KALYDECO 28CPR RIV 150MG -Avvertenze e precauzioni
Solo pazienti con FC che avevano una mutazione di gating (di classe III) G551D, G1244E, G1349D, G178R, G551S, S1251N, S1255P, S549N, S549R o mutazione G970R o R117H in almeno un allele del gene CFTR sono stati inclusi negli studi 1, 2, 5 e 6 (vedere paragrafo 5.1). Nello studio 5 sono stati inclusi quattro pazienti con mutazione G970R. In tre dei quattro pazienti, la variazione al test del cloruro nel sudore è stata < 5 mmol/L e questo gruppo non ha dimostrato un miglioramento clinicamente rilevante del FEV1 dopo 8 settimane di trattamento. Non è stato possibile stabilire l’efficacia clinica nei pazienti con mutazione G970R del gene CFTR (vedere paragrafo 5.1). I risultati di efficacia derivati da uno studio di Fase 2, in pazienti con FC omozigoti per la mutazione F508del nel gene CFTR, non hanno evidenziato una differenza statisticamente significativa del FEV1 nell’arco delle 16 settimane di trattamento con ivacaftor, rispetto al placebo (vedere paragrafo 5.1). Pertanto, l’uso di Kalydeco in monoterapia in questi pazienti non è raccomandato. L’efficacia non è stata dimostrata nei pazienti di età compresa tra 6 e 11 anni affetti da FC con una mutazione R117H, mentre solo due pazienti adolescenti sono stati arruolati nello studio 6 (vedere paragrafo 5.1). Minori evidenze di un effetto positivo di ivacaftor sono state osservate per i pazienti con una mutazione R117H-7T associata a malattia meno severa (vedere paragrafo 5.1). Ove possibile, deve essere determinata la fase della variante poli-T identificata con la mutazione R117H, perché può essere utile nel considerare la possibilità di trattamento dei pazienti che presentano una mutazione R117H (vedere paragrafo 4.2). Kalydeco in associazione con tezacaftor/ivacaftor non deve essere prescritto in pazienti affetti da FC eterozigoti per la mutazione F508del e che presentano una seconda mutazione del CFTR non elencata nel paragrafo 4.1. Effetto sui test della funzione epatica Un moderato aumento delle transaminasi (alanina transaminasi [ALT] o aspartato transaminasi [AST]) è comune nei soggetti con FC. Aumenti delle transaminasi sono stati osservati in alcuni pazienti trattati con ivacaftor in monoterapia e in un regime di associazione con tezacaftor/ivacaftor. Pertanto, si raccomanda di eseguire i test della funzione epatica per tutti i pazienti prima di iniziare il trattamento con ivacaftor, ogni 3 mesi durante il primo anno di trattamento e successivamente ogni anno. Per tutti i pazienti con anamnesi positiva per livelli di transaminasi elevati si deve considerare un monitoraggio più frequente dei test della funzione epatica. In caso di aumenti significativi delle transaminasi (ad es. pazienti con ALT o AST > 5 volte il limite superiore della norma (ULN) o ALT o AST > 3 volte l’ULN con bilirubina > 2 volte l’ULN), la somministrazione deve essere interrotta e i test di laboratorio devono essere tenuti sotto attenta osservazione fino alla risoluzione delle anomalie. Dopo la risoluzione dell’aumento delle transaminasi, si devono considerare i benefici e i rischi della ripresa del trattamento (vedere paragrafo 4.8). Compromissione epatica L’uso di ivacaftor, in monoterapia o in un regime di associazione con tezacaftor/ivacaftor, non è raccomandato in pazienti con compromissione epatica severa, a meno che non si preveda che i benefici superino i rischi (vedere paragrafi 4.2 e 5.2). Compromissione renale Si raccomanda cautela nell’uso di ivacaftor, in monoterapia o in un regime di associazione con tezacaftor/ivacaftor, in pazienti con compromissione renale severa o malattia renale allo stadio terminale (vedere paragrafi 4.2 e 5.2). Pazienti sottoposti a trapianto d’organo Ivacaftor, in monoterapia o in un regime di associazione con tezacaftor/ivacaftor, non è stato studiato in pazienti con FC sottoposti a trapianto d’organo. Pertanto, l’uso in pazienti sottoposti a trapianto non è raccomandato. Vedere il paragrafo 4.5 per le interazioni con ciclosporina o tacrolimus. Interazioni con altri medicinali Induttori del CYP3A L’esposizione a ivacaftor può essere ridotta dall’uso concomitante di induttori del CYP3A, con conseguente potenziale perdita di efficacia di ivacaftor. Pertanto, non è raccomandata la somministrazione concomitante di Kalydeco (in monoterapia o in associazione con tezacaftor/ivacaftor) con forti induttori del CYP3A (vedere paragrafo 4.5). Inibitori del CYP3A La dose di Kalydeco (in monoterapia o in associazione con tezacaftor/ivacaftor) deve essere aggiustata in caso di somministrazione concomitante con inibitori forti o moderati del CYP3A (vedere paragrafi 4.2 e 4.5). Cataratta Casi di opacità del cristallino non congenita, senza impatto sulla vista, sono stati segnalati in pazienti pediatrici trattati con ivacaftor in monoterapia o in un regime di associazione con tezacaftor/ivacaftor. Sebbene in alcuni casi fossero presenti altri fattori di rischio (quali uso di corticosteroidi ed esposizione a radiazioni), non si può escludere un possibile rischio imputabile al trattamento. Nei pazienti pediatrici che iniziano il trattamento con ivacaftor, in monoterapia o in un regime di associazione con tezacaftor/ivacaftor, si raccomandano esami oftalmologici al basale e durante il trattamento (vedere paragrafo 5.3). Contenuto di lattosio Kalydeco contiene lattosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit totale di lattasi, o da malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale. Contenuto di sodio Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per dose, cioè essenzialmente ‘senza sodio’.