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Nuove scoperte: l’occhio pigro si allena in bicicletta

Gli studi hanno visto che il movimento innesca una serie di cambiamenti biochimici che stimolano la plasticità cerebrale. E questo potrebbe aiutare a migliorare la vista anche da adulti

credits: iStock



Anche gli adulti possono correggere l’ambliopia, il cosiddetto occhio pigro. Ad aprire nuovi scenari di trattamento è una ricerca italiana, pubblicata sulla rivista Annals of Clinical and Translational Neurology e guidata da Alessandro Sale dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche e Maria Concetta Morrone dell’Università di Pisa.

«Fino a qualche anno fa si riteneva che questo disturbo fosse trattabile solo nel periodo critico per lo sviluppo della visione binoculare, che dura all’incirca fino agli 8 anni, quando è massima la plasticità cerebrale, ossia la capacità del cervello di modificarsi in risposta agli stimoli ambientali», spiega Alessandro Sale.

«Numerosi esperimenti condotti anche nel mio laboratorio hanno dimostrato, invece, che la “corteccia visiva” mantiene in età adulta una plasticità molto più elevata rispetto a quanto si pensasse in passato: la vera sfida, quindi, sta nel trovare dei trucchi per potenziarla e, di conseguenza, per attivare meccanismi di recupero della visione».


Tutti in cyclette

Al momento, alcuni degli stratagemmi più efficaci sono basati su un aumento degli stimoli motori. Gli studi condotti sui modelli animali hanno mostrato infatti come l’attività fisica sia in grado di aumentare i livelli di una proteina (Bdnf o fattore neurotrofico derivato dal cervello), utile per migliorare la plasticità, e diminuire quelli di un neurotrasmettitore (Gaba o acido gamma-amino butirrico) che, al contrario, la ostacola. «Dati preliminari rivelano che qualcosa di analogo possa avvenire anche nell’uomo, anche se solamente con ulteriori studi potranno essere chiariti i meccanismi di base», commenta Alessandro Sale.

«Al momento, abbiamo coinvolto dei soggetti ambliopi adulti chiedendo loro di pedalare, durante brevi periodi di occlusione di un occhio, di fronte a un televisore, guardando un film e alternando, durante la visione dello stesso, dieci minuti di cyclette con dieci minuti di riposo, per tre ore complessive».

I risultati sono apparsi molto promettenti, con un marcato recupero delle funzioni visive dell’occhio “pigro”, non riscontrabile invece nei soggetti che non svolgono attività motoria. «Possiamo ipotizzare che il medesimo effetto si possa ottenere anche con altre forme di movimento, come le pedalate all’aria aperta o magari la corsa, ma al momento l’unico trattamento testato è quello effettuato sotto stretto controllo di ricercatori e oculisti».


Una piccola rivoluzione

Curiosità: durante l’esercizio, non è stato occluso l’occhio buono, come avviene nella tradizionale “ginnastica visiva” dei bambini, ma quello ambliope. Questo approccio consente di stimolare un particolare tipo di plasticità, definita omeostatica: in sostanza, se un occhio viene stimolato meno per un breve periodo di tempo, cercherà poi di “recuperare terreno”, diventando più forte.

«Questo effetto va a sommarsi ai cambiamenti biochimici indotti dal movimento, favorendo il recupero delle funzioni visive. Il nostro lavoro offre scenari di trattamento insperati e ancora tutti da esplorare, perché aumentare la plasticità cerebrale potrebbe avere importanti ricadute non solo nel trattamento dei disturbi visivi, ma anche nella lotta all’invecchiamento o in molte patologie neurodegenerative».


Cos’è l’ambliopia

In condizioni di normalità, il cervello riceve due immagini nitide che vengono poi sovrapposte e sommate fra loro. Ci sono casi, però, in cui un occhio vede meglio dell’altro, per cui le connessioni nervose che veicolano i suoi segnali si potenziano, a scapito di quelle provenienti dall’altro. Nel tempo, questo processo di “selezione” può portare a una diminuzione della vista più o meno grave dell’occhio debole, che si impigrisce e smette di lavorare. Le cause sono molteplici e spaziano da quelle organiche (come la cataratta congenita) ai più frequenti difetti funzionali (miopia, ipermetropia o astigmatismo).



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Articolo pubblicato nel n° 10 di Starbene in edicola dal 19 febbraio 2019

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