Silvio Garattini: «Camminare è la medicina per vivere a lungo»

Parola del farmacologo (ultranovantenne) più famoso d’Italia. Fare movimento è uno dei segreti della longevità: aumenta l’ossigenazione degli organi e aiuta a mantenere il peso forma. E a tavola, dieta mediterranea



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di Cristina Sarto

Nel mezzo del nostro incontro, il professor Silvio Garattini, 96 anni, prende lo smartphone e apre una app. «Guardi, altrimenti sembra che io racconti bugie», dice con un sorriso gentile, mentre sullo schermo appare un grafico con delle colonnine verdi.

«Vede? All’inizio della settimana scorsa ho camminato meno perché ero in viaggio, ma poi ho recuperato: in un solo giorno ho percorso ben 9 chilometri. Il mio obiettivo è mantenere una media di 5 chilometri quotidiani».

Il fondatore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, autore del libro Vivere bene (Edizioni San Paolo), potrebbe aggiungere un’altra qualifica al suo lungo curriculum di uomo di scienza: camminatore professionista.


Professore, che cosa le piace di più del cammino?

Mi regala del tempo per riflettere, e in questi tempi così frenetici è un tempo prezioso. Ma soprattutto, come ogni attività fisica, è uno strumento importantissimo di prevenzione.

Attenzione, però: quello di cui parlo non è la classica passeggiata per vedere le vetrine, ma un cammino a ritmo sostenuto, che comporti una certa fatica. Bisogna avere il fiato corto o vedere il battito cardiaco che sale sullo schermo di un cardiofrequenzimetro.


È importante misurare ciò che si fa?

Assolutamente, perché tutti noi tendiamo a sovrastimare noi stessi e i nostri sforzi. Avere una app che misura il tempo dedicato al movimento ci impedisce di avere alibi e giustificazioni e ci permette di rispettare le indicazioni della scienza, che sono precise: perché ci aiuti stare bene, bisogna praticare dai 150 ai 300 minuti di attività fisica alla settimana.


Il tema della prevenzione è da sempre al centro dei suoi studi.

È così e dovrebbe esserlo anche per il sistema sanitario. Invece, negli ultimi anni, la medicina si è concentrata esclusivamente sulle cure e questo ha alimentato il mercato dei farmaci che, come tutti i mercati, ha interesse a crescere. Ma un tale approccio ci ha fatto dimenticare che la maggior parte delle malattie sono evitabili.

In Italia, per esempio, abbiamo 4 milioni e mezzo di diabetici che spesso hanno complicazioni ai reni, alla vista e al sistema cardiovascolare. Ma il diabete si può prevenire e lo stesso vale per il 40 per cento dei tumori. Dobbiamo toglierci dalla testa l’idea che tutte le malattie ci piovano dal cielo: siamo noi che ce le infliggiamo e poi ci lamentiamo.


Da dove deve nascere la spinta alla prevenzione?

Da un atto di sano egoismo, che andrebbe insegnato a scuola. Se prevengo le malattie faccio prima di tutto del bene a me stesso, ma anche alla mia famiglia, che non soffre nel vedermi star male. E anche la società ne beneficia, perché più persone si ammalano più aumentano i carichi di lavoro per il Sistema Sanitario Nazionale, con il risultato che i tempi di attesa per esami e prestazioni mediche si allungano.


In che modo l’attività fisica ci aiuta a tenere lontane le malattie?

Aumentando l’ossigenazione agli organi, compreso il cervello che è estremamente importante. Non solo. Muoverci ha un effetto positivo sul metabolismo, perché contribuisce a mantenere un peso corporeo corretto: se ci esercitiamo, possiamo anche permetterci di mangiare qualcosa in più senza grandi conseguenze.

Non dimentichiamo che il sovrappeso è un fattore di rischio per il tumore del colon, il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari, perché costringe il cuore a un lavoro extra, per alimentare un tessuto inutile come quello adiposo.


Per prevenire, dunque, occorre anche un occhio di riguardo all’alimentazione...

Certamente. Basta ispirarsi alla classica piramide alimentare della dieta mediterranea: tanta frutta e verdura e, in proporzioni sempre inferiori, pasta, pane e riso sempre integrali, mai raffinati, poi pesce e carni bianche e, infine, pochissime carni rosse e grassi saturi. All’interno di questo schema è importante variare il più possibile, perché oggi tutti i cibi sono inquinati: se mangiamo sempre lo stesso alimento, assumiamo sempre lo stesso inquinante, la cui concentrazione aumenta in modo pericoloso.

Mangiare bene, ma anche mangiare poco. Lei ne è un esempio.

È vero. La mia tabella alimentare è molto semplice: un caffè a colazione, una spremuta a pranzo e poi una cena regolare. Anche se a dire la verità da qualche giorno mi concedo una brioche al mattino, perché sono calato di peso e ho bisogno di riacquistare qualche chilo. Ma non sono solo io a dire che la restrizione calorica è un importante fattore di longevità.

Lo confermano i centenari che vivono nelle zone blu, tutti molto contenuti a tavola, e lo ribadiscono le ricerche scientifiche. In una di queste, gli studiosi hanno preso due gruppi di topi: al primo è stato concesso di mangiare quanto volevano, mentre al secondo è stato tolto il 30 per cento del cibo a disposizione del primo. Bene, il secondo gruppo ha vissuto il 20 per cento del tempo in più.


Come possiamo regolarci?

Basterebbe seguire la regola dei nostri nonni, che si alzavano sempre da tavola con un po’ di appetito. È importante anche abituare l’organismo a un certo regime, che va mantenuto con regolarità, e adeguare l’introito calorico in base a quanto ci si muove. È chiaro che un atleta dovrà mangiare di più rispetto a chi passa la giornata alla scrivania.

Il problema, ci tengo a ribadirlo, è che non si dovrebbe stare seduti troppo a lungo: dopo un’ora, bisogna alzarsi e camminare per almeno 5 minuti.


Contano anche le relazioni umane

Se la popolazione italiana praticasse 300 minuti alla settimana di attività fisica, ci sarebbe un incremento di 8,1 mesi dell’aspettativa di vita. È uno dei dati più incoraggianti contenuti in Vivere bene (Edizioni San Paolo), il libro in cui il professor Silvio Garattini, attraverso i contributi dei suoi più fidati collaboratori, ci spiega perché il movimento ci può aiutare a preservare a lungo la nostra salute. Ma al di là delle ricerche scientifiche, dei dati e dei suggerimenti pratici, quello che è emerge con forza è la dimensione corale di quest’opera, che riflette un altro importante pilastro della longevità: le relazioni umane, che per lo scienziato non vanno mai dimenticate.


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