Nel 2017 gli italiani hanno acquistato quasi 850mila tonnellate di prodotti surgelati, pari a circa 13,9 Kg pro capite, e il consumo è salito di oltre il 2% rispetto all’anno precedente. La prima parte del 2018 ha confermato questo trend: è la fotografia scattata dall’Iias, l’Istituto italiano alimenti surgelati. Insomma, sebbene l’Italia sia ancora lontana dalle cifre record raggiunte in altri Paesi europei (ogni cittadino tedesco ne mangia in media 46,3 Kg l’anno), anche da noi i surgelati vanno alla grande.
Qual è il profilo del consumatore? Un’indagine Censis-Coldiretti rivela che a comprarli regolarmente sono le stesse persone che privilegiano i prodotti Dop e Igp e gli acquirenti abituali di frutta e verdura da agricoltura biologica, quindi persone attente alla qualità del cibo.
Le ragioni del loro successo
«I surgelati vengono premiati dai consumatori per diverse ragioni: disponibilità in tutti i mesi dell’anno, varietà dell’offerta, trasparenza delle informazioni in etichetta, praticità, ottime materie prime. Non solo: acquistarli vuol dire abbattere lo spreco per via della loro lunga durata media, pari a circa 15-18 mesi», spiega Vittorio Gagliardi, ingegnere di processo dei prodotti surgelati presidente dell’Iias.
Una recente ricerca realizzata nell’ambito del progetto Reduce promosso dal Ministero dell’ambiente, lanciato per fotografare il fenomeno del food waste, lo conferma: i surgelati rappresentano solo il 2,5% del cibo che sprechiamo a livello domestico, contro il 63% degli alimenti freschi e il 30% di quelli confezionati a breve scadenza.
I prodotti più venduti
Rispetto allo scorso anno, nel 2018 oltre al +5% dei prodotti ittici, i dati delle vendite rivelano percentuali positive per le pizze (+2,1%), i piatti ricettati (+1,9%), le verdure al naturale (+1,8%) e le patate (+1%).
«Continua, invece, la frenata dei prodotti a base di carne, soprattutto rossa (-2,3%), dovuta ai nuovi stili alimentari emergenti che spingono i consumatori verso una dieta più ricca di vegetali», dice l’esperto.
Come vengono preparati
Cosa distingue un surgelato dai congelati che possiamo preparare anche in casa? «La surgelazione è un procedimento industriale caratterizzato dal cosiddetto fast-freezing, cioè il congelamento rapido, ed è regolata da un Decreto legislativo del 1992. Ogni parte del prodotto deve raggiungere una temperatura pari o inferiore a -18 °C nel tempo tecnicamente più breve possibile, temperatura che non deve essere superata fino al consumo. Così l’acqua e i liquidi cellulari si solidificano in minuscoli cristalli di ghiaccio che non danneggiano la struttura biologica dell’alimento e i nutrienti, e il sapore rimane inalterato. Tutti i cibi possono diventare dei “surgelati”; i gelati non sono considerati tali perché si conservano anche a temperature superiori a -18 °C», chiarisce Gagliardi.
Il rispetto delle procedure garantisce la sicurezza igienica: «I microrganismi responsabili del deterioramento dei cibi e quelli patogeni, in grado di provocare tossinfezioni nell’uomo, non sono in grado di riprodursi al di sotto dei -10 °C, sebbene non vengano necessariamente uccisi dal freddo. Per di più, nel caso di alimenti come i vegetali, l’attività enzimatica viene interrotta prima del surgelamento mediante il blanching (la scottatura in acqua o vapore). Non sono consentite aggiunte di additivi conservanti, fatta eccezione per i crostacei e le materie prime con cui vengono preparate alcune specialità trasformate come gli anelli di totano: l’unico conservante è il freddo», continua l’esperto.
Il confronto con i cibi freschi
Come abbiamo detto, dunque, la surgelazione garantisce il mantenimento delle proprietà nutritive dei cibi: «Per quel che riguarda i vegetali, nelle fasi che precedono la surgelazione, ovvero il lavaggio, la mondatura e la scottatura, può verificarsi una perdita di vitamine idrosolubili, come la C, che può raggiungere il 10%; tuttavia la scottatura in acqua o vapore rende l’alimento più stabile una volta surgelato, tanto che il contenuto di nutrienti risulta in media addirittura superiore rispetto a quello dei prodotti freschi conservati per più di 24 ore», rassicura la dottoressa Sara Gilardi, biologa nutrizionista a Torino, Livorno e Volterra. «Quanto al pesce, se si vive in località lontane dal mare, spesso è più fresco del “fresco” che arriva sui banchi delle pescherie diversi giorni dopo la cattura. La surgelazione, infine, non provoca danni alle proteine ma anzi le rende più digeribili», conclude la nutrizionista.
La catena del freddo
Per preservare la qualità e la sicurezza dei surgelati la catena del freddo non deve essere interrotta prima del consumo: sono consentite solo minime fluttuazioni di temperatura (non più di 3 °C).
«Quando nella confezione ci sono zone molto brinate o gli alimenti, per esempio le carote a rondelle, appaiono saldati in blocchi è meglio evitare l’acquisto, significa che la catena si è interrotta. Il consumatore deve prendere, poi, queste altre precauzioni: acquistare i surgelati al termine della spesa, utilizzare borse ad hoc per il trasporto, metterli nel freezer di casa il più rapidamente possibile e scongelarli seguendo i consigli indicati sulla confezione. Molti non devono essere scongelati prima della cottura, altri vanno lasciati in frigo per circa 12 ore», dice Vittorio Gagliardi.
Le confezioni
I surgelati devono essere venduti in confezioni chiuse dal fabbricante e preparate con materiale idoneo a proteggere il prodotto dalle contaminazioni microbiche e dalla disidratazione.
«L’imballo è talmente importante che la legge considera “congelati” i prodotti venduti sfusi, anche se tecnicamente “surgelati”, perché non hanno il requisito della confezione sigillata all’origine», dice l’igegnere Vittorio Gagliardi. «Questa, tra l’altro, fornisce informazioni indispensabili al consumatore, ovvero: la denominazione di vendita, che deve essere completata dalla parola “surgelato”; l’area di pesca nel caso dei prodotti ittici; il produttore; il momento della prima surgelazione; una dicitura che invita a non ricongelare l’alimento una volta scongelato; la data di durabilità minima espressa in genere in mese e anno; le indicazioni su conservazione e consumo e le valenze nutrizionali. I materiali utilizzati per le confezioni devono essere impermeabili all’acqua, al vapore, ai grassi e agli acidi. Gli imballaggi più diffusi sono il sacchetto di plastica e la vaschetta di plastica o di alluminio con un involucro di film plastico e un astuccio in cartoncino».
Perché non devi ricongelarli
«Le ragioni sono due. La prima è di natura igienica: con lo scongelamento si riattivano e si moltiplicano i batteri naturalmente presenti nei cibi prima della surgelazione. Quindi, per evitare il rischio di intossicazioni, devono essere preparati e mangiati in breve tempo. Qualora, invece, prima di ricongelarli vengano cucinati, non ci sono pericoli perché la cottura elimina i germi. La seconda ha a che fare con la composizione nutrizionale: nel freezer di casa i liquidi cellulari scongelati e poi ricongelati si trasformano in grossi cristalli di ghiaccio, poiché il raffreddamento avviene lentamente. Questi “rompono” la struttura dell’alimento, che subisce una perdita di proteine, vitamine e sali minerali», spiega la dottoressa Sara Gilardi.
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Articolo pubblicato sul n. 47 di Starbene in edicola dal 6/11/2018