C’è chi ha il ciclo mestruale puntuale come un orologio svizzero: 28 giorni spaccati. E chi invece è in balìa di fluttuazioni ormonali e lamenta un ritmo mestruale “ballerino”, che fa un po’ quello che vuole. A volte anticipa, altre ritarda o da forfait, saltando a pié pari l’appuntamento mensile. Problemi che, secondo recenti dati SIGO (Società Italiana di Ostetricia e Ginecologia), interessano il 55% delle italiane, alle prese con irregolarità mestruali di ogni tipo.
Sorge, quindi, spontanea una domanda: può la nostra dieta quotidiana aiutare il ciclo a rimettersi in carreggiata, dal momento che il buon bilanciamento ormonale dipende anche da ciò che mangiamo? Certo che può. Lo dimostra il nuovo libro Alimentazione al femminile, scritto dalla biologa nutrizionista Laura Coluccio, che svela i sottili fili che legano tavola e ciclo, dieta e ciclicità del flusso. E poiché tra i disordini più frequenti c’è la sindrome premestruale (SPM), che colpisce le donne più giovani, e il ciclo senza intervallo regolare che riguarda invece il climaterio (quel lungo periodo che preannuncia la menopausa) abbiamo rivolto alla dottoressa Coluccio alcune domande per scoprire quali siano i cibi “sì” e “no” in queste due fasi delicate della vita.
Sindrome premestruale: i disturbi più comuni
La SPM è dovuta a uno squilibrio nel rapporto tra estrogeni e progesterone che si verifica nella settimana precedente l’arrivo delle mestruazioni. Questo squilibrio è parafisiologico, nel senso che entro certo limiti avviene per poter consentire all’endometrio (il rivestimento dell’utero) di sfaldarsi e dare quindi il via all’emorragia mestruale. Tuttavia in molte donne gli sbalzi ormonali, in particolare il crollo di estrogeni e l’aumento relativo del progesterone, creano non pochi disturbi: irritabilità, che scivola nella tendenza alla depressione, ritenzione idrica e tensione al seno, che può aumentare anche di una taglia, gonfiore addominale accompagnato a volte da crampi, emicrania e alterazioni dell’alvo.
«In genere, io invito le donne a inserire i sintomi riscontrati in una checklist, contrassegnando con un pallino quelli che si presentano ogni mese e con un asterisco quelli occasionali, in modo da avere un quadro completo della situazione e da affrontare ogni singolo problema, evitando facili sintesi del tipo “mi sento indisposta”. Perché un’alimentazione oculata può contribuire in modo concreto a risolvere o ridurre certi disturbi. Non dimentichiamo che il cibo è la nostra prima medicina», chiarisce la dottoressa Coluccio.
Sindrome premestruale: come contrastare l’irritabilità
È il sintomo più riportato dalle donne che soffrono di SPM, un malessere che è fisico e psicologico insieme. Nervosismo, stanchezza immotivata, difficoltà di concentrazione, sonnolenza diurna e disturbi del sonno, che non viene percepito come realmente ristoratore, e persino l’emicrania martellante possono durare anche sette-otto giorni. Tutti disturbi dovuti al calo di serotonina, il neurotrasmettitore del benessere (o, come dicono alcuni, la “molecola della felicità”) che va a picco nella settimana prima del ciclo.
Per la legge di compensazione, inconsciamente la donna ricerca cibi ricchi di triptofano, il precursore chimico della serotonina, passando dalla focaccina al pane, dai biscotti alla Nutella e ai cioccolatini di ogni tipo. È il cosiddetto carb craving, l’irresistibile voglia di carboidrati che assale le donne, nel tentativo di riequilibrare i livelli di serotonina.
«Ma questo desiderio di dolci ha un caro prezzo. Al momento il triptofano aiuta, ma i picchi glicemici sono seguiti da un ineluttabile down, in cui si avverte la fame nervosa più di prima. Appena la glicemia scende, infatti, riparte la voglia insoddisfatta di dolciumi. Per tenere alto il tono dell’umore, il mio consiglio è di puntare su alimenti ricchi di magnesio e di vitamine del gruppo B (soprattutto la B6 e la B12) che giocano un ruolo importante nel regolare gli stati di ansia, tristezza e agitazione. Il magnesio abbonda nei cereali integrali, nella verdura a foglia verde, nelle noci, nelle mandorle e nel cioccolato fondente extra, mentre le vitamine B6 e B12 si trovano negli alimenti proteici come legumi, carne, pesce e uova», spiega l’esperta.
I cibi giusti per i disturbi dell’alvo
Le elevate concentrazioni di progesterone sono in genere correlate a un aumento della stipsi nella cosiddetta fase luteale, cioè quel periodo che va dall’ovulazione (che avviene intorno al 14° giorno, per chi ha un ciclo regolare) all’inizio del flusso mestruale. Normalmente, si ha una moderata stitichezza che poi vira verso episodi di diarrea nei primi giorni del ciclo. A volte sono presenti anche i crampi addominali, dovuti sia agli spasmi dell’utero che si contrae per espellere il sangue sia all’alterata motilità intestinale, influenzata dagli sbalzi ormonali.
