Secondo recenti dati della SIPS (Società Italiana di Psichiatria Sociale), soffrono di depressione circa tre milioni di italiani, due terzi dei quali sono donne. Ma c’è chi sostiene che i dati sono sottostimati, perché solo una persona su quattro manifesta apertamente il suo disagio, ricevendo cure tempestive e appropriate a seguito della manifestazione dei sintomi e di una diagnosi.
«Faccio il medico di base da oltre quarant’anni e nella mia personale casistica, registro un 16 per cento di pazienti depressi», puntualizza il dottor Ovidio Brignoli, vicepresidente SIMG (Società Italiana di Medicina Generale). «Spesso prendono appuntamento per altri problemi, ricette, controlli o disturbi vari, ma mentre stanno per lasciare lo studio sulla porta lanciano un messaggio a mezza voce: “dottore, è da un po’ di tempo che dormo male”, “dottore, ho perso l’appetito” oppure “mi sento un po’ giù di tono”. Segnali e sintomi di un disagio profondo che vanno subito intercettati e analizzati, attraverso il dialogo medico-paziente che resta il primo passo per inquadrare la depressione».
Anche perché, se non viene curata a dovere, la depressione si comporta come una malattia degenerativa. Con il tempo, si aggrava e il velo opaco che avvolge la vita di chi ne soffre si allarga a macchia d’olio ai suoi familiari, che non sanno più come aiutare il proprio caro a uscire dal tunnel. «In Italia si contano circa cinque milioni di caregiver: genitori, mariti, mogli, figli, sorelli e fratelli chiamati ad accudire una persona che affonda nelle sabbie mobili della depressione, senza che abbia intrapreso un percorso terapeutico», spiega il professor Andrea Fiorillo, presidente Sips, ordinario di psichiatria all’Università della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli. «Gente che soffre in silenzio insieme al famigliare depresso e spesso non sa a chi rivolgersi o non trova la forza di affrontare il problema come una malattia. Non porta il proprio caro dallo psichiatra, oppure prova a convincerlo che si deve curare ma non ci riesce».
Quali sono i sette sintomi da non sottovalutare
«La depressione non è un momento di tristezza, di malinconia o di stanchezza passeggero, ma un grave disturbo dell’umore che perdura da almeno sei mesi e che viene identificato da sette sintomi primari, seguiti dal altri satellitari», spiega il professor Claudio Mencacci, presidente della SINP (Società italiana di Neuropsicofarmacologia), direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano.
- 1. «Innanzitutto, si riscontra la totale perdita di interesse per tutte le attività che prima venivano considerate fonti di piacere. Il paziente si chiude in se stesso e rifiuta di uscire, di frequentare amici e partenti, di fare l’amore, di andare al cinema, in palestra o in vacanza. Nessuna attività proposta diventa stimolante ai suoi occhi e preferisce passare le giornate sdraiato sul divano, in uno stato di ozio apparente che in realtà cela un profondo malessere.
- 2. Il secondo sintomo cui prestare attenzione sono i disturbi del sonno, che possono avere manifestazioni differenti: ipersonnia (il depresso vive spesso in uno stato di letargia, tra il letto e il divano) oppure mancanza di sonno, difficoltà di addormentamento, risvegli notturni o alle prime luci dell’alba, accompagnati dall’ansia di dover affrontare la giornata.
- 3. Il terzo sintomo sono i disturbi dell’appetito: il depresso mangia poco e in modo disordinato o, al contrario, si abbuffa in maniera compulsiva.
- 4. Il quarto sintomo è la mancanza di energie, uno stato di astenia profonda che produce affaticamento per qualsiasi azione quotidiana, come salire le scale o fare la spesa.
- 5. Il quinto sintomo è la scarsa autostima (spesso il paziente pronuncia frasi del tipo “non sono capace”, “ho sbagliato” “non ce la farò mai”, “non valgo niente”, “chi sono io per riuscire a fare questo?”), a volte accompagnata da sensi di colpa e da una visione del futuro pessimistica, vista come una minaccia incombente.
