di Isabella Colombo
Lettone sì, lettone no. Dopo anni di dominio del metodo Estivill, che insegna ai genitori come far dormire i bambini da soli, sembrano avere la meglio le tesi contrarie. Un nuovissimo saggio I cuccioli non dormono da soli. Il sonno dei bambini oltre i metodi e i pregiudizi (Mondadori, 18 e) di Alessandra Bortolotti, psicologa perinatale, rivaluta i vantaggi del co-sleeping, il sonno condiviso. «Cultura e antropologia su questo argomento hanno sempre fatto a pugni», spiega l’autrice. «Nella nostra società, tenere i bambini nel lettone viene considerato un pericolo per la conquista della loro autonomia. Ma dormire accanto a chi si vuole bene, proprio come fanno mamma e papà, è una cosa istintiva e naturale».
Sì perché sono tanti i benefici del co-sleeping. «Quando si allatta, la mamma non deve alzarsi e così, finita la poppata, si addormenta subito insieme al figlio, non perde sonno ed è più tranquilla. In più, stare vicini ai genitori fa crescere bambini sereni e sicuri», sostiene la dottoressa Bortolotti. «E le coccole, così importanti per la relazione mamma-papà-figlio, sono sempre garantite». «Soprattutto quando i genitori sono via tutto il giorno, hanno pochi momenti per stare con il piccolo e godere di quella beatitudine che è l’intimità», aggiunge la psicoterapeuta Paola Scalari.
Purché si faccia attenzione. «La sicurezza è la prima regola. Però, dormire insieme non vuol dire per forza stare tutti nel lettone», continua l’esperta. «Si può usare una culla con la sponda rimovibile che si attacca al letto ma garantisce al piccolo uno spazio tutto suo (vedi qui di seguito). Chi preferisce la formula “uno accanto all’altro” starà attento che non ci siano spazi dove il piccolo potrebbe incastrarsi e coperte che finiscano sul viso. Bisogna, cioè, superare il tabù e informarsi su quale sia la soluzione più sicura e che faccia star bene tutti».
Naturalmente, il co-sleeping non è obbligatorio per instaurare una buona relazione, ma i genitori devono sapere che possono farlo, senza sensi di colpa. «E senza darsi scadenze o regole fisse: arriverà il momento in cui sarà naturale per il bambino dormire da solo, così come arriva quello in cui cammina. È un’evoluzione naturale e mettere paletti non serve», dice Bortolotti. Come per ogni altra conquista che riguarda i bambini è meglio ragionare per obiettivi.
«I genitori aiuteranno il figlio a domire da solo nel proprio letto con un passaggio graduale », suggerisce Scalari. «Per esempio, un po’ nel lettone e poi da soli, oppure “ti tengo la mano finché non ti addormenti”. Magari quando staranno male torneranno nella camera di mamma e papà ma questo non vuol dire compromettere il percorso di autonomia».
Le culle per stare più vicini
Si chiamano Bedside Cots e sono le culle con una sponda removibile e dei ganci per attaccarle facilmente al lettone. Così si dorme vicini, ma ognuno nel proprio spazio. Sono comode soprattutto quando si allatta, perché la mamma non deve alzarsi dal letto e basta un gesto per spostare il bebè accanto a sé. Vuoi provare? Le trovi su chicco.it; bednest.com e babybay.de.
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Articolo pubblicato sul n. 7 di Starbene in edicola dal 02/02/2016