Demenza, i sordi più a rischio

Non ci facciamo problemi a portare gli occhiali quando iniziamo a non vederci più, a mettere l’apparecchio per sistemare i denti, addirittura a rifarci qualche parte del corpo se non ci piace e la giudichiamo antiestetica, ma abbiamo ancora un po’ di problemi a mettere l’apparecchio acustico quando iniziamo a sentire meno. Eppure metterlo quando si inizia ad avere seri problemi di udito, dà molti vantaggi, non solo nel sentire meglio, ma anche a prevenire altre degenerazioni come un deficit cognitivo. Ben 7 milioni di italiani oggi convivono con la perdita dell’udito e un milione e 200mila hanno una forma di demenza. E tra i due problemi, come detto, è stato appurato ci sia una correlazione. Un calo dell’udito, infatti, può ridurre il volume della corteccia cerebrale e delle diramazioni necessarie per la comunicazione tra i neuroni, causando cambiamenti nella struttura del cervello e nelle sue funzioni di ascolto e comprensione. Il declino cognitivo, a sua volta, può peggiorare queste ultime, favorendo i problemi di udito. Il motivo? Semplice, se ci pensate: non udiamo solo con le orecchie. Il suono attiva la corteccia uditiva, che “sente” le parole e accende numerose aree e reti del cervello dove viene “compresa”. Che sentir male e impoverimento cerebrale siano connessi le dimostrano anche le più avanzate tecniche diagnostiche: studi di neuroimaging hanno rivelato come nel cervello delle persone sorde ci sia una riduzione nello spessore dei fasci di sostanza bianca che collegano le cellule nervose nella zona uditiva. Alterazioni che richiedono l’attivazione di molti meccanismi compensatori: bisogna stare più concentrati, leggere le labbra per decifrare le parole di chi ci parla, cercare di indovinare il senso del discorso dalle poche parole percepite. Per questo è stato stimato che il deficit uditivo possa ridurre di oltre il 30% altre abilità cognitive. Per questo è importante agire subito, ai primi problemi. La giusta amplificazione acustica, attraverso gli apparecchi di ultima generazione, che sono anche molto discreti e quasi invisibili, riescono a rallentare il declino cognitivo in un arco di 25 anni, permettendo di mantenere una buona funzionalità cerebrale.