- 6. Il sesto sintomo sono i continui episodi di distrazioni e dimenticanze, dovuti alla difficoltà a ricordare e a mantenere l’attenzione su un determinato argomento. Attenzione che è tutta assorbita dalla propria angosciante condizione.
- 7. Il settimo sintomo racchiude la tendenza a isolarsi, l’apatia, la mancanza di progettualità, fosse anche domani».
A questi sintomi primari si aggiungono, a volte, altri segnali secondari: la mancanza di cura per la propria persona (il paziente rifiuta di lavarsi, di vestirsi e di tenere pulita la casa), i pensieri ossessivi, i comportamenti maniacali-ripetitivi, i gesti autolesionistici e persino l’idea del suicidio, manifestata apertamente. In questo caso si parla di “depressione maggiore” (MDD, acronimo di major depressive disorder) una patologia particolarmente invalidante che può portare a togliersi la vita. Basti pensare che in Europa nel 2019 si sono registrati 125.000 casi di suicidio (uno ogni 40 secondi) e che questa è una delle cause di morte più frequenti nei giovani tra i 15 e i 19 anni.
Le cure sono efficaci e danno ottimi risultati
Se i numeri relativi alla depressione sono da brivido, è importante ribadire che un adeguato trattamento farmacologico, supportato da cicli di psicoterapia, nella stragrande maggioranza dei casi dà ottimi risultati.
«I moderni psicofarmaci ci forniscono un valido assist nella riduzione dei sintomi e, grazie al contenimento dei temuti effetti collaterali, consentono una buona aderenza dei pazienti alla terapia», prosegue il professor Claudio Mencacci.
«L’importante è confezionare una cura su misura, mantenere un contatto costante con il paziente e i suoi familiari, e monitorare l’evoluzione dei sintomi nel tempo. Tutte cose importantissime per riuscire ad acquietare le turbe mentali: associare le molecole farmacologiche a un valido supporto psicologico funziona solo se il percorso intrapreso sia lungo e continuativo».
L’aiuto concreto del Progetto Itaca
«Bisogna aumentare la consapevolezza di tutti su questa malattia, spingere i depressi a vincere lo stigma che li confina tra i “malati di mente” per iniziare a curarsi », dichiara Felicia Giagnotti, presidente del Progetto Itaca Onlus, un’associazione di volontari (soprattutto famigliari dei pazienti) che vanta ben diciassette sedi distribuite su tutto il territorio nazionale e una linea di ascolto a disposizione di tutti: 800-274274 per chiamate da rete fissa, 02-29007166 per chiamate da cellulari.
«Come presidente di Itaca, mi batto da anni sull’importanza di usare le parole giuste con chi scivola nella depressione. Non serve a nulla dire: “dai, tirati su”, oppure “stacca un po’, prenditi una vacanza”. Sarebbe come dire a un malato di cuore di smettere di fare l’ammalato». Difficile trovare le parole giuste per aiutare chi soffre. Di certo, a nulla serve cercare di “dargli la sveglia” o, peggio ancora, stigmatizzarlo come una persona dal “brutto carattere”, paturniosa, pigra, asociale o con le “luna storta”. D’altra parte il dialogo è prezioso per aiutare chi soffre di depressione. «A volte basta poco per trovare i giusti toni: basta sintonizzarsi cuore a cuore e le parole sgorgano da sé», conclude Giagnotti.
Al via una campagna di sensibilizzazione
Per venire in aiuto degli otto milioni di italiani, depressi e caregiver spesso lasciati soli, è partita sui social una capillare campagna di sensibilizzazione, promossa da Janssen Italia, intitolata abcdepressione, sito web nato con il patrocinio della SIPS, della SIMG, di Cittadinanza Attiva, del Progetto Itaca e della Fondazione Onda, l’osservatorio nazionale sulla salute della donna che da anni ha preso a cuore questo problema, visto che la depressione può essere definita quasi una malattia di genere.
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