La dislessia, che interessa poco più del 2% degli alunni delle scuole elementare e che per qualche famiglia rappresenta ancora oggi un problema difficile da affrontare, è solo una delle tante possibile caratteristiche del cervello. Certo, avere a che fare con un bambino dislessico non è facile: né per lui, né per chi deve aiutarlo a studiare, a concentrarsi, a crescere. Ma esistono molti modi per affrontare questa particolare situazione. Può aiutare anche leggere “Il bambino che disegna le parole” il libro scritto dalla giornalista Francesca Magni, mamma di Teo, dislessico, protagonista del romanzo. Parla proprio del faticoso percorso per il riconoscimento, la diagnosi e la certificazione di qualcosa che oggi non dovrebbe essere più chiamato disturbo.
In sostanza la dislessia dipende dal fatto che durante lo sviluppo fetale i neuroni si dispongono in modo differente rispetto alla consuetudine. Questo produce effetti che nell’infanzia non si notano, ma che iniziano a farsi sentire nei primi anni di scuola, solitamente in terza elementare, quando si inizia a imparare a leggere. Il dislessico non riesce a leggere con la giusta velocità. E non è una questione di scarsa intelligenza o mancanza di curiosità. È proprio la difficoltà a ricordare ciò che si apprende, a farlo nei tempi medi. Per questo i dislessici hanno bisogno di strumenti diversi, alternativi: dalle mappe concettuali alle calcolatrici. E devono impegnarsi il triplo rispetto ai compagni. La certificazione è quindi fondamentale per agevolare questo processo.
Ed è importante intervenire in tempo, non tanto perché di dislessia si possa “guarire”, quanto perché i bambini imparano a gestire questa loro caratteristica che talvolta li porterà anche a far fatica a convertire un segno grafico in un suono, dal momento che il dialogo tra le reti neuronali avviene in modo molto lento. Per cui una diagnosi fatta presto, in seconda o terza elementare, porterà il bambino a considerare la dislessia come una propria caratteristica, come la miopia o l’essere mancino. Più avanti si va avanti con l’età nel riconoscere questa situazione, maggiori saranno le frustrazioni e le preoccupazioni, tanto da rendere il lavoro di apprendimento più impegnativo. Quindi, fin dai primi anni di scuola, meglio saper riconoscere eventuali campanelli d’allarme.