Il blue whale e il disagio giovanile

Le cronache parlano spesso del fenomeno “Blue Whale”, un gioco assurdo partito sui social network in cui un tutor chiede a chi decide di partecipare di autoinfliggersi violenze, documentandole con foto e video, sino addirittura al suicidio, proprio come succede con le balena che si spiaggiano. Un fenomeno che fa leva sul disagio giovanile e che mette in evidenza il problema dell’autolesionismo adolescenziale. Secondo i dati, due teenager su 10 soffrono di questa problematica, compiendo loro stessi atti di violenza, ferendosi con lame o procurandosi ustioni. E oggi la rete aiuta a scoprire anche come poter fare, come mettere in atto alcuni gesti. Ma perché succede? Difficile saperlo, visto che gli atti di autolesionismo tendono a essere vissuti in maniera nascosta. Ma dagli studi psicologici condotti sembra che la violenza contro se stessa abbia una funzione sedativa rispetto a eventi dolorosi come l’abbandono, il tradimento, un fallimento personale. Di fronte alle ferite, infatti, il sistema nervoso rilascia endorfine che prima fanno scendere il dolore fisico e poi danno un senso di benessere. Per le famiglie è giusto allarmarsi quando si notano cambi di umore, momenti di rabbia o di tristezza, e casi di isolamento. Ed è bene controllare anche eventuali segni sul corpo: spesso dopo i gesti di autolesionismo, chi se li infligge si copre accuratamente polsi, braccia e gambe, anche in estate. In questi casi è giusto rivolgersi a uno specialista, esperto di questi fenomeni, che sappia inquadrare il problema e consigliare come agire per evitare conseguenze drastiche.