Cosa mangiare e non mangiare in questi casi? «Nella fase dominata dalla stitichezza occorre introdurre più fibre, innaffiate da almeno otto bicchieri di acqua lontano dai pasti: cereali integrali (come i fiocchi o i bastoncini di crusca d’avena, da consumare a colazione), verdure di stagione e legumi. In presenza di dissenteria, che spesso inaugura il ciclo, occorre invece frenare sulle fibre, eliminando i cibi sopra elencati fino a quando l’intestino si ristabilizza», consiglia la nutrizionista.
Premenopausa: che cosa fare se il ciclo si accorcia
Già dopo i 40 anni molte donne entrano nel climaterio, la lunga parentesi tra l’età fertile e la menopausa conclamata. È una tappa del tutto fisiologica, che non va vista come una malattia da curare ma che esige ancora di più uno stile di vita sano e un’alimentazione controllata, rinunciando a fumo, alcolici e a tutto quel comfort food (caramelline, snack dolci e salati “da macchinetta”) che favorisce la resistenza periferica all’insulina, anticamera del diabete.
Durante il climaterio circa il 50% delle donne lamenta cicli ravvicinati (ogni 20-22 giorni), spesso accompagnati da flusso abbondante. Segnalano un’insufficienza della fase luteinica, quella dominata dal progesterone che caratterizza la seconda parte del ciclo.
«In questi casi, dall’ovulazione in poi è bene ridurre il consumo di carni rosse e di insaccati, che aumentano i livelli di estrogeni, e portare in tavola almeno tre volte alla settimana del pesce fresco selvaggio, ricco di Omega 3 che svolgono un’importante azione antinfiammatoria. Alleati delle “over 45” sono anche i cereali integrali, le cui fibre agiscono da modulatori della glicemia e presiedono a un buon equilibrio ormonale. L’ideale è alternare frumento, grano saraceno, avena, farro, miglio, quinoa, amaranto e riso. E naturalmente tante verdure, crude e cotte, con cui iniziare i pasti per favorire la sazietà ed evitare di mangiare troppo. Va infine sottolineato che avere cicli ravvicinati significa mestruare molto di più nell’arco di un anno, anche 18 volte. C’è quindi il rischio di anemia sideropenica, rivelata dall’emoglobina del sangue, con conseguente astenia, mal di testa, insonnia, irritabilità e fiato corto. Per evitare questo problema, è bene consumare carne rossa e bianca, pesce azzurro (soprattutto sardine), uova, legumi e frutta secca a guscio (noci, mandorle, nocciole, arachidi e pistacchi)», spiega la dottoressa.
Chi è vegetariana e ha un veto sui cibi di origine animale, per alzare l’emogloblina deve prendere un integratore di ferro, acido folico e vitamina B12.
Oligomenorrea, se invece l’intervallo si allunga
Il 50% delle donne in premenopausa soffre di oligomenorrea. Significa che l’intervallo tra un ciclo mestruale e l’altro si allunga, e il flusso si manifesta ogni 32, 35 o anche 40 giorni. A volte, il ciclo salta del tutto gettando la donna in allarme, per il timore di essere già entrata in menopausa. La staffetta degli ormoni, infatti, viene alterata al punto tale da non registrare più una regolare sequenza di estrogeni e progesterone.
Le donne molto magre, che hanno scarsi depositi di grasso (il tessuto adiposo è un organo endocrino), possono incorrere in un deficit di estrogeni già dopo la prima boa degli anta, con i conseguenti salti mestruali. Come può la dieta venire in aiuto? «Aumentando l’introito di legumi, ricchi di fitoestrogeni: fagioli, fave, ceci e piselli forniscono cumestani e lignani, mentre la soia, consumata sia sotto forma di germogli sia come tofu, crackers, latte, yogurt o bistecca vegetale, apporta preziosi isoflavoni, la cui regina incontrastata si chiama genisteina. Assolvono il compito di fornire fitormoni anche altri germogli, freschi e gustosi in insalata, come quelli di crescione e di trifoglio rosso. Consiglio infine di rispolverare le erbe aromatiche: basilico, salvia e rosmarino, in particolare, apportano fitoestrogeni, polifenoli ad azione antiossidante e antinfiammatoria, nonché il calcio, utilissimo per prevenire l’osteoporosi», spiega l’esperta.
I menu per riequilibrare gli ormoni
Sono stati studiati per contrastare la sindrome premestruale, ma vanno benissimo anche per chi sta entrando in menopausa e assiste impotente ai capricci ormonali e all’aumento del peso. Ecco lo schema settimanale suggerito dalla dottoressa Laura Coluccio.
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