Come nasce un runner? Da dove salta fuori quello slancio che ci fa uscire di casa e macinare chilometri su chilometri senza pensare al freddo, alla pioggia o alla neve? Dal fatto che, dalla notte dei tempi, siamo “progettati” per correre, e su questo ci sono milioni di anni di evoluzione umana sulle nostre spalle. Dal fatto che, affermano i runner esperti, basta iniziare, e per questo serve solo la scintilla della motivazione.
È il succo del libro Il bello della corsa (Mondadori) scritto dalla fashion jogger Lisa Migliorini, atleta, fisioterapista, una laurea in osteopatia e oltre 600mila follower sui social (Instagram in testa), dove unisce consigli su corsa, fitness e moda. Starbene l’ha intervistata per capire come alimentare la spinta a correre, senza farci appesantire dalla pigrizia, dagli ostacoli, dalle intemperie invernali o da inutili infortuni che inibiscono il nostro percorso in velocità.
Lisa, lo dici anche tu: il jogging è faticoso ma vale la pena provarlo… Su cosa fa leva?
La corsa è una metafora della vita. Richiede sacrificio, costanza, forza di volontà. Come l’esistenza, fatta di momenti di gioia ma anche di sudore, difficoltà e dolore. Ogni allenamento è un test di vitalità: ci rende pronti ad affrontare qualsiasi ostacolo e alla fine ci ripaga con emozioni positive. Il bello della corsa è che permette a ciascuno di soddisfare i propri obiettivi: migliora l’umore, aiuta a smaltire lo stress, dà soddisfazioni estetiche. Ci sono tante sfaccettature, fisiche e mentali, che una persona può rivedere e ritrovare nella corsa.
Cosa serve per risvegliare il runner che c’è in noi?
La voglia di rimettersi in gioco. Per correre non ci vuole né una particolare agilità né un “fisico bestiale”. Tutti lo possono fare, e a qualsiasi età. Si tratta solo, passo dopo passo, di scoprire dentro di noi capacità che, magari, non si pensava di avere.
Tutto giusto, ma come si porta avanti l’interesse?
Correre ci deve piacere innanzitutto, è la base della motivazione. Ma per trasformare la passione in costanza ci vuole equilibrio tra entusiasmo e programmazione. L’euforia ci dà la spinta, l’adozione di schemi graduali di training ci rende consapevoli di quello che stiamo facendo. Nessuno si può improvvisare un corridore ad alto chilometraggio, farlo significa trasformare le uscite in una sofferenza insostenibile.
Il planning, come va fatto?
Accompagnarsi a un gruppo d’allenamento o a un personal trainer è l’ideale, sono tutti punti di riferimento utili per i principianti. Se corriamo da soli, ricordiamoci che prima si inizia a camminare, poi a correre. Lo schema base è: tre uscite alla settimana al massimo – intervallate da riposo o da giorni di attività di scarico come nuoto, bici, pilates, fitness – alternando 2-3 minuti di camminata veloce con 1 minuto di corsa. L’obiettivo, a ogni uscita, è di correre sempre più minuti e camminare sempre meno. Ma è un traguardo che va raggiunto poco a poco, ed è il nostro corpo che ci dà l’input da seguire.
Parlando di tempi e chilometri, ci dai qualche indicazione di sano realismo?
Lo stimolo si trova anche nel risultato: può essere correre una certa distanza o scendere sotto un tot tempo in un dato percorso oppure riuscire a prepararsi per partecipare alla nostra prima gara. Ognuno si può porre finalità diverse. Diciamo, per esempio, che per chi corre da tre-quattro mesi una distanza sui 5 km può essere una bella meta, per poi passare in un anno prima ai 10 km, poi ancora alla mezza maratona (21 km circa).
Quand'è che ci possiamo ritenere rodati?
Nel momento in cui riusciamo a uscire regolarmente quattro o cinque giorni alla settimana, evitando stacchi di più giorni di seguito. È la continuità che fa fare il salto di qualità, e ognuno se la deve calibrare a misura dei propri impegni, personali e professionali. Il ritmo individuale va rispettato con scrupolo. Questo per dire che è meglio correre sempre tre volte alla settimana per quattro mesi che cinque una settimana sì e l’altra no, perché così l’esercizio non è efficace.
Ma se capita uno stop, come si riprende?
Se sono due-tre giorni poco male, è dal quarto giorno di fila che s’inizia a perdere forma fisica. Dopo un mese di fermo, è quasi come ricominciare daccapo. In ogni caso, per recuperare, bisogna fare uscite più brevi a un ritmo meno intenso, intervallando a un giorno di corsa un altro di allenamento alternativo. In un mese circa, si può tornare ai livelli precedenti.
Dura, però, uscire di casa con il gelo…
Ma se non si corre anche col freddo l’allenamento non è coerente! La scusa d’ammalarsi non regge. Anzi, muoversi col gelo rafforza le difese immunitarie e allontana i malanni di stagione. Tra l’altro, le gambe sono più leggere, si sente meno la fatica muscolare (al limite, è più difficile respirare), si consuma un maggiore numero di calorie e la sensazione dell’aria fresca sul viso è un bel rigenerante. A proposito, le ore migliori d’uscita sono quelle centrali (dalle 13 alle 16) per le temperature più miti, altrimenti la sera, anche col buio. No al mattino presto, invece, quando il suolo è spesso ghiacciato e a rischio di cadute.
Quando ci si può considerare un buon runner?
Quando non pensiamo solo alla performance pura ma alle sensazioni positive che la corsa ci regala. Quando arriviamo alla fine dell’allenamento e siamo felici di averlo fatto. Anche se, magari, non abbiamo raggiunto il nostro traguardo atletico.
Ecco alcuni preziosi consigli da parte di Lisa. Scorri la gallery per scoprirli:
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