Testo raccolto da Anna Pugliese
Sara Morelli, protagonista di questa storia, ha 30 anni e vive a Como. Insegna scienze motorie ed è istruttrice di Pancafit. Continua a giocare a basket, la sua grande passione, ma ama anche le attività outdoor, come mostrano alcune di queste immagini. Ecco il suo racconto!
Ho sempre fatto sport, sin da ragazzina, perché nella mia famiglia si dava importanza al movimento ed era normale che ci si impegnasse in attività extrascolastiche. Ho scelto il basket perché mi permetteva di condividere la fatica e la gioia di allenamenti e partite con le mie compagne. Ho giocato tanto, sino a esordire in serie A con la Comense. In quinta superiore mi allenavo 5 giorni a settimana, era un grande impegno ma anche un momento splendido della mia giornata, di stacco dagli impegni della scuola, di sfogo fisico.
Mi sono ammalata a 25 anni
Dopo essermi iscritta alla facoltà di scienze motorie a Saronno, in provincia di Varese, ho dovuto ridimensionare i miei impegni, continuando però a lavorare come istruttrice di minibasket e di nuoto. Proseguendo negli studi e dovendo viaggiare come pendolare, le ore da dedicare allo sport sono diventate sempre meno. Non riuscivo a essere costante, ma alla palestra non volevo rinunciare. Nel 2013 sono finalmente arrivata alla laurea, esausta. Ero proprio stanca, spossata. Io, che da sempre ero piena di vita, superattiva, mi svegliavo già affaticata, con un cattivo sapore acido in bocca. Avevo una capacità di attenzione bassissima, dormivo male e soffrivo di diversi disturbi che mi hanno portato a fare una serie di accertamenti medici.
Con i test alla tiroide è arrivata la diagnosi: un carcinoma tiroideo. Era il marzo del 2013, stavo per partire per l’Irlanda e per compiere 25 anni. Non volevo farmi travolgere dalla malattia, volevo rimanere tranquilla e affrontare il tumore con positività. D’accordo con i medici non ho rinunciato alla mia mini-vacanza, ho festeggiato il compleanno a casa con gli amici e il giorno dopo sono entrata in ospedale.
Mi hanno asportato tutta la tiroide e ho dovuto seguire un periodo di rieducazione con i logopedisti per riacquistare l’uso della voce, perché il tumore aveva toccato una corda vocale. Per fortuna ho evitato la terapia radiometabolica, visto che il mio carcinoma era piccolo, e dopo due settimane sono uscita dalla clinica. Ma ero debilitata, stanca, e dovevo ancora adattarmi al farmaco che fornisce al corpo gli ormoni tiroidei fondamentali per regolare le funzioni del metabolismo. Ci abbiamo messo un anno e mezzo a trovare le dosi giuste, mentre il mio peso lievitava e io mi sentivo a disagio con il mio corpo. Mi sono letteralmente gonfiata, arrivando a pesare 15 chili in più, ma non ho mai mollato.
E 4 mesi dopo l’operazione, ho trovato lavoro in piscina, come istruttrice di nuoto. Ero preoccupata perché avevo ancora poca voce, temevo che i miei allievi non mi sentissero, invece non solo è andata bene, ma il lavoro mi ha aiutato a non pensare ai miei problemi, anche grazie all’ambiente motivante di chi fa sport.
Ho ripreso con la pallacanestro
Dall’impegno in piscina è iniziata la mia ripresa, lenta ma costante. E indotta soprattutto dalla pallacanestro. Alla vigilia dell’operazione avevo detto all’allenatore che mi sarei allontanata per un po’, ma avevo voglia di tornare in campo insieme alle mie compagne. Giocavamo in promozione, non certo una serie di alto livello, ma ce la mettevamo tutta. Io non ero assolutamente fondamentale per l’assetto tecnico e tattico della squadra, facevo fatica e non reggevo tutto l’allenamento, ma avevo il sostegno della squadra, dei dirigenti, dei tecnici. Tutti tifavano per me e mi davano coraggio.
