Sono molti i casi in cui chi gioca a calcio e calcetto accusa un malore, anche serio. Ed è ancora vivo lo sconcerto per l’ultimo, tragico evento, costato addirittura la vita al tredicenne pugliese Pio Molinaro, al termine di una partita con gli amici. Starbene ha chiesto al dottor Daniele Etro, specialista in medicina dello sport a Saronno (Varese), cosa possono fare i genitori per impedire che una semplice partita di calcio possa trasformarsi in un dramma.
Chi gioca in una squadra corre meno rischi
«In Italia abbiamo una disciplina della medicina dello sport fra le migliori del mondo», rassicura il dottor Etro. «I bambini che vogliono intraprendere un’attività sportiva presso una società affiliata al Coni, infatti, devono prima sottoporsi per legge a una visita medico sportiva, fondamentale per escludere tutti i rischi per la salute (e che vanta percentuali di esattezza molto alte). In questo caso i genitori possono stare più che tranquilli», chiarisce l’esperto. Diverso invece il discorso per i ragazzi che danno “quattro calci al pallone” con gli amici e che non sono iscritti a una società sportiva: «È proprio in questi casi che possono verificarsi più spesso dei problemi. Per escluderli, è sempre consigliabile parlare con il pediatra e valutare con lui la possibilità di sottoporre il piccolo a una visita medico sportiva. Sono soldi spesi bene (costa circa 50 euro, ndr), soprattutto se il bambino soffre di problemi ricorrenti come bronchiti, faringiti, allergie. Alla visita, potrebbero essere abbinati esami specifici come una radiografia del torace, un elettrocardiogramma, un ecocardiogramma oppure una prova sotto sforzo. Il più delle volte, i malori che colpiscono in campo bambini e ragazzi sono dovuti a disturbi che durante una visita approfondita vengono individuati abbastanza frequentemente. Anche se può sembrare eccessiva, è una scelta che mette tutti al riparo da spiacevoli sorprese», continua il medico.
I rischi sono una questione di famiglia
«La visita medica però deve essere approfondita», mette in guardia il dottor Etro. «Non basta prendere in considerazione solo la valutazione dei dati fisici, come altezza e peso, la misurazione dei livelli pressori, l’auscultazione cardiaca e polmonare e lo stato delle articolazioni», puntualizza il medico. «Occorre soprattutto che lo scambio di informazioni fra genitori ed esperti sia completo, in modo da stilare un’anamnesi il più possibile precisa. I disturbi cardiaci più importanti (gli stessi che portano a eventi particolarmente gravi, come nel caso del piccolo calciatore in Puglia), infatti, hanno frequentemente una connotazione genetica. Spesso non danno sintomi e, di solito, per scoprirli servono test particolari che vengono eseguiti nei centri specializzati proprio quando nella famiglia del bambino che vuole praticare uno sport si sono verificati dei precedenti», conclude il dottor Etro.
Fai la tua domanda ai nostri esperti