Sommersi dalla plastica

La bottiglietta d’acqua? Plastica. Il contenitore del pranzo di oggi? Plastica. La cover del telefonino? Di plastica. Lo spazzolino per i denti? Pure quello. Ormai siamo circondati  e neppure ce ne accorgiamo essendo una componente presente in quasi tutti gli oggetti che utilizziamo. Tanto utile quando dannosa: perché non è biodegradabile e quindi rimane per centinaia di anni nel terreno, o ancor peggio, finisce in mare, modificando la chimica degli oceani e distruggendo l’ecosistema. Con irreparabili conseguenze anche sulla nostra salute, visto che gli oceani ricoprono il 70% della superficie terrestre. La nuova minaccia è rappresentata dalle microplastiche: sono frammenti inferiori a 5 millimetri che finiscono nei fiumi e poi in mare e vengono ingerite dai pesci o filtrate da cozze, vongole e altri molluschi che le assorbono e poi finiscono sulle nostre tavole. Vengono prodotte dalla scomposizione di grandi pezzi, dalle bottiglie, dai flaconi, dalle reti lasciate in mare, e anche da cosmetici che contengono microgranuli come detergenti, dentifrici, creme solari e scrub. In attesa di una regolamentazione legislativa, potremmo noi evitare quei cosmetici che contengono queste “microsfere” tossiche. Sulle etichette vengono indicate come PE, PP, PET e PMMA. Basti pensare che dopo essere finite in mare e essere state mangiate dai pesci, finiscono nei nostri piatti: secondo una ricerca dell’Università di Ghent, in Belgio, chi consuma abitualmente pesce ingerisce circa 11mila frammenti di plastica ogni anno, con il rischio che questi inquinanti interferiscano con il nostro sistema ormonale. Alla fine uno dei modi più efficaci per diminuire l’inquinamento determinato dalla plastica è riciclarla. Una bottiglia può tornare a essere materia prima, creando lavoro, nuove professionalità e nuove imprese. Ad esempio dalle scaglie di pet si ricavano magliette , pile, piumini e cruscotti per la macchina. Ma c’è di più, perché ora esiste anche un tipo di plastica biodegradabile: Bio-On, azienda impegnata nello sviluppo della chimica naturale e sostenibile, ha brevettato un poliestere naturale che ha le stesse caratteristiche fisiche e meccaniche della plastica ottenuta dal petrolio. La differenza sta nel fatto che è facilmente smaltibile nell’ambiente ed è naturale perché generata da migliaia di batteri presenti da migliaia di anni sulla terra. E si può usare per produrre bottiglie, flaconi, microsfere per cosmetici e perfino paraurti. Insomma, il modo per liberarci della vecchia e nociva plastica, è già stato trovato.