Il caos delle liste d’attesa

Avete provato a prenotare di recente una visita medica specialistica? In alcune regioni e per alcuni esami specifici si arriva a dover aspettare anche un anno, tanto che chi può permetterselo, spesso si rivolge ai privati. Ma c’è anche un 9,5% di malati che, scoraggiato, rinuncia a curarsi. E dire che per legge non si dovrebbe andare oltre i 30 giorni di attesa. Gli esami più difficili da prenotare sono quelli cardiologici, la mammografia, le visite oculistiche, la tac e l’ecodoppler. Alcune regioni hanno però raggiunto ottimi risultati. Ad esempio l’Emilia Romagna in un anno è riuscita a ridurre i tempi di attesa a 30 giorni per le visite specialistiche e a 60 per gli esami diagnostici, assumendo 150 persone, imponendo l’obbligo di disdetta in caso di mancata presentazione, allungando gli orari di erogazione delle prestazioni fino alle 22 e introducendo l’overbooking. Anche il Veneto negli ultimi anni si è rivelato regione virtuosa, grazie anche a ammende per i direttori generali delle Asl che non si fossero impegnati a raggiungere gli obiettivi prefissati. In Lombardia, invece, si fa ricorso alla trasparenza, affiggendo nelle strutture sanitarie tutte le info necessarie per prenotare, disdire e conoscere i tempi di attesa di ciascuna Asl. Il Piemonte, invece, è l’unica regione che ha fatto ricorso ai neo specializzati per aumentare l’offerta. Il Lazio da poco ha varato il proprio Piano regionale, introducendo un sistema capace di distinguere le prestazioni realmente urgenti da quelle meno impellenti, con penalità per quelle Asl che non riescono a mantenere lo standard prefissato.