Il governo Monti ha proposto una tassa sul junk food (cibo spazzatura) per sovvenzionare le casse del Servizio sanitario nazionale (Ssn) e finanziare in particolare l'edilizia ospedaliera.
In tal modo l'esecutivo interviene indirettamente sulle cattive abitudini alimentari degli italiani che registrano crescenti tassi di obesità, ritenuta responsabile degli oltre 50mila decessi l'anno per patologie correlate.
I consensi alla proposta giungono da più parti. La prima è stata la governatrice del Lazio, Renata Polverini, secondo la quale "il messaggio può passare anche in termini di prevenzione e abitudini alimentari e di vita migliori".
Il costo dell'obesità per il Ssn è pari a 25 miliardi di euro all'anno, circa un quarto della spesa sanitaria nazionale totale. Anche le abitudini alimentari, infatti, contribuiscono ad aumentare i fattori di rischio per molte malattie e a compromettere la salute generale della popolazione. Nel nostro Paese, secondo i dati dell'ultimo Rapporto OsservaSalute, più di un terzo degli adulti è in sovrappeso e circa una persona su 10 è obesa. In totale quindi, il 45,4% della popolazione adulta ha grasso in eccesso, con una prevalenza maggiore nelle regioni meridionali. Ed è in sovrappeso quasi un terzo dei bambini.
Una situazione paradossale per l'Italia, patria della Dieta Mediterranea, riconosciuta patrimonio Unesco. Oggi, solo meno del 6% degli italiani consuma le cinque porzioni di frutta e verdura giornaliere raccomandate, con percentuali un po' superiori nelle regioni dove è più diffusa l'abitudine di pranzare fuori casa. In generale nel Belpaese ingeriamo troppi grassi, zuccheri semplici e bevande alcoliche, pochi cereali. Anche se sul fronte del dessert riusciamo a contenerci, aumenta il consumo di snack salati e bevande gassate, non certamente indicati per la salute.
Inoltre, secondo uno studio dell'Università del Michigan (Usa) pubblicato sulla rivista Critical Public Health, nei Paesi in cui ci sono molti fast food, i tassi di obesità sono mediamente più alti rispetto alle nazioni in cui il rapporto con il numero di abitanti è inferiore.