Cafoni, aggressivi, sputasentenze sui social, saltafile. Oggi siamo più scostumati di quanto non lo siamo mai stati, e il vortice è sempre più stretto.
A lanciare l’allarme è il giornalista inglese Danny Wallace in un libro-inchiesta dal titolo inequivocabile: La legge del cafone (Urra Feltrinelli, 15 €). Scrive: «È impossibile non accorgersene, la nuova maleducazione è globale, è nell’aria, straripa dai cellulari, trabocca dalle televisioni, domina la conversazione culturale e politica, e minaccia seriamente di sopraffarci».
Le alte sfere della politica offrono esempi da destra a sinistra, passando per il centro. Se Salvini fa il dito medio a chi lo contesta, i cinquestelle (nati dal “vaffa” di Grillo) lanciano l’ashtag “pdioti” per indicare gli elettori del Pd. E Renzi sbotta: «Mi hanno fatto due palle come un cestello». E che dire di Trump? Il presidente americano ha definito i migranti da Haiti e dall’Africa “gente che arriva da questo cesso di Paesi”.
UN MALESSERE COLLETTIVO
Per spiegare quest’ondata di malacreanza, Wallace punta il dito contro la «tv orribile, i reality, i talent», insomma quei programmi che mettono tutti contro tutti. Vedi, per esempio, una delle ultime puntate del Grande Fratello 2018, dove uno dei concorrenti, Baye Dame, e la spagnola Aida Nizar se ne sono dette di tutti i colori. Una lite così violenta che è costata al commesso romano l’espulsione dalla casa. Litigi, invettive, offese. Il livello, insomma, s’abbassa sempre di più.
«È come un rumore bianco, con la gente che urla su cose di cui spesso non sa o su cui non avrebbe niente da dire, sempre più concentrata su se stessa, rancorosa, invidiosa, che pensa di meno e reagisce di più», dice Wallace. Ed è un fenomeno che s’allarga a macchia d’olio, dal momento che “attaccare” ormai è diventato un linguaggio comune.
«Quella di cui soffriamo oggi è una sorta di nuova maleducazione, più sostanziale che formale. Perché è l’espressione diretta del malessere che vive la nostra società, della discrasia tra un passato che non c’è più e un futuro incerto», spiega il sociologo Guido Lazzarini, autore del libro Aggressività e violenza. Fenomeni e dinamiche di un’epoca spaventata (Franco Angeli, 45 €). «Abbiamo perso quel senso di appartenenza, che ci dava sicurezza e vincoli, alla famiglia, al lavoro, a un partito politico, a un’associazione. Adesso vige l’affermazione dell’individuo, che persegue i suoi interessi in solitaria, senza riflettere sulle relazioni e sul futuro».
Insomma, è la mancanza di responsabilità verso la collettività che ha fatto perdere di vista l’educazione.
LA GENTE PENSA MENO E REAGISCE DI PIÙ
Il maleducato contemporaneo non è il “bifolco”, all’oscuro del galateo. Ma chi, dicono gli osservatori, crede di aver sempre ragione, impone la propria supremazia ovunque e comunque, agisce senza cognizione di causa solo perché ha uno smartphone in mano.
Come potrebbe essere altrimenti? Nella nostra società, impazza l’equazione che “maleducato sia uguale a vincente”. «Alzare i toni è un modo per ottenere consensi, per farsi sentire meglio, ce lo ha insegnato la televisione. E lo insegnano oggi i social dove il linguaggio irriverente, sdoganato dai media, si è inevitabilmente amplificato», aggiunge Giovanni Boccia Artieri, docente di Sociologia dei media digitali all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo. «Impazza un’insolenza che sfocia nell’aggressività: intervenire a sproposito, postare foto denigranti, praticare l’hate speech, cioè l’incitamento all’odio».
Basta dare un’occhiata al web, ai messaggi oltraggiosi di alcuni – addirittura di augurio di morte – che hanno travolto il l’ex Presidente Giorgio Napolitano, dopo un intervento chirurgico. «Altro caso d’inciviltà, il dibattito pubblico sui vaccini negli ultimi mesi. Da una parte i favorevoli alle vaccinazioni obbligatorie, dall’altra i contrari», aggiunge Lazzarini. «Più che opinioni erano vere e proprie offese a chi la pensava diversamente».
MA NE VALE LA PENA?
In fondo, aggiunge il professor Boccia Artieri, «non c’è da stupirsi che l’ingiuria abbia presto il posto del fair play, del politically correct. Quello contemporaneo è un sistema che si fonda più sulle emozioni che sui contenuti».
«E in questo contesto umorale e incontrollato il “vaffa” ci appare una scorciatoia allettante, ne siamo attratti perché ci illude di assicurarci una ribalta, un risultato immediato», spiega la psicoterapeuta Maria Pedone, autrice di Elogio della buona educazione (Franco Angeli, 11 €). Eppure, se solo ci soffermassimo a valutare gli effetti di questa deriva, ci renderemmo conto di quanto la villania peggiori la vita. «I maleducati sono sempre scontenti, stanchi e arrabbiati», dice la psicoterapeuta. «Non costruiscono relazioni, guardano gli altri come nemici, non sopportano lo scambio. La gentilezza, invece, fa stare meglio tutti. E ci porterebbe più lontano, come individui e come società».
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Articolo pubblicato sul n. 22 di Starbene in edicola dal 15/05/2018