In media, senza accorgercene, deglutiamo circa seicento volte al giorno. Un gesto naturale, automatico, ma che per alcune persone può diventare così angosciante da scatenare un attacco di panico. L’anginofobia è la paura irrazionale di deglutire, nella convinzione che qualcosa possa andare di traverso (cibo, farmaci, acqua e, nei casi più gravi, la stessa saliva), portando al soffocamento.
«Chi ne soffre potrebbe evitare di assumere alcuni cibi ritenuti più pericolosi di altri, avere paura di bere o, al contrario, mangiare soltanto alimenti liquidi», descrive il dottor Giampaolo Falasca, specialista in Psicologia e psicoterapia a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria. «Tutto questo può sfociare in carenze nutrizionali e perdita di peso, ma anche in pesanti conseguenze relazionali, perché gli anginofobici si isolano e rinunciano alle occasioni sociali che prevedano colazioni, pranzi, cene o aperitivi».
Poco per volta, i pasti perdono il loro aspetto piacevole e conviviale, diventando un’esperienza di puro terrore.
Quali sono i sintomi dell'anginofobia
Chi ha paura di deglutire mostra segni piuttosto inequivocabili, come agitazione durante i pasti, controllo maniacale del cibo, masticazione lenta, abitudine di sminuzzare finemente il cibo e rifiuto di alcuni alimenti considerati “pericolosi”. Tra l’altro, l’aumento della tensione muscolare dovuto all’ansia può coinvolgere anche i muscoli della gola, rendendo più difficoltosa la deglutizione e innescando di conseguenza un vero e proprio circolo vizioso, complicato da interrompere.
«Questo senso di angoscia inizia molto prima dei pasti, perché l’anginofobia è caratterizzata dalla cosiddetta ansia anticipatoria: significa che anche i momenti precedenti vengono vissuti con inquietudine, che può evolvere verso un vero e proprio attacco di panico», spiega il dottor Falasca. «Quest’ultimo, infatti, è caratterizzato proprio da una sensazione di soffocamento, come se mancasse l’aria, che nell’anginofobia si “concentra” nella gola e si traduce nell’irrazionale timore di deglutire».
Quali sono le cause dell'anginofobia
Nella maggior parte dei casi, l’anginofobia deriva da un’esperienza traumatica capitata in prima persona (come una caramella o un pezzo di mela andati di traverso) oppure accaduta ad altri, mentre si era spettatori. «A quel punto, la persona tende a mettere in atto soluzioni comportamentali disfunzionali, per esempio iniziando a eliminare cibi analoghi in maniera progressiva: dalla mela si passa alla pera, poi alla frutta in generale e dopo a carne, pasta, pane, riducendo progressivamente la gamma di alimenti considerati innocui e seguendo una dieta sempre più restrittiva», evidenzia l’esperto.
Ma perché la stessa esperienza negativa viene superata senza problemi da alcuni, mentre in altri può scatenare l’anginofobia? «Magari la persona che diventerà anginofobica sta attraversando un periodo di forte stress psicologico, dovuto a lutti, separazioni, malattie, cambiamenti, traslochi o licenziamenti. La fragilità può aprire la strada a situazioni di ansia», ammette l’esperto.
Come si diagnostica l'anginofobia
Prima di ipotizzare l’anginofobia, è bene escludere altre cause di deglutizione difficoltosa, come la disfagia, una difficoltà nel mandare per il “verso giusto” cibo e liquidi, che rischiano di essere veicolati nelle vie respiratorie anziché nello stomaco. Spesso, alla base di questa condizione, esiste una patologia a carico dello sfintere esofageo inferiore (la valvola che consente al cibo di passare allo stomaco e poi si chiude per impedire agli acidi gastrici di risalire nell’esofago) oppure possono esserci anomalie (tumori, stenosi o diverticoli) che ostacolano il transito del cibo per colpa di un’ostruzione meccanica.
Ecco perché il medico di base o un gastroenterologo possono prescrivere una gastroscopia, una radiografia dell’esofago ed eventualmente la manometria esofagea, un esame utile per valutare la motilità dell’esofago. «Una volta escluse le cause organiche, è possibile che si tratti di una problematica psicologica», ammette il dottor Falasca.
«A quel punto, c’è anche la possibilità di monitorare contemporaneamente varie risposte fisiologiche, come il respiro, il battito cardiaco, la sudorazione delle mani, la tensione muscolare e la temperatura corporea, sia in condizione di riposo che di stress, sfruttando video, immagini o suoni. Qualora le risposte fisiologiche risultino “esagerate” rispetto alla norma, è possibile ipotizzare che quella persona reagisca in maniera smodata rispetto a uno stimolo, cibo compreso».
Come si cura l'anginofobia
Per guarire dall’anginofobia, è bene rivolgersi a uno specialista per capire le origini del problema e studiare le strategie utili per interrompere il meccanismo che lo scatena.
«A seconda del caso e in base all’età del paziente, si insegnano strategie cognitivo comportamentali che conducano a sperimentare piccoli e progressivi “rischi” quotidiani rispetto all’assunzione del cibo, iniziando da bocconi piccolissimi per incrementare progressivamente le quantità», riferisce il dottor Falasca.
Si parte da ciò che viene vissuto come meno pericoloso, reintroducendo gradualmente cibi dalla consistenza diversa attraverso vere e proprie esperienze emozionali correttive. «La persona impara così a mantenere l’ansia sotto controllo, a rilassarsi e a modificare la sua percezione mentale della deglutizione, trasformandola da disfunzionale in funzionale e sana», conclude l’esperto.
Fai la tua domanda ai nostri esperti