Proprio il loro “tifo” mi aiutava ad affrontare la quotidianità e soprattutto a fare i conti con un corpo che non riconoscevo più. Inoltre, correndo, saltando e muovendomi cominciavo di nuovo a sentire i muscoli che si animavano a loro volta. Pian piano il peso ha cominciato a scendere e io riscoprivo in me grinta ed energia. Avevo ripreso anche a fare qualche partitella di tennis e qualche piccolo trekking sulle colline e per i boschi della zona del lago di Como.
Le attività outdoor erano qualcosa di nuovo per me; non avevo mai avuto tempo prima per godere di quel senso di pace e di relax e di apprezzare la fatica fisica di una camminata nella natura. Per me queste attività sono presto diventate ossigeno puro, per il corpo e la mente. Spinta dalla voglia di muovermi e stare all’aria aperta, ho provato anche il rafting e il canyoning. E dopo aver ripreso piena confidenza con il mio corpo ho iniziato anche un percorso con un nutrizionista: abbinando alimentazione controllata e sport ho puntato a riacquistare il peso forma.
Ora aiuto gli altri con la pancafit
Nel tempo i dosaggi di medicinali sono stati ottimizzati e la dieta ha fatto il suo effetto. Certo, quando la temperatura cambia repentinamente o nei giorni del ciclo, la stanchezza si fa ancora sentire. Durante “quei giorni” soffro anche di dolori addominali che prima non avevo, ma fare attenzione a ciò che mangio mi aiuta a limitare questi sintomi fastidiosi e vivere normalmente. Anche perché sono sempre più impegnata: nel 2015 mi sono avvicinata per lavoro alla Pancafit e ho iniziato ad approfondire i benefici che questo attrezzo può regalare.
Ho un cheloide piuttosto fastidioso sul collo, un ispessimento della cute dovuto alla cicatrice dell’intervento alla tiroide: lavorare con la Pancafit mi ha aiutato a sentire meno tensione muscolare nella zona, a limitare il dolore. Mi sono appassionata così tanto che da due anni ho aperto uno studio per aiutare chi ha problemi fisici a stare meglio sfruttando questo “lettino magico”. E se mi capita di incontrare qualcuno che ha avuto come me problemi alla tiroide, cerco di fargli coraggio, raccontando la mia storia. Ho affrontato la malattia cercando di reagire facendo un passo alla volta e di migliorare la mia vita. È quello che mi ha insegnato lo sport. Ed è quello che cerco di far capire ai miei pazienti che si trovano a dover lottare contro un brutto avversario.
COS'È LA PANCAFIT, IL LETTINO CHE GUARISCE
Nata dagli studi di Daniele Raggi, laureato in scienze motorie e fisioterapia, con un master in posturologia, la Pancafit è una sorta di lettino costituito da un insieme di assi e sostegni, tutti regolabili. Riequilibra la postura, agendo su tutte le catene muscolari e permettendo al corpo di allungarsi senza scompensi. «Si lavora in modo specifico dove e come serve», spiega Mauro Mazziero, chinesiologo a Bologna.
«Lo stretching imposto dalla Pancafit è gestito dall’operatore, che suggerisce posizione e durata dell’esercizio, ma anche la tecnica respiratoria, per ottenere il massimo dall’allungamento e sbloccare il diaframma». Tanti i vantaggi: «Si hanno ottimi risultati su chi soffre di cefalee tensive, ha problemi di tunnel carpale e di ernie discali e iatali. È poi efficace contro l’artrosi, le lombosciatalgie e il mal di schiena, oltre ad aiutare a risolvere i problemi di circolazione venosa e linfatica», spiega l’esperto. Per maggiori informazioni: posturalmed.it.
Articolo pubblicato nel n° 2 di Starbene in edicola dal 27 dicembre 2018