Massimo Spattini, il dottore campione di body building

Ha due specializzazioni: in medicina dello sport e in scienza dell’alimentazione. Ma quando toglie il camice bianco solleva pesi da paura. Una lezione di vita anche per i più giovani



290967Lungimirante e appassionato, ha scritto una delle pagine più brillanti della storia del body building italiano, in un’epoca in cui il nostro Paese sonnecchiava in fatto di sport e palestre. Massimo Spattini, 65 anni, è il top del top nella capacità di coniugare scienza e sport, allenamento in sala pesi e le più moderne nozioni mediche nell’alimentazione dello sportivo e non.

Campione italiano nei pesi massimi nell’86, è stato pioniere nella promozione del body building a 360 gradi, quando l’Italia riunita davanti alla tv faceva il tifo per Mennea e seguiva le lezioni di aerobica di Sydney Rome. “Sdoganando” il concetto che il body building fosse solo una moda oltreoceano, per culturisti alla Schwarzenegger, all’inizio degli anni ’80 ha portato un “pezzetto” di California nella sua Parma, insistendo sulla necessità di un buon potenziamento muscolare come cardine di uno stile di vita sano. È autore di best seller come Alimentazione e integrazione per lo sport e la performance fisica (ed. LSWR).
Lo abbiamo intervistato per conoscere i segreti delle sue due vite parallele: quella di super sportivo e quella di medico.


Dottor Spattini, com’è nato il suo amore per manubri e bilancieri?

Ho sempre amato fare sport e, a 16 anni, praticavo pallavolo, sci, tennis e motocross. Ciononostante, restavo di costituzione mingherlina. Anche il mio allenatore di tennis mi diceva che avrei dovuto incrementare la massa muscolare, ma nel 1974 a Parma non c’erano palestre. Così ripiegai sugli esercizi di calisthenics, come le flessioni a terra: ogni giorno facevo cento piegamenti sulle braccia di seguito, e ciò portò a un discreto sviluppo dei muscoli delle spalle, del petto e delle braccia. Non avendo attrezzi a disposizione, usavo come sbarra le condutture del gas della cantina: mi “appendevo” e mi tiravo su, ingegnandomi come potevo. Ma non era ancora abbastanza.

A 17 anni, comprando la rivista Sportman&Fitness venni a sapere di un certo Franco Fassi che aveva importato dagli States bilancieri, dischi e manubri. E così con un amico mi recai a Zingonia per acquistare il primo “kit” di attrezzi. Poi feci un incidente in motocross e mi ritrovai immobilizzato a letto. Non potendo fare altro, mi dedicai all’allenamento della parte superiore del corpo, prima stando a letto poi da seduto. Risultato? Una trasformazione fisica: da allora non ho mai smesso di sollevare pesi. Infine, il film Rocky fu per me una rivelazione: volevo arrivare ad avere un fisico come Silvester Stallone. E chi avrebbe detto che lo avrei poi conosciuto e mi sarei allenato con lui?


Come è riuscito a conciliare il training intenso con gli studi di medicina?

Anche se negli anni ’80 nessuno ne parlava, avevo intuito l’importanza di seguire una dieta adeguata per favorire lo sviluppo muscolare. Così ho acquisito due specializzazioni: quella in medicina dello sport e quella in scienza dell’alimentazione. Mi interessava sapere come integrare i cibi giusti nella dieta dello sportivo, per ottimizzare le performance. In quel periodo l’unica idea circolante era: chi fa sport deve mangiare di più perché “brucia di più”.

Gli atleti mangiavano pollo e albume, ma io volevo sperimentare gli effetti di una dieta diversa, equilibrata. Bisogna arrivare agli anni 2000 per affrontare il tema. Ma ancora oggi mi imbatto in pazienti che seguono diete sbilanciate: pensando che i muscoli siano fatti di proteine, si danno a regimi iperproteici privi di carboidrati che in realtà portano a una perdita di massa muscolare.


Nell’86 è diventato campione italiano di pesi massimi. Le sue carte vincenti?

