Occhio alle patatine in busta

Dicono che siano lo snack preferito dai bambini, ma le patatine fritte piacciono un sacco anche a noi adulti. Basti vedere i numeri: in Italia il business delle patatine in busta alimenta 3 miliardi di euro l’anno. Numeri incredibili. Ma la domanda che ogni genitore e ogni nonno si fa è se si possono dare serenamente ai bambini. È vero che fanno ingrassare se mangiate tutti i giorni e che bisognerebbe controllare gli olii in cui sono fritte, ma non tutti sanno che la metà di quelle in commercio contengono una sostanza tossica non segnalata sulle etichette. Si tratta dell’acrilammide, e non è indicata tra gli ingredienti, perché non è utilizzata intenzionalmente, ma si forma talvolta durante la frittura. Lo ha evidenziato un’indagine sulla sicurezza alimentare. La formazione di questa sostanza è dovuta per lo più alle reazioni chimiche che coinvolgono zuccheri e amminoacidi sottoposti alle alte temperature durante la cottura. Tanto che il 50% delle patatine in busta presenta concentrazioni superiori ai valori indicati dalle linee guida europee dell’Autorità per la sicurezza alimentare. Ma che rischi comporta l’acrilammide? Diversi studi hanno evidenziato che può essere neurotossica e cancerogena in quanto dopo averla ingerita, viene assorbita dal tratto gastrointestinale per poi essere metabolizzata e espulsa attraverso le urine. Il problema sta nel fatto che prima si distribuisce in tutti i tessuti, compreso l’eventuale feto. Ma quindi che fare? Il consiglio degli esperti è quello di non comprare quelle che costano poco: le aziende serie garantiscono un’attenzione scrupolosa durante tutti i passaggi dei processi produttivi, così come attenzione viene posta sui tempi di cottura e sulle temperature, essenziali per evitare l’innesco della reazione tossica. Quindi meglio spendere qualche centesimo in più per una busta di patatine fritte, per stare più tranquilli.