Le tue vacanze sono ancora lontane? Se però appartieni alla sempre più larga schiera di chi lavora almeno parzialmente in Rete, puoi pensare a una workation. È una via di mezzo fra lavoro e vacanza: continui a produrre, magari con orari ridotti, ma lo fai nella località che più ti piace. Così nel tempo libero sei già al posto giusto e puoi dedicarti alle tue passioni.
«È una tendenza che si è affermata nel periodo del Covid. Adesso, si è consolidata e organizzata, perché risponde a un’esigenza sempre più sentita, adattare il lavoro al proprio stile di vita, invece del contrario», spiega Alberto Mattei presidente dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali, un punto di riferimento per le persone che amano viaggiare lavorando. «E oggi la tecnologia lo ho reso possibile. Dopotutto, ormai quello che serve ai più è solo un computer e una connessione affidabile, sicura e veloce, per trasferire in poco tempo i dati e fare videocall senza rimanere frizzati».
Alcuni suggeriscono che il rendimento in queste condizioni si riduca, ma chi l’ha sperimentato non è d’accordo. «È il contrario, invece, perché in ufficio il rumore di sottofondo è disturbante. E poi c’è sempre qualcosa o qualcuno che ti interrompe», argomenta Galatea Labruna, che si occupa di marketing ed è un’esperta di workation e nomadismo digitale. «Alternare momenti di lavoro alla conoscenza di nuovi posti permette anche di aumentare la creatività, visto che le nuove idee vengono quando allenti la tensione e ti dedichi a tutt’altro. L’importante è trovare un posto comodo e attrezzato dove potersi concentrare nelle ore dedicate al lavoro».
Per soddisfare questa nuova tendenza negli Stati Uniti esiste già un’offerta specifica. «La catena Selina (selina.com) è fatta di strutture pensate per socializzare, vivere e lavorare in posti splendidi per una settimana o per qualche mese. Parliamo di 163 destinazioni in tutto il mondo, da New York, alla giungla amazzonica. In Europa è presente in Portogallo, Grecia, Germania e Inghilterra», dice Mattei. «Oltre alle camere, anche multiple per chi vuole risparmiare, in ogni sede c’è sempre un co-working, un’area comune dove mangiare e socializzare».
Una tendenza mondiale e locale
Anche in Italia però le cose si stanno muovendo. Ama Stay (ama-stay.com) è un workation residence che ha da poco aperto i battenti a San Vigilio di Marebbe, sulle Dolomiti. «È stato pensato per favorire l’incontro, a partire dallo staff giovane e internazionale, per arrivare alla grande tavola social del ristorante dove, volendo, si può mangiare tutti insieme e conoscere gli altri commensali», spiega Markus Promberger, managing director di Ama Stay.
«Nello spazio co-working, ci sono 30 postazioni di lavoro, aree lounge per incontri e salette per videochiamate e telefonate». Anche gli hotel tradizionali stanno scoprendo questo trend e rilanciano con offerte ad hoc per famiglie. Per esempio, l’hotel Villa Chiara (hotelvillachiara-terracina.it), a due passi dalle spiagge del Circeo, ha attrezzato alcune camere con tutto l’occorrente per lavorare. E ha pensato anche a un servizio di baby sitting, così gli adulti possono lavorare o rilassarsi nella Spa dell’hotel. L’unione di lavoro e tempo libero, in realtà, piace anche alle aziende. Alcune portano in workation i dipendenti per migliorare il lavoro di squadra o per concentrarsi su un progetto complesso. The Workation Village (theworkationvillage.com) è una delle destinazione italiane più gettonate dalle imprese, ma aperto anche ai privati. È un castello di origine medievale sulle colline piemontesi. Mette a disposizione una miriade di angolini bucolici e salottini neoclassici dove lavorare, da alternare alla piscina, allo yoga mattutino e alle passeggiate.
Alla scoperta del south working
«Comunque, non è necessario affidarsi a una struttura specifica per sperimentare la workation», specifica Galatea Labruna. «Io me la sono sempre cavata da sola. Ho iniziato a Barcellona per poi sperimentare le Canarie e, infine, tornare in patria. Però seleziono le location dove c’è un valido ufficio di co-working. A Catania, per esempio, ho sperimentato il magico Isola Catania (isola.catania.it). Lavorare nelle stanze barocche di palazzo Biscari non ha prezzo. Il soggiorno si può fare all’Ostello degli elefanti, un altro palazzo del ‘600 proprio in centro città, che offre camere multiple o singole e ha comunque al suo interno una zona ufficio».
Altri poli del Sud che attraggono nomadi digitali e lavoratori da remoto sono l’Impact Hub di Bari (bari.impacthub.net) e la Casa Netural (benetural.com) di Matera. «È una grande opportunità per chi ama conoscere posti nuovi e per il Sud», conclude Mattei. «Da un’indagine della nostra associazione emerge che gli smart worker e i nomadi digitali di tutto il mondo sono molto attratti dall’Italia. Una buona ragione per potenziare le infrastrutture tecnologiche».
Riscoprire i borghi antichi
I borghi sono il luogo ideale per ritrovare il contatto con la natura e la tradizione. Per poter conoscere quelli che offrono ospitalità e coworking, basta cliccare su queste tre piattaforme.
Smartway. Otto borghi storici sparsi dalla Liguria alla Sicilia. In ognuno c’è ospitalità, un coworking degno di questo nome ed esperienze divertenti da vivere (smartway.work).
Borgo office. Si tratta di 30 aziende agricole della penisola che offrono una stanza, una postazione di lavoro e un’accoglienza calorosa. È possibile prenotare escursioni e partecipare ai lavori agricoli (borgo-office.it).
Hqvillage è ancora una start up ma ha già adottato dei borghi in Abruzzo, Basilicata e Calabria. Non tutti, però, sono già pronti (Hqvillage.com).
Smart working in camper
È possibile lavorare on the road? Sì, e l’esperienza di Paolo Galvani, giornalista e blogger, lo dimostra. Sul sito seimetri.it e sui social racconta i suoi viaggi per l’Italia.
«Meglio non affidarsi ai wi-fi dei campeggi, quasi sempre il segnale è debole. Conviene invece dotarsi di uno smartphone che faccia da router, con almeno un centinaio di giga. Per evitare il black out elettrico, il veicolo dovrebbe avere 2 batterie di servizio e un pannello solare per la ricarica. Poi, il tavolo giusto ha almeno una profondità di 60-70 cm, corredato da una semi-dinette: ossia, il sedile di guida si gira e diventa una sedia, più comoda della panca».
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