Gli over 65 assomigliano sempre di più ai millennials. È un dato di fatto: le differenze tra nonni e nipoti si stanno assottigliando, con i senior sempre più attaccati al cellulare e un’agenda ricca di impegni. A confermarlo è Grey scale economy lab, un nuovo osservatorio promosso dall’azienda di comunicazione Havas Pr e dall’istituto di ricerche Swg, che ha passato ai raggi X la categoria degli ultrasessantacinquenni.
Ne è uscito che il 54% degli intervistati si sente a proprio agio nella società globale, mentre il 79% dedica almeno un’ora della settimana a Internet. Quasi 9 su 10 si informano su notizie e attualità e più di 7 su 10 hanno diversi hobby e amano mettersi alla prova in attività nuove.
«Per questa generazione il termine “anziani” è ormai inappropriato», nota Riccardo Grassi, sociologo di Swg e coordinatore della ricerca. «Certo, si tratta di una popolazione molto eterogenea, con tante differenze, ma che nella maggior parte dei casi gode di un sistema pensionistico sicuro, con in media una buona stabilità economica.
Inoltre, i figli sono ormai grandi e i nipoti invece sempre meno, quindi il tempo libero non gli manca. E soprattutto hanno una salute migliore dei loro padri alla stessa età, quindi si sentono autonomi e intraprendenti». Non stupisce, dunque, che le società di geriatria americane e giapponesi abbiano addirittura rivisto le classiche definizioni: oggi ci sono i pre-anziani, dai 65 ai 75 anni; gli anziani, dai 75 agli 89; e infine i super-anziani, dagli 89 in su.
Tra tecnologia ed emozioni
Insomma, cresce la categoria di “vecchi che non sono vecchi”, con diversi punti di contatto con i giovani. «A partire da libertà e tempo per sé, utilizzato per fare nuove esperienze», prosegue Grassi. «Poi c’è la passione per la tecnologia, in particolare per cellulari e domotica. Mentre nella sfera sociale un’altra affinità è rappresentata dall’importanza che junior e senior danno agli affetti, alle relazioni». Anche lo psichiatra Vittorino Andreoli nel suo recentissimo saggio Una certa età - Per una nuova idea della vecchiaia (Solferino libri, 17 €) racconta che da una certa età in poi trionfano i sentimenti.
«C’è più tempo per stare insieme, l’esistenza riduce i confini dell’azione e quello delle esperienze, e proprio per questo viene favorita l’intimità tra le persone. La vecchiaia è (o potrebbe essere) il paradiso terrestre dei sentimenti. I legami diventano ancora più importanti e per questo si fanno essenziali, veri, senza finzioni, senza maschere, senza sospetti». Esattamente come i ragazzi che vivono nel paradiso terrestre delle emozioni.
«Nonni e nipoti mettono la sfera sentimentale al centro della quotidianità: è una priorità, qualcosa da sperimentare senza troppi ragionamenti, ma solo perché fa stare bene», commenta Arianna Sittoni, psicologa e psicoterapeuta esperta in psicologia dell’invecchiamento. Sempre a proposito di sentimenti, in campo non scendono solo quelli del cuore: «Il nostro studio evidenzia che, come gli adolescenti, gli ultrasessantenni sono meno istituzionali», riprende il sociologo Grassi. «Si fidano poco di banche e politici. In più, il 40% degli intervistati prova rabbia, il 37% tristezza, perché si guarda intorno e analizza con lucidità la difficoltà di questo momento storico. Però, come i loro nipoti, gli over 65 non si chiudono nel pessimismo, ma pensano a dare il proprio contributo e magari si rimettono in gioco con progetti che possano fare del bene e migliorare le realtà in cui vivono».
Protagonisti attivi
Anche secondo uno studio condotto dal Centro di ricerche di neuromarketing dell’Università Iulm i nuovi anziani non sono equiparabili a quelli del passato. Sempre più protagonisti attivi della nostra era, vanno supportati a riconsiderare la loro vita. Come si prefigge di fare il progetto lanciato da Havas, che vuole aggregare “think tanks”, aziende e istituzioni per dare agli over 65 un ruolo centrale per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese. «Perché l’ultima età è solo un capitolo originale dell’esistenza, e non un’età malata», sostiene Vittorino Andreoli. E in questo salto ognuno ci deve mettere del suo: «Il primo passo che i nuovi senior devono compiere è proprio quello di liberarsi dagli stereotipi che li vedono nelle retrovie», commenta la dottoressa Sittoni. «Bisogna chiedersi solo se una cosa ci fa stare bene e poi farla, senza preoccuparsi degli anni. L’altro trucco è quello di condividere gli spazi con i più giovani, senza autoconfinarsi: frequentare gli stessi ambienti regala contaminazione e vitalità. È ora, dunque, di lasciarsi alle spalle il ruolo dell’anziano che insegna, con le sue sicurezze granitiche, meglio confrontarsi e puntare sul dialogo». Con un vantaggio in più: parlare da amici fa sentire giovani tra i giovani.
I nonni italiani sono i più attivi d’Europa
Se disputassero un torneo con i coetanei dell’Unione Europea, lo vincerebbero a mani basse. Perché i nostri “over” ci sanno fare, come dimostra un’indagine targata Ipsos: il 77% si sente utile, contro la media del 50% degli altri Stati.
Inoltre, 7 intervistati su 10 si concedono un viaggio l’anno e sperimentano attività inedite. Mentre routine e pigrizia “macchiano” la terza età di tedeschi e spagnoli. Inoltre, apprezzabile è anche la predisposizione al risparmio dei nostri senior, con oltre la metà di loro che riesce a mettere da parte pensione e non solo contro per esempio il 44% dei francesi, risultando validi aiuti per figli e nipoti.
Fai la tua domanda ai nostri esperti
Articolo pubblicato sul n. 11 di Starbene in edicola dal 25 febbraio 2020