Hai preso il raffreddore? Forse non lo sai, ma l'organismo si sta già adoperando per farti guarire. Oltre a produrre anticorpi, usa un trucco per rendere la vita difficile ai rhinovirus: quando il naso si chiude per effetto della congestione, l’aria si riscalda e i germi, incapaci di vivere oltre i 34 °C, vengono decimati. Non solo: in caso di bronchite il muco prodotto lenisce le vie respiratorie e la tosse provvede a eliminare il catarro assieme ai batteri. Oppure, quando ti tagli, il corpo fa arrivare alla ferita una maggiore quantità di sangue per pulirla, convogliando nella zona cellule difensive, piastrine e fibrina in modo da ricostruire la pelle.
In pratica, nascosto nel nostro corpo, c’è un minuscolo guru. Un saggio maestro che decide come far funzionare l’organismo, sia in situazioni di ordinaria amministrazione, sia di fronte ai nemici come virus, batteri e tossine endogene. Processi meravigliosi di cui il più delle volte neanche ci accorgiamo e che spesso addirittura reprimiamo, convinti di essere noi a decidere come deve funzionare il nostro organismo.
Per esempio, nel caso del raffreddore, liberare il naso con gli spray, di fatto, ritarda l’efficacia dei meccanismi spontanei di guarigione. Un libro da poco pubblicato (Il tuo primo dottore sei tu di Jeremy Howick, ed. Corbaccio, 19 €) mette in luce gli aspetti di questa “intelligenza” del corpo che tutti abbiamo in dotazione fin dalla nascita, con cui è importante imparare a collaborare.
«La capacità di autoguarigione è riconosciuta dai tempi più antichi», osserva la dottoressa Ginevra Menghi, specialista in allergologia e immunologia clinica ed esperta di omeopatia a Roma. «Il medico greco Ippocrate, padre della medicina moderna, l’aveva chiamata vis medicatrix naturae, forza guaritrice della natura. Un concetto poi ripreso dal fondatore dell’omeopatia Samuel Hahnemann, che ha sviluppato il suo metodo basandosi sulla capacità di certe sostanze naturali di sostenere le energie di guarigione del corpo. Oggi, grazie a diverse ricerche che hanno provato il ruolo del sistema immunitario nei meccanismi di autoguarigione, si preferisce parlare di omeostasi, cioè di quell’equilibrio fra corpo e mente che ci mantiene in salute», continua l’esperta.
Lo stress è il sabotatore del nostro sistema di difesa
Individuare i meccanismi salvavita messi in atto dall’organismo nelle situazioni di emergenza è relativamente facile. Più difficile, invece, è scoprire come si comporta il corpo durante le malattie croniche o degenerative. Come mai, se tutto funziona a dovere, le nostre risorse naturali non ci difendono dalle continue ricadute di tonsilliti, cistiti, reumatismi o addirittura cancro?
«Molto dipende dallo stress», risponde il dottor Antonio Milici, specialista in psichiatria, esperto di psiconeuroendocrinoimmunologia (Pnei) ed epigenetica a Messina, coautore di Cos’è lo stress? (ed. Nuova Ipsa, 15 €). «È noto che, in seguito a un grave trauma o un lutto, si possono riacutizzare malattie come dermatiti e asma. Ma lo stress, soprattutto quello continuato dovuto a ansie e preoccupazioni quotidiane, ha un’azione più subdola, che nel tempo spiana la strada alle malattie».
Di fronte alle difficoltà attiviamo un’area del cervello che permette l’adattamento a quella determinata situazione. Il sistema nervoso (in particolare il “ramo” autonomo chiamato simpatico), in comunicazione con quello endocrino e immunitario, innesca una serie di meccanismi che coinvolgono sostanze chiamate citochine infiammatorie e, anche con la mediazione del surrene, ormoni come cortisolo e adrenalina. Lo scopo: attivare la reazione di “attacco o fuga” che dovrebbe liberarci dall’impasse. Ma il cortisolo, secreto in eccesso e senza sosta, diventa a sua volta una sostanza tossica che favorisce l’infiammazione cronica di organi e tessuti e può essere all’origine di molte patologie.
«Sono tanti gli studi che oggi confermano come l’infiammazione sistemica sia alla base di numerose malattie, dall’artrite alla psoriasi, passando per il diabete e le patologie autoimmuni fino a obesità e persino depressione», chiarisce lo psichiatra. «Grazie alla Pnei sappiamo che nel nostro corpo tutto è collegato. Di conseguenza lo stress ci rende più vulnerabili a tutti i livelli, fisico e psichico». Non solo: una recente revisione di 43 studi ha dimostrato che alti livelli di cortisolo e adrenalina possono, nel tempo, danneggiare il Dna e influire negativamente sulla produzione di proteine utili al corpo per crescere e ripararsi, intaccando le capacità di autoguarigione dei tessuti.
