La battaglia del grano

Sempre più italiani si fanno la pasta in casa. Una bella tradizione, tramandata dalle nostre nonne, che sembrava essersi persa e che invece sta riscoprendo nuova vita. Forse anche perché molti italiani lamentano una qualità della pasta più scadente rispetto a un tempo. Non è un caso se è in atto una vera e propria battaglia tra agricoltori e pastai italiani: è infatti scoppiata la guerra del grano duro. L’accusa di Coldiretti è che ne compriamo troppo all’estero. La conseguenza è che gli agricoltori sono costretti a vendere il loro sottocosto per non essere strozzati. Ma questo incide sulla salute di noi consumatori. Nel mirino sono finiti soprattutto i chicchi provenienti dal Canada, che rappresentano il 30% di quelli importati, seguiti da Stati Uniti, Kazakistan e Francia. L’Italia è il primo produttore mondiale di spaghetti, pennette e fusilli, tanto che dall’associazione dell’industria del dolce e della pasta rispondono che la materia prima locale non basta più, ecco perché un terzo del fabbisogno viene acquistato all’estero. “Non certo per risparmiare – dicono i pastai – visto che la paghiamo il 10-15% in più”. Ma.. chi ha ragione? Vediamo come stanno le cose: all’industria della pasta italiana servono ogni anno quasi 6 milioni di tonnellate di grano. Dai nostri campi ne arrivano all’incirca 4 milioni, di cui 400mila tonnellate vengono esportate. Quindi è inevitabile dover ricorrere a grano proveniente da fuori confine. Ma potremmo iniziare a usare tutto quello che produciamo, no? A quanto pare no, perché per poter diventare pasta i chicchi di grano devono avere precise caratteristiche nutrizionali, fissate per legge: almeno il 10,5% di proteine e non più del 12,5% di umidità. I nostri agricoltori, quasi tutti di piccole dimensioni, sono più esposti a diverse variabili, come il clima, che incidono su quantità e qualità del raccolto, mentre le coltivazioni su vasta scala del Nord America riescono a fornire un prodotto abbondante e dalle caratteristiche standard. Un altro allarme lanciato da Coldiretti rispetto all’importazione di grano riguarda i diserbanti. In Canada e Stati Uniti, ad esempio, si usa molto glisofato, che l’Organizzazione mondiale della sanità ha classificato come possibile cancerogeno. Viene usato anche in Europa e quindi anche in Italia, ma da noi è classificato come erbicida e un mese prima del raccolto il suo impiego viene sospeso. In Canada e negli Stati Uniti invece è addirittura ammesso come acceleratore di maturazione, da spruzzare direttamente sul grano. Insomma, la questione non è di facile risoluzione, anche se una tutela in più per noi consumatori arriverà dal prossimo mese di febbraio: i pacchi di pasta e di riso dovranno riportare in etichetta l’origine della materia prima, quindi sapremo sempre da dove arriva il grano con cui è fatta la pasta che stiamo per mangiare.