La testimonianza di Valerio Battisti, 34 anni, di Monterotondo (Roma)
Nel 2006 un maledetto tumore si è portato via mio zio. Ho ancora davanti agli occhi i suoi ultimi giorni di vita, la sua sofferenza e il nostro dolore. In quel periodo, poi, mi guardavo in giro e mi sembrava di trovarmi in mezzo a una specie di terribile epidemia perché a provare la stessa esperienza erano miei amici, compagni di università, vicini di casa: tanti dovevano dire addio a un loro caro malato di cancro. Allora ho capito che le lacrime, il silenzio e il tormento per la perdita affettiva non mi avrebbero portato da nessuna parte. Anzi, mi avrebbero consumato e tolto la mia proverbiale grinta. Meglio trasformare la rabbia in qualcosa di costruttivo.
All’epoca facevo già volontariato ma era un impegno sporadico, avevo bisogno di ingranare la quarta. Così ho chiamato l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), che mi ha proposto di creare un gruppo di volontari proprio a Monterotondo, il paese alle porte di Roma in cui vivo. Quel giorno, era il 2007, è partita la mia avventura, ho iniziato il mio cammino su questa strada. Sì, uso questa parola perché lo considero proprio un percorso, che ha una meta ben precisa e mi sta facendo crescere. Lo scopo? Essere incisivo nella realtà, sostenere davvero gli scienziati che studiano test diagnostici e terapie innovative: lavoro in farmacia e incontro ogni giorno i malati, conosco molto bene quello che provano.
Una prova di autostima
A livello personale, invece, sono diventato uomo anche grazie a questa esperienza. L’ho iniziata a 24 anni e mi ha aiutato a combattere i dubbi e i tentennamenti di quell’età. Quando organizzo i vari appuntamenti, dalle Arance della salute all’Azalea della ricerca fino ai cioccolatini, devo avere le idee chiare, occuparmi degli aspetti pratici, coordinare gli altri volontari. Così ho imparato a essere deciso e veloce, a focalizzare gli obiettivi e a faticare per raggiungerli, senza mollare mai, e utilizzo questo modo di pensare e agire in tutti gli ambiti della mia quotidianità.
Insomma, il volontariato mi ha regalato una forte iniezione di autostima: sono responsabile, anzi protagonista. Ogni singola pianta venduta, ogni euro raccolto è anche merito mio e mi dimostra di essere una persona valida. Genitori e amici, poi, mi hanno sempre rimproverato perché tendo a essere un po’ troppo autoritario, mi trasformo in un leader “dispotico”. In Airc, invece, si collabora in gruppo: ascoltando gli altri volontari ho capito che aprirsi alle opinioni non sminuisce le mie sicurezze, anzi il confronto mi apre la mente.
Vivo emozioni dimenticate
E a proposito di volontari, il team di Monterondo assomiglia a un inno all’ottimismo: sono l’unico uomo, le altre sono donne e tutte under 30, in barba a chi ci definisce bamboccioni. Quando ci ritroviamo in piazza mi connetto con il mondo, riscopro lo slancio di una risata, di una stretta di una mano o di una confidenza. Tutte piccole cose che oggi si rischia di dimenticare perché si vive schiacciati dalla routine e nascosti dietro agli schermi degli smartphone. Invece a ogni raccolta fondi mi sembra di andare a scuola di umanità. Non solo, imparo a relativizzare tutto.
Sono pronto a qualsiasi sfida
C’è un episodio, in particolare, che racchiude al meglio l’essenza di questo aspetto. Una volta stavo montando il banchetto in occasione delle Arance della salute.
Ero assorto nei miei pensieri: in quel periodo avevo qualche piccolo problema al lavoro e non ero soddisfatto della mia situazione sentimentale, mi lamentavo spesso ma senza affrontare davvero quello che non andava. Mi si è avvicinata una ragazza e mi ha detto che non vedeva l’ora di dare il suo contributo perché aveva appena perso una persona cara. Mi sono sentito davvero stupido: recriminare per questioni risolvibili quando il dolore vero è altro, è qualcosa che ti annienta. Da allora me lo ripeto ogni giorno e mi sento più forte e grintoso. È come un circolo virtuoso: faccio del bene e io per primo sto bene, mi sento migliore, completo e pronto alle piccole grandi sfide quotidiane. Il volontariato, insomma, assomiglia a una specie di “ricarica”.
In queste settimane, poi, ho una nuova carica. Sono stato scelto da Airc come volto della campagna per l’iniziativa “I giorni della ricerca”. In fondo, la generazione dei miei genitori è andata sulla Luna, noi possiamo combattere il cancro.
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Generazione impegnata
Sono oltre 7 milioni gli italiani che dedicano parte del loro tempo ad aiutare gli altri. A dirlo è il rapporto Istat, che fotografa le nuove forme di impegno sociale. «4 milioni di persone fanno parte del fenomeno classico, quello che aderisce a onlus e associazioni, è strutturato e ha una forma organizzata» spiega Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia all’università degli Studi di Milano e curatore del volume Volontariato post-moderno (Franco Angeli).
«Altri 3 milioni, invece, si mobilitano per i singoli eventi, come l’accoglienza degli immigrati o l’aiuto ai terremotati. In entrambe le forme sono tantissime le donne, crescono i giovani e i pensionati. L’universo femminile è spesso protagonista del settore: si direbbe quasi una questione genetica, perché ragazze e signore sono predisposte all’ascolto, all’empatia e infatti sono molto ricercate da associazioni, che le ritengono preziose e affabili anche a lungo termine.
Crescono i giovani e i pensionati. Per i giovani questo impegno diventa l’occasione per rafforzare la propria personalità, per aumentare la considerazione agli occhi degli altri ed è anche un modo per sviluppare competenze inedite e utili sul fronte professionale. Per i senior, invece, è la strada più gratificante per non sentirsi tagliati fuori dal mondo e per dare slancio a una nuova fase della vita. Non dimentichiamo poi anche il popolo nutrito dei volontari over 25: si tratta della cosiddetta “generazione anni Ottanta”, quelli penalizzati dalla crisi, che guadagnano meno dei genitori. Ecco, il volontariato incanala la loro rabbia, la frustrazione, il senso di impotenza, la paura di essere esclusi dal giro che conta, e li fa sentire importanti e utili».
La raccolta fondi
Fino al 5 novembre 2017 Airc è nelle piazze italiane con la ventesima edizione de “I giorni della ricerca”, l’appuntamento, per raccogliere fondi. L’evento clou sono i Cioccolatini della ricerca, in vendita nelle piazze il 4 novembre.
Diventa anche tu volontario Airc! Clicca qui.
Articolo pubblicato nel n° 46 di Starbene in edicola dal 31 ottobre 2017