molte funzioni vitali, come parte di un grande network, al lavoro in sinergia con altri centri regolatori del nostro organismo.
Ne emerge che molte problematiche gastrointestinali, quali disbiosi (l’alterazione della flora batterica intestinale), problemi digestivi, irregolarità dell’alvo, colite e malassorbimento si riflettono negativamente sulla tiroide, peggiorando o innescando condizioni patologiche. Come ci spiega in queste pagine la dottoressa Serena Missori, endocrinologa ed esperta in nutrizione, sottolineando l’importanza di una dieta mirata per prevenire e alleviare i disturbi dell’“asse tiroide-intestino”. Pioniera in questo campo, la nostra esperta ha appena pubblicato un libro, molto approfondito, sull’argomento.
Microbiota e ormoni: i protagonisti dell’asse intestino-tiroide
Oltre al loro rapporto “privilegiato”, i due organi sono correlati all’efficienza del nostro sistema immunitario: nel tratto finale dell’apparato digerente, è ormai risaputo, risiede l’80% delle nostre capacità di difesa, mentre gli ormoni tiroidei influenzano l’azione delle cellule che reagiscono all’attacco di virus e batteri.
«Un microbiota alterato, quindi, può influenzare negativamente la risposta immunitaria perché, se la barriera intestinale è danneggiata, aumenta la permeabilità e, di conseguenza, il passaggio e l’esposizione agli antigeni, le molecole che il nostro organismo riconosce come estranee e potenzialmente pericolose. Inoltre, la disbiosi può avere un impatto diretto sull’attivazione degli ormoni tiroidei, con ricadute sulla salute della ghiandola e le funzioni che da essa dipendono (metabolismo, livelli ormonali, apparato cardiocircolatorio). Non dimentichiamo che T3 e T4 contribuiscono a regolare l’attività dei mitocondri, le centrali energetiche delle nostre cellule: questi organelli agiscono da “carburatori”, bruciano grassi e zuccheri in presenza di ossigeno, producendo calore corporeo ed energia», sottolinea l’endocrinologa.
Ma non è finita: la composizione del microbiota può ridurre la biodisponibilità di iodio, ferro, zinco e selenio, micronutrienti fondamentali per la sintesi degli ormoni tiroidei. Così come della vitamina D, che aiuta a regolare la risposta immunitaria. Al contrario, un intestino sano è determinante per un buon assorbimento nutrizionale. Attenzione anche alla carenza di ferro: può essere una spia di ipotiroidismo, soprattutto quando l’anemia si accompagna a debolezza, affaticamento e fiato corto.
Scegli la dieta che li rimette in sesto
Ecco quindi che, per ridurre il rischio e alleviare i sintomi dei disturbi tiroidei, patologia che interessa ben 6 milioni di italiani, circa il 10% della popolazione e in primis le donne, è fondamentale adottare uno stile di vita che punta su una dieta mirata a mantenere o ristabilire l’equilibrio e l’efficienza di questi due organi. La tiroide lancia sovente segnali che qualcosa non va, spie di uno squilibrio che può non sfociare in una vera e propria disfunzione, ma è sufficiente per farti sentire più stanca del solito, tendente a mettere su peso, oppure a provocare disturbi del sonno e calo della concentrazione, con il fegato affaticato e la digestione difficile, mentre la tua pelle appare spenta e opaca, i tuoi capelli sfibrati.
Intervieni quindi per sostenere l’efficienza dell’asse tiroide-intestino: avrai immediati benefici sul metabolismo, ritroverai energia vitale e il tuo microbiota intestinale ti ringrazierà. In queste pagine ti proponiamo un piano alimentare di prevenzione che l’esperta, la dottoressa Serena Missori, ha messo a punto per far “star bene” la nostra ghiandola a farfalla. Insieme a una serie di consigli per evitare quei cibi che, in caso di disturbi conclamati, possono scatenare reazioni immunitarie e infiammazioni a livello intestinale, peggiorando la salute di entrambi.
Un menu riequilibrante
«Nel piano alimentare che consiglio ho privilegiato il pesce, ricco di iodio, ma anche le olive per l’attività antinfiammatoria e il contenuto di quercetina, che favorisce il benessere intestinale; ho scelto le noci del Brasile per non far mancare il selenio, micronutriente fondamentale per la formazione degli ormoni tiroidei, insieme ai pistacchi per la tirosina, l’amminoacido precursore per la sintesi di T3 e T4. Pochi invece i legumi, che possono disturbare l’intestino, soprattutto in chi soffre già di colite e, come derivati del latte, consiglio la ricotta perché è fatta con il siero, dalle proprietà antinfiammatorie per l’intestino, rispetto ad altri latticini che contengono le caseine, dall’azione irritante», spiega la dottoressa Missori.
Fondamentale anche l’apporto delle proteine: mai andare in deficit, ne servono almeno 1-1,2 g per kg corporeo al giorno. Sono importanti per metabolismo, muscoli, ossa e la sintesi ormonale: non dimentichiamo infatti che gli ormoni tiroidei sono proteici.
Mentre per chi ha una disfunzione diagnosticata, c’è una mini guida agli alimenti “no”: «La restrizione più importante riguarda i cibi ad alto contenuto di glutine e di lattosio; da eliminare o ridurre per almeno 4 settimane. Secondo gli studi la caseina, così come il glutine, è responsabile del mimetismo molecolare, un meccanismo che spinge gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario ad attaccare non i nemici esterni ma i propri organi, compresa la tiroide», sottolinea l’esperta.
E ricordati che l’intestino ci impiega qualche settimana per capire che le cose stanno cambiando e non tutti reagiscono allo stesso modo: dai quindi tempo al tuo organismo di accettarlo, resettarsi e ripararsi. Poi, dopo questa fase “riequilibrante”, gli alimenti sconsigliati possono essere reintrodotti gradualmente.
Sì alle crucifere
Puoi mangiare tranquillamente anche broccoli, cavoli, cime di rapa, verze e rucola: «È vero che questi ortaggi contengono una sostanza, la goitrina, in grado di legare lo iodio e di bloccarne l’assorbimento a livello della ghiandola tiroidea, impedendo la sintesi degli ormoni tiroidei (T3 e T4) ma, in realtà, basta consumarli nel modo giusto per non correre rischi e continuare a beneficiare anche del loro contenuto nutrizionale, visto che sono ricche di sulforano, sostanza dal potere antitumorale e antiossidante», spiega la dottoressa Missori.
«Intanto, l’azione che inibisce la tiroide dipende dalla quantità assunta e se per lunghi periodi, eventualità che si risolve grazie alle nostre abitudini mediterranee che ci danno tante possibilità di variare i menu. Può diventare un problema semmai nelle aree geografiche lontane dal mare o in gravi carenze alimentari di iodio».
Inoltre, i potenziali effetti negativi vengono eliminati anche grazie alla cottura che, comunque, non deve protrarsi oltre i 15 minuti. «Vanno però mangiati in modo diverso in base ai disturbi tiroidei: in caso di ipotiroidismo, associati al pesce e alle alghe, per il contenuto di iodio; mentre chi soffre di ipertiroidismo può consumarli anche spesso perché “rallentano” l’attività della tiroide, con l’accortezza di limitare gli alimenti con alto contenuto di iodio, come i prodotti ittici che potranno poi essere reintrodotti alla normalizzazione dei valori», conclude l’esperta.
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