Difendere le lingue morte

Il greco e il latino.. croce e delizia di tanti studenti. Lingue antiche, lingue morte, ma vitali più che mai. Lingue che qualcuno vorrebbe cancellare dai nostri licei. Ma che 16mila tra docenti e personaggi di successo di vari ambiti chiedono di mantenere nel piano di studi, attraverso una petizione inviata al ministero dell’istruzione. Ma perché difendere lo studio del greco e del latino? Intanto perché favorisce una grande capacità di critica e di analisi: aiuta infatti a leggere la realtà di oggi grazie a una comparazione ravvicinata con il mondo antico. Ognuno di noi forma la propria capacità di analisi critica proprio grazie allo studio. E studiare le lingue morte, apparentemente poco in contatto con il quotidiano, sviluppa in realtà la memoria, la concentrazione e la determinazione. Inoltre, cercare di decifrare le versioni di greco e latino migliora la capacità di organizzare i pensieri e di argomentarli. Come sa bene chi ha studiato le due lingue, per tradurre bene non basta cercare le parole sul vocabolario: bisogna aver capacità di interpretazione, saper dare il giusto senso al contesto espressivo. Basti pensare al vocabolo greco "pathos”, per fare un esempio, che ha molte accezioni e sfumature diverse, che possono esprimere anche concetti contrastanti, in base al contesto in cui, appunto, è inserito. E quindi potrebbe voler dire disperazione come gioia. Sta a chi deve tradurre, capire qual è il giusto significato nel caso specifico. E poi guai a chiamarle ancora lingue morte: ci sono infatti libri dedicati al greco e al latino che stanno ancora scalando le classifiche di vendita. Ad esempio “La lingua geniale, 9 ragioni per amare il greco”, di Andrea Marcolongo, e “Viva il latino, storie e bellezza di una lingua inutile” di Nicola Gardini.