Ho creato un ponte con i body builders oltreoceano. La California ospitava palestre che erano la mecca dei culturisti come la World Gym di Santa Monica e le mitiche Gold’s Gym e Muscle Gym di Venice (una palestra sulla spiaggia). Il richiamo era troppo forte. Così a 26 anni sono volato in California per conoscere e allenarmi con le leggende del body building: Arnold Schwarzenegger, Franco Columbu, Lou Ferrigno, Samir Bannout e altri campioni che si contendevano il titolo di Mister Olympia. È stata una fortuna potermi allenare con loro e ogni anno programmavo 2-3 mesi in California.

Già nell’82 avevo aperto a Parma il New Center Gym, una palestra di body building di 2000 metri quadrati, allora la più grande d’Italia. Oltre agli allenamenti con i “big”, hanno contribuito alla vittoria le mie conoscenze scientifiche e la dieta che mi sono confezionato e che prevedeva dosi variabili di grassi e carboidrati in base all’allenamento. Consumavo (e consumo tuttora), cereali a basso indice glicemico, come riso basmati e pasta integrale, proteine prevalentemente derivanti dal pollo e dal pesce, grassi sotto forma di olio evo e modeste quantità di frutta a fine pasto, perché il fruttosio rema contro il metabolismo lipidico.


290968Cos’è successo dopo la vittoria?

Fare l’atleta agonista e, al contempo, il medico è quasi impossibile. Perciò a 30 anni mi sono ritirato dall’agonismo per dedicarmi alla professione e alla divulgazione di quanto avevo sperimentato su me stesso. Ho seguito diversi atleti, tra cui Fabio Cannavaro, pallone d’oro nel 2006, e Stefano Tilli, recordman dei 200 metri indoor. Nel 2010, a Las Vegas, ho anche ottenuto la certificazione all’American Academy of Anti-Aging Medicine, in quanto alla soglia dei 50 anni sentivo urgente l’esigenza di rimanere in forma. Al momento siamo solo due in Italia ad avere questo prestigioso attestato.

Il mio motto è: “io pratico quello che predico”. Tuttora, a 65 anni, mi alleno mattina e sera, per un totale di 2 ore e mezza al giorno. Al mattino, faccio 30’ di aerobica, 15’ di esercizi di equilibrio e postura, 15’ di ripetizioni per il “core” (addominali e lombari a corpo libero o con attrezzi) e 15’ di stretching. Il tutto preceduto da esercizi di meditazione e respirazione per concentrarmi. Alla sera mi dedico al body building per più di un’ora.


Qualche dritta per mangiare bene?

Difficile dare ricette standard. Affidarsi a un bravo dietologo consente di trovare la dieta giusta per la propria attività fisica, usando rimedi e integratori diversi per ogni persona. Nelle donne in menopausa, per esempio, prescrivo spesso gli ormoni bioidentici, simili agli ormoni prodotti dal corpo: estrogeni, progesterone, GH, DHEA... Consentono di aumentare l’energia, curare l’insonnia e prevenire l’aumento di peso tipico dell’età.

Altri consigli? Ridurre l’assunzione di carboidrati raffinati che, stimolando l’insulina, causano la low grade inflammation, l’infiammazione sistemica associata al diabete, all’aterosclerosi, alle dislipidemie, alle malattie cardiovascolari e persino al Parkinson e l’Alzheimer. Mentre si tagliano i carboidrati, si aumentano le proteine: almeno 1 g al giorno per ogni chilo di peso corporeo (1,2 g dopo i 65 anni). Se ci si allena intensamente da 1,5 g a 2 g, sempre per ogni chilo di peso.


Concludendo, dobbiamo tutti darci al body building?

Perché no? Chi non ama i pesi, può farsi fare una scheda dal personal trainer che preveda un circuito di macchine isotoniche, o esercizi a corpo libero o, ancora, il Trx. Efficaci anche le bande elastiche e le macchine che sfruttano le controresistenze, come il Reformer usato nel pilates. L’importante è stimolare il trofismo muscolare, perché il muscolo è un organo metabolicamente attivo: aiuta a bruciare più calorie e a mantenere il peso forma.

Inoltre, sviluppare i muscoli significa avere meno massa grassa, accusata di molte malattie compresi i tumori. Ma significa anche stipulare una polizza per la longevità, conservando una mente smart. Sotto sforzo, infatti, viene prodotto il BDNF, il fattore neutrofico cerebrale che mantiene giovani neuroni e sinapsi. Consentendo di fare le parole crociate anche a 90 anni.


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