Rinforzati con il pensiero positivo
Certo, le tensioni fanno parte della vita quotidiana, tanto che una ricerca americana ha appurato come, in media, sperimentiamo 50 episodi stressanti al giorno. Ma in alcuni casi questi eventi possono essere addirittura benefici, perché ci spronano e motivano. Pertanto, non è lo stress breve e intermittente (conosciuto come eustress) a farci ammalare, ma quello cronico (distress): che fare allora? «La soluzione è ricorrere alla “farmacia interiore” di ormoni e neurotrasmettitori che tutti possediamo», risponde il dottor Antoni Milici. «Alcune di queste sostanze chimiche come endorfine, dopamina e ossitocina, prodotte dall’organismo in condizioni di serenità e piacere, sono in grado di inibire la produzione di cortisolo tossico e di calmarci».
Un modo semplice per farle fluire nel corpo è dedicare almeno 20 minuti al giorno al rilassamento o alla meditazione: si è visto che pochi minuti di mindfulness, per esempio, sono efficaci per liberarci dallo stress e contrastare malattie come asma, diabete, insonnia, ipertensione e addirittura sclerosi multipla, come osserva Jeremy Howick nel suo libro.
Un altro insospettabile antidoto alle conseguenze negative delle pressioni è l’effetto placebo. Usato in medicina per testare nuove terapie, dimostra che se si hanno aspettative positive sul buon esito di una cura è probabile che questa effettivamente funzioni. Il valore simbolico di una buona parola, un gesto di gentilezza da parte del medico, un atteggiamento di speranza, hanno quindi un valore inestimabile. In conclusione, secondo Francesco Benedetti, neurofisiologo italiano e autore di L'effetto placebo. Breve viaggio tra mente e corpo (ed. Carocci, 15 €), l’autosuggestione sarebbe un fenomeno di cui avere rispetto: dimostra che il cervello è in grado di potenziare le capacità di guarigione attraverso la fiducia e il pensiero positivo.
Più sport, meno medicinali
Per incentivare le nostre risorse ed evitare le malattie è comunque molto importante darsi da fare. Lo dice l’epigenetica, disciplina che studia come l’ambiente possa modificare l’espressione dei geni, in positivo o negativo. «Significa che questi non sono immutabili, né le malattie un destino cui soccombere ma che si può sempre intervenire per cambiare il corso degli eventi», chiarisce Antonio Milici. «Secondo l’epigenetica è lo stile di vita in genere, i comportamenti che assumiamo ogni giorno in materia di alimentazione, controllo dell’emotività, attività fisica, a sostenere le nostre risorse contro le malattie». Per esempio, è importante seguire una dieta ricca di antiossidanti, capaci di spegnere i “focolai” delle infiammazioni, e fare sport almeno 3 volte a settimana soprattutto d’inverno: in questo modo si arriva a dimezzare frequenza e durata di influenze e raffreddori rispetto a chi conduce una vita sedentaria. L’attività fisica stimola nei muscoli la produzione di miochine, sostanze che il sistema immunitario rilascia per difendersi dalle malattie.
Inoltre, attenzione all’abuso di farmaci: nel mondo occidentale un anziano su due assume almeno 5 pastiglie al giorno e tutti siamo abituati a mettere il silenziatore ai sintomi con il medicinale di turno: «Eppure, dolore e infiammazione sono spie importanti di un problema, gli “allarmi” che ci permettono di intervenire tempestivamente ed evitare che la situazione peggiori», avverte la dottoressa Ginevra Menghi. «Alcuni farmaci possono intaccare le nostre difese con un effetto indiretto. Gli antibiotici, per esempio, sono insostituibili in tante situazioni, ma se ne abusiamo la flora batterica intestinale viene decimata. In questo modo ci priviamo delle difese che il nostro corpo riesce a produrre da solo. Senza contare il fenomeno della resistenza antibiotica, per cui certi batteri diventano più forti e imbattibili con i comuni antibiotici», precisa l’allergologa.
In caso di malattie serie non devi avere fretta
Ma che cosa succede se ci ammaliamo gravemente? Che ne è delle nostre capacità di autoguarigione? Ebbene queste ci sostengono fino in fondo, come spiega il terapista shiatsu Gioacchino Allasia nel suo libro testimonianza La via del ritorno alla vita (ed. Infinito, 13 €), scritto in collaborazione con due medici. Attraverso la propria esperienza di malato affetto da una grave patologia neurologica, l’autore sostiene che è importante non arrendersi mai. Il suo consiglio è prendere i farmaci e seguire i protocolli medici necessari, ma è anche importante restare aperti ad altre possibilità di cura, capaci di potenziare le risorse dell’organismo.
«Bisogna imparare ad accettare gli alti e bassi della malattia, utilizzandoli per conoscere meglio il proprio corpo e le reazioni emotive, come la rabbia», puntualizza Allasia. «Ma è anche importante non avere fretta: nella lentezza si muovono energie preziose per il recupero». Da potenziare con l'alimentazione, l'attività fisica, i rimedi green e le tecniche di rilassamento.
Fai la tua domanda ai nostri esperti
Articolo pubblicato sul n. 50 di Starbene in edicola dal 27/11/2018