"Bum bum, batte il cuore, bum bum”, cantava Irene Grandi a metà anni Novanta. Ma mentre facciamo sport, quel “bum bum” non deve oltrepassare una soglia massima ideale, che possiamo calcolare con una semplice formula: 220 meno l’età. Per esempio, una donna di 50 anni non dovrebbe mai superare i 170 battiti al minuto (220-50=170), oltre i quali il suo cuore potrebbe andare fuori giri e, di conseguenza, accusare problemi.
«Per precauzione, è opportuno rallentare già all’85 per cento di quella soglia», consiglia il dottor Giuseppe Musumeci, direttore di Cardiologia presso l’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino, fra gli organizzatori scientifici del recente congresso Change in Cardiology 4.0. «Tornando alla donna di 50 anni, l’85 per cento di 170 è 144,50: al di sotto di quel valore durante l’allenamento non corre rischi e ottiene un beneficio cardiovascolare».
Scarpette e smartwatch
Per monitorare i battiti può essere utile dotarsi di un cardiofrequenzimetro, dispositivo sempre più diffuso nel mondo sportivo. «Nella maggior parte dei casi si tratta di orologi da polso, ma esistono anche modelli corredati da fascia toracica, che va posizionata a diretto contatto con il corpo, all’altezza dei pettorali, e contiene un sensore che funge da trasmettitore», descrive il dottor Musumeci.
«In entrambi in casi, bisogna scegliere un modello affidabile, non troppo economico e dotato di marcatura CE». Con il giusto monitoraggio, il cuore si allena esattamente come bicipiti, tricipiti, polpacci e addominali: diventa più forte, efficiente, resistente alla fatica.
Perfetti running e nuoto
«È soprattutto un’attività aerobica moderata a regalare beneficio, diminuendo del 30 per cento la mortalità cardiovascolare, più di qualunque farmaco in commercio», assicura l’esperto. «Un’azione portentosa dovuta alla riduzione dei principali fattori di rischio cardiaco, ovvero pressione arteriosa, grasso viscerale, glicemia e colesterolo». Per esercizio aerobico moderato si intendono, per esempio, running, camminata a passo svelto, bicicletta o nuoto, dove aumenta la frequenza respiratoria e il cuore batte più velocemente per pompare un maggiore quantitativo di sangue verso i muscoli.
«Al contrario, non bisogna esagerare con gli sport anaerobici, basati su esercizi brevi, ma molto intensi», evidenzia Musumeci. «È il caso del sollevamento pesi, della corsa veloce o dei salti, dove al cuore viene richiesto un grande sforzo per pochi minuti al massimo: qui il beneficio cardiovascolare è inferiore e, per di più, il lavoro cardiaco non è costante nel tempo ma subisce dei picchi, piuttosto faticosi».
Un discorso a parte meritano, invece, gli sport misti, come calcio, tennis o pallavolo, dove c’è una continua alternanza di sforzi anaerobici e aerobici in base alla fase di gioco: «In questi casi, l’impegno cardiocircolatorio è estremamente variabile ed è opportuno che sia uno specialista a valutarne l’adeguatezza alle nostre condizioni generali di salute», precisa il dottor Musumeci.
Al contrario, via libera alle attività dolci, come lo yoga, perché esiste uno stretto collegamento fra mente e cuore: «Tutto quello che determina un rilassamento generale dell’organismo finisce per mettere a riposo anche il muscolo cardiaco, favorendo una riduzione della frequenza».
Le precauzioni
Ovviamente, le attenzioni aumentano con il passare degli anni: gli uomini sopra i 50 anni e le donne dopo la menopausa devono approcciare lo sport dopo un’accurata valutazione medica, per verificare l’assenza di picchi pressori, aritmie o altre anomalie di cui spesso non si ha percezione, ma che possono mettere a serio rischio il cuore durante uno sforzo fisico. Anche se una percentuale di rischio, seppur minima, esiste sempre. Il pensiero va al pallavolista Vigor Bovolenta, ma anche al calciatore Piermario Morosini: sportivi che, seppure giovani, robusti e apparentemente indistruttibili, si sono accasciati al suolo, senza più rialzarsi, sotto gli occhi dei tifosi.
Queste vite stroncate all’improvviso, nonostante le continue e minuziose visite mediche, insinuano un dubbio: troppo sport può uccidere? «In realtà non è l’attività fisica a provocare la morte nella persona sana, quanto il fatto che essa possa favorire lo sviluppo di aritmie dovute a patologie latenti, come cardiomiopatia ipertrofica, displasia aritmogena del ventricolo destro o anomalie congenite del sistema elettrico del cuore», descrive il dottor Musumeci. «Queste malattie possono effettivamente manifestarsi durante lo sforzo fisico, ma non sono causate da esso: prima o poi, anche in condizioni di riposo, farebbero comunque capolino».
Serve gradualità
Chi non ha mai praticato sport con regolarità o magari decide di iniziare a fare moto per la prima volta deve risolvere alcune questioni preliminari: quale attività scegliere, quali e quanti esercizi eseguire, come e quando allenarsi. La regola generale è che non esiste il programma perfetto per tutti, perché ciascuno deve trovare quello adatto a sé. «La strategia migliore prevede un approccio graduale all’attività, evitando di praticarla da un giorno all’altro in maniera sconsiderata», raccomanda il dottor Musumeci.
«Il primo passo è adottare uno stile di vita attivo, incrementando il moto spontaneo: ciò significa spostarsi il più possibile a piedi oppure in bicicletta o, perlomeno, parcheggiare distanti dai luoghi di destinazione, utilizzare le scale al posto dell’ascensore, fare del giardinaggio e così via. A quel punto, si può aggiungere un esercizio fisico che rispecchi le esigenze individuali e possa diventare un’abitudine gradita». E per chi soffre di problemi cardiaci e vascolari? «Eccetto in rari casi, può comunque fare sport, considerato una vera e propria terapia se prescritto dallo specialista, come avviene per i trattamenti farmacologici», commenta Musumeci.
Meglio in gruppo
Ultimo consiglio: per amplificare i benefici dell’esercizio fisico si possono valutare attività da svolgere in compagnia, dalla passeggiata in gruppo allo sport di squadra. Fra le tante ricerche sul tema, c’è uno studio dell’Università del New England pubblicato sul Journal of the American Osteopathic Association, che ha dimostrato come l’esercizio di gruppo migliori la qualità della vita fisica, mentale, emotiva e riduca lo stress molto di più rispetto all’attività praticata in solitaria.
«Sebbene non sia possibile stabilire una relazione specifica, è probabile che la socializzazione rafforzi il rilascio di endorfine e serotonina indotto dallo sport, stimolando una sensazione di euforia e benessere», conclude il dottor Musumeci. «In questo modo non ne trae vantaggio solo il cuore solamente il cuore, ma ne beneficiano anche corpo e mente nel loro complesso».
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