Se ti sei accorta che quando salti sul campo da gioco o sollevi i pesi in palestra hai una piccola perdita, fosse anche una goccia, e hai iniziato per prudenza a usare il salvaslip, il tuo corpo ti sta inviando un messaggio: meglio fare una visita di controllo per vedere se “laggiù” è tutto a posto. Niente panico: hai una lieve forma di incontinenza ma non dovrai rinunciare a praticare il tuo sport preferito o indossare perennemente una protezione.
«Queste situazioni sono molto comuni nelle atlete dai 15 ai trent’anni e assolutamente rimediabili, nella maggioranza dei casi, con una semplice riabilitazione», spiega la dottoressa Martina Monzio Compagnoni, fisioterapista pelviperineale all’Istituto di Cura Città di Pavia. «L’importante è non rimandare il problema utilizzando proteggislip a oltranza pensando che sono solo incidenti da sforzo e non una possibile disfunzione pelvica, per quanto precoce sia. Infatti, perdere anche una sola goccia di urina non è normale».
Il problema, poi, può ripresentarsi dopo la gravidanza o la menopausa in modo più accentuato (allora l’allarme è il dover ricorrere all’assorbente) ma, come vedremo, anche in questi casi nessuna dovrà abbandonare l’attività fisica preferita.
Spingere oppure contrarre: l’inversione di comando
Quando sono le giovanissime ad avere piccole perdite durante lo sport, di base c’è spesso una predisposizione genetica, ma anche una gestione sbagliata della pressione che si crea nella zona uro-genitale quando si compie un gesto sportivo ripetuto. «Certe pazienti, durante lo sforzo, invece di trattenere l’urina hanno il riflesso contrario, spingono», spiega la nostra esperta.
«La causa può essere anche posturale (l’esecuzione dell’esercizio ha qualche difetto da correggere), può esserci una patologia pelvica ma, più frequentemente, è proprio un’inversione di comando a livello del perineo (che dovrebbe automaticamente chiudersi durante lo sforzo) e quindi una mal gestione della pressione che si crea per esempio giocando a pallavolo o sollevando pesi. In ogni caso gli sport non sono mai causa di una problematica pelvica, possono solo peggiorarne una già esistente se mal eseguiti».
Tutto ciò può essere corretto prima che diventi una patologia vera e propria in modo che non succeda di nuovo, ed è quindi sbagliato abbandonare l’attività che ci piace.
Occhio alle cistiti e al dolore pelvico
Un altro campanello d’allarme per le disfunzioni pelviche che possono accompagnare l’incontinenza urinaria nelle donne under 30 è il dolore pelvico o le cistiti ripetute.
«Il disagio può essere anche provocato da un’endometriosi o da una vulvodinia (il dolore si concentra intorno all’apertura vaginale), ma anche da cistiti ricorrenti abatteriche, cioè non provocate da germi ma spesso trattate erroneamente con antibiotici e senza aver fatto l’urinocoltura prima per individuare la fonte dei guai», sottolinea la dottoressa Monzio Compagnoni.
«Il ritardo diagnostico e la terapia sbagliata alla lunga possono creare un ipertono e quindi un problema di muscolatura che tende a irrigidirsi, mentre quest’ultima deve rimanere “competente”, cioè riuscire anche a rilassarsi. Ma pure in questi casi la riabilitazione aiuta tanto».
Gravidanza e menopausa: nulla è perduto
Se nelle giovanissime si può fare prevenzione primaria, e quindi non arrivare a una vera e propria incontinenza, con la prima gravidanza e poi, con la menopausa, tutto può diventare più complicato.
«Le variazioni ormonali di queste due condizioni, che sono sotto certi aspetti sovrapponibili dal punto di vista clinico, ammorbidiscono la muscolatura pelvica predisponendola a possibili prolassi, cioè alla discesa o lo spostamento dell’utero, della vescica o del retto», spiega l’esperta.
«Di nuovo il primo segno che qualcosa non va in palestra o sul campo sono delle perdite e il dover usare il salvaslip, ma più spesso addirittura un assorbente. Può anche succedere che, oltre a qualche goccia di pipì, durante lo sforzo fisico si rilasci involontariamente dell’aria dal retto: occorre fare al più presto una visita dallo specialista. Con gli esercizi di riabilitazione si tornerà gradualmente dalla fase assorbente a quella proteggi slip, fino a poi abbandonare del tutto questi ausili e continuare la propria attività senza imbarazzi. Anche in queste fasi della vita femminile i risultati sono in genere molto buoni».
Kegel o non Kegel, non è un dilemma
Ormai quasi tutte li conoscono. Sono gli esercizi che insegnano a rafforzare i muscoli del pavimento pelvico inventati dal ginecologo statunitense Arnold Kegel negli anni 40. Servono in questi casi? «Ne hanno fatta di strada e sono ancora validi per molte, ma le pazienti che vengono da noi dicendo “ne faccio tantissimi, eppure ho perdite quando gioco” provano che non sono adatti per tutte, e che la vera riabilitazione è su misura», raccomanda la dottoressa.
«Per un pavimento pelvico poco tonico i muscoli devono essere rafforzati e sostenere gli organi femminili, ma occorre anche che si rilassino a tempo debito. Quindi anche gli esercizi di Kegel, con le loro contrazioni guidate, se fatti in modo scorretto o in soggetti nei quali la terapia deve essere un’altra, possono peggiorare la situazione».
Per fortuna sempre più istruttrici, se le allieve riferiscono questi problemi o notano qualcosa che non va, sono le prime a inviarle dal ginecologo, dall’urologo o dai fisioterapisti delle Unità o Centri di riabilitazione del pavimento pelvico.
Quando servono anche i farmaci
La terapia farmacologica può affiancare la riabilitazione. «Ma non è mai il primo approccio, perché la priorità è riequilibrare il sistema muscolare locale», spiega la fisioterapista.
«Si usa poco per gestire l’incontinenza, di più se c’è dolore pelvico: allora si punta a miorilassanti ad azione locale anche di fattura galenica, cioè preparati dal farmacista su indicazioni del curante. In questo campo usiamo molto la radiofrequenza e l’elettroporazione, anche combinate: sono tecniche ambulatoriali non invasive che si avvalgono di sonde o manipoli che, grazie al calore o a impulsi elettrici, riescono a far penetrare in modo ottimale i principi attivi localmente, senza farli entrare in circolo a livello sistemico. Molto usate in menopausa, soprattutto se c’è secchezza vaginale, consentono di evitare l’uso di ormoni per bocca». E poi si torna in campo.
La prova con i pesi
La prima visita in un Centro che si occupa di disfunzioni del pavimento pelvico (chiedi al tuo ginecologo o su internet digita Centri disfunzione pavimento pelvico), dove lavorano uro-ginecologi, proctologi e fisioterapisti, parte sempre dalla valutazione dei muscoli esterni e interni della zona urogenitale, ma anche dei legamenti e dei riflessi che la paziente esercita con l’attività fisica.
Si verifica anche se c’è la cosiddetta inversione di comando (succede se spingi invece di trattenere) ma, per esempio, anche quale livello di pesi si riesce a sollevare senza effetti collaterali e come, correggendo gli esercizi. Dopodiché si decide quali terapie riabilitative fare in sede e a casa.
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