di Cristina Sarto
Rispecchiano le tendenze e costano poco. In altre parole, soddisfano la nostra voglia di piacere (e di piacerci), senza scatenare fastidiosi sensi di colpa.
E allora perché mai dovremmo dire di no a jeans, borse e camicette a prezzi stracciati? «Non dobbiamo rinunciarci del tutto, ma imparare a fare acquisti consapevoli», afferma Elizabeth L. Cline, ex shopaholic incallita e autrice di un bestseller da poco arrivato nelle librerie italiane: Siete pazzi a indossarlo! (Piemme).
«Il motivo è semplice. La fast fashion immette nel mercato una grandissima quantità di prodotti, tanto che negli ultimi 10 anni la produzione globale d’abbigliamento è raddoppiata, con un impatto ambientale enorme. In più, ha rivoluzionato il nostro modo di fare shopping, spingendosi a comprare in modo compulsivo».
La chimica nel guardaroba
Che cosa c’entra l’inquinamento con i nostri armadi strabordanti di vestiti? «C’entra eccome, perché la moda è da sempre un’industria poco sostenibile» spiega l’autrice. «Basti pensare che per dare ai tessuti l’aspetto desiderato, vengono usate circa 8 mila sostanze chimiche, molte delle quali finiscono nei corsi d’acqua. E questo succede soprattutto nei Paesi in via di sviluppo come Cina, Bangladesh, Vietnam e Cambogia, dove mancano delle regole severe per il rispetto dell’ambiente. Eppure è lì che i brand della moda veloce producono, perché solo grazie al costo irrisorio della manodopera, e quindi allo sfruttamento dei lavoratori, possono farci pagare così poco il prodotto finale».
Non è tutto da buttare, per fortuna. Alcuni marchi di moda cheap and chic (uno su tutti è H&M) si stanno muovendo verso scelte più etiche, sotto la pressione dei consumatori.
Gli acquisti d’impulso
Ma è anche il nostro approccio allo shopping da rivedere.
Una delle strategie di catene come H&M, Zara e Primark, infatti, è farci trovare nei negozi sempre qualcosa di nuovo. «Le collezioni non seguono più il criterio della stagionalità: ogni settimana ci sono vestiti mai visti prima», dice la giornalista.
È un caso? «Assolutamente no. Lo fanno per spingerci a pensare che ci sia sempre qualcosa che manca nel nostro guardaroba. Il prezzo contenuto è una luce verde all’acquisto fatto di pancia, che non tiene conto delle nostre reali esigenze. Se vogliamo recuperare un rapporto più sano con l’abbigliamento, dunque, dobbiamo fermarci a riflettere», conclude Elizabeth L. Cline.
3 regole per uno shopping sostenibile
↘ Di fronte a un vestito a prezzo stracciato, fatti un paio di domande: “Mi sta bene davvero?”. “Lo metterò più di 2 o 3 volte?”. Se una delle due risposte è un no, lascia perdere.
↘ Anche se è costato poco, un capo d’abbigliamento va tenuto con cura. Lavarlo come capita, tanto se si rovina lo butti via, fa male al Pianeta: aumenta la mole di rifiuti tessili.
↘ Ricordati che grazie ai social media puoi far sentire la tua voce. Afferra lo smartphone e lancia un cinguettio al tuo brand preferito: «Hey, che cosa aspettate a lanciare una linea con materiali riciclati?».
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Articolo pubblicato sul n. 20 di Starbene in edicola dal 01/05/2018