Buttarla sul ridere quando si attraversa un periodo di difficoltà, cogliere il lato comico della situazione non la risolve certo, ma è comunque uno strumento per fare un break dal dolore e cambiare punto di vista. Lo spiega Jenny Jägerfeld: psicologa svedese, ha scritto il libro per ragazzi Miss Comedy Queen. Una risata può cambiare il mondo, o forse no? (De Agostini). Protagonista Sasha, 12 anni, una madre suicida, un grande peso nel cuore e un eccentrico progetto per elaborare il lutto: diventare la regina del cabaret, una comedy queen, appunto. Lei non vuole piangere ma fare divertire, ridere invece di singhiozzare.
Perché nel romanzo Miss Comedy Queen mescola lacrime e risate?
Ridere è un meccanismo potente di autodifesa, soprattutto nei momenti in cui si è addolorati, preoccupati o ansiosi. L’ho notato con i miei pazienti: è piuttosto frequente sentirli fare una battuta e vederli ridere quando stanno raccontando eventi pesanti. Non si tratta di un paradosso, è negli spunti spassosi che hanno il distacco giusto per vedere le cose in un’ottica più facile. Questo è il senso dell’utilità della risata, liberatoria e incoraggiante: concede una pausa dalle difficoltà e, insieme, aiuta a riconsiderare la realtà da una prospettiva diversa.
L'allegria fa d'ansiolitico?
Realisticamente, la risata non è una pozione magica né una medicina miracolosa che annulla tutte le difficoltà. Quelle, quando ci sono, rimangono. Ma ironizzare su se stessi o su una situazione interrompe il flusso dei pensieri negativi, fa vedere le cose in modo più obiettivo, carica di energia. Perché ci rende fiduciosi nel futuro, che ce la possiamo fare, che sarà più semplice andare avanti. È una soluzione creativa ai problemi, visto che permette altre opportunità di vita. Insomma, una battuta è riflessione e divertimento, in un unico istante.
Ma si nasce o si può imparare a essere spiritosi?
La gran parte delle persone divertenti sono così, hanno nel loro Dna la capacità di cogliere il lato buffo delle cose e restituirlo nei tempi e con le parole giuste. Comunque, si può anche diventare divertenti. Qui, gioca molto l’aria di famiglia che si respira. Se un bambino di due, tre anni dice qualcosa che fa ridere gli adulti e capisce che le sue trovate catturano l'attenzione, sarà portato a sviluppare il suo lato farsesco. Crescendo, poi, dovrà dare il giusto equilibrio allo scherzo: una persona che ride sempre e comunque, non è credibile. Come non è piacevole chi non concede mai un sorriso a niente e nessuno.
Quanto conta fare crescere i figli con senso dell’umorismo?
L'importante è fare capire ai ragazzi che in qualsiasi situazione c’è sempre un quid comico. Quindi, sdrammatizzare va bene, può aiutare a ridimensionare i problemi, ad avere fiducia in se stessi (e nella vita), a crescere con meno fatica. Ma non deve essere un obbligo: si può essere ottimi genitori e allevare ragazzi splendidi anche in un clima di austerità!
Come si educa un bambino a essere ironico?
Facendogli notare le cose comiche nei piccoli eventi quotidiani. Siamo venute male in un selfie? Mostriamolo, è una lezione di leggerezza. O riguardiamo insieme una scena divertente di un film: alimenta la vena comica. Poi, prendiamo nota delle frasi buffe che dicono i ragazzi, per incoraggiarli a essere spiritosi. Se dobbiamo rimproverarli, facciamolo simpaticamente, li renderà più indulgenti di fronte ai loro (e altrui) difetti e capaci di scherzarci su.
E abituiamoli ad ascoltare l’ambiente umano in modo attivo. L’umorismo, infatti, può essere visto in tanti modi diversi, però si alimenta sempre con l'empatia: solo chi è coinvolto nella situazione che sta vivendo è in grado di cogliere i lati divertenti della